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10 marzo 2025
Indagare e perseguire i presunti concorsi universitari truccati è diventato impossibile. I processi si fermano, le accuse cadono, le indagini faticano a partire. Chi si ritiene estromesso, non valutato adeguatamente, vittima di un sopruso resta senza risposte. È il risultato di una combinazione particolare, data da una sentenza della Cassazione del 2023 e dall’abrogazione dell’abuso d’ufficio stabilita con la riforma firmata dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, entrata in vigore ad agosto. Alcuni processi hanno già incontrato degli ostacoli a causa di questa modifica e in futuro sarà difficile portare al banco degli imputati quei professori che si mettono d’accordo per favorire la carriera del discepolo preferito o del “figlio d’arte” immeritevole a scapito di altri, a meno che dietro non ci sia uno scambio di mazzette, una pressione o una richiesta illecita, una falsificazione degli atti pubblici o altro. Bisognerà aspettare il 7 maggio, quando la Corte costituzionale valuterà una serie di ricorsi proposti dai moltissimi tribunali contro l’abrogazione dell’abuso d’ufficio.
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Partiamo dalla sentenza della Cassazione, arrivata il 24 maggio 2023 a sancire la fine di un processo nato dalla denuncia di un medico, Marco Fraccalvieri, specialista di chirurgia plastica che ambiva al ruolo di professore associato all’Università di Torino. Il bando era risultato blindato perché – come aveva saputo dal professore ordinario Stefano Bruschi, direttore della Scuola di specialità – era già destinato ad Maria Alessandra Bocchiotti, figlia di Giovanni Bocchiotti, predecessore di Bruschi. Fraccalvieri, assistito dall’avvocato Michele Galasso, riteneva che, per titoli ed esperienza, la cattedra spettasse a lui, e così ha denunciato quanto stava accadendo. Il 30 luglio 2021 il Tribunale di Torino ha condannato per turbativa d’asta Alessandra Bocchiotti (sei mesi) e Stefano Bruschi (quattro mesi) con lo sconto di pena per il rito abbreviato. Tuttavia il 21 novembre 2022 la Corte d’appello ha annullato la condanna per turbativa d’asta, chiedendo al pubblico ministero di contestare invece l’ipotesi di abuso d’ufficio, cioè il reato commesso dal pubblico ufficiale che, violando alcune norme oppure “omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale” o danneggia qualcuno.
Il motivo? In sintesi: il reato di turbativa d’asta riguarderebbe soltanto le gare d’appalto. La procura generale, in disaccordo, ha fatto ricorso in Cassazione, che però il 24 maggio 2023 ha confermato il verdetto: il reato di turbativa d’asta non può essere applicato ai concorsi per il reclutamento del personale. Per queste ragioni, per il caso in esame, andava contestato il reato di abuso d’ufficio.
Questa sentenza ha ribadito una linea da seguire ed è quella poi adottata in altri procedimenti in Italia, non soltanto per i concorsi universitari, ma anche per altre selezioni di personale. L’ultima novità , però, è arrivata il 9 agosto 2024, con la famigerata riforma della giustizia firmata da Nordio che, tra le cose, ha abrogato l’abuso d’ufficio, spauracchio di molti funzionari pubblici. Che fare allora in quei processi sui presunti concorsi truccati, dove al posto della turbativa d’asta si stava contestando questo reato?
Molti giudici hanno ritenuto fosse il caso di sospendere temporaneamente i procedimenti e sollevare una questione di legittimità, chiedendo alla Corte costituzionale se l’abrogazione dell’abuso d’ufficio possa essere ritenuta conforme alla Costituzione e alle norme internazionali che l’Italia deve rispettare, come la convenzione di Merida contro la corruzione?
“Non si spiega per quale ragione, dovendosi garantire il buon andamento della pubblica amministrazione in settori ugualmente importanti come quelli dei pubblici incanti e dei pubblici concorsi, si sia scelto di non presidiare penalmente il corretto svolgimento dei secondi mantenendo, invece, la rilevanza penale dell’irregolare svolgimento dei primi”Fabio Gugliotta - Gup del Tribunale di Firenze
In questa direzione si è mosso il tribunale di Firenze, dove è in corso un grosso processo su alcuni presunti concorsi truccati all’aziende ospedaliere universitarie Meyer e Careggi. Per due volte, in due filoni diversi del procedimento, i magistrati hanno sollevato una questione di legittimità costituzionale: la prima il 3 ottobre, la seconda il 24 ottobre. Nella prima ordinanza, il giudice Fabio Gugliotta ha scritto che senza l’abuso d’ufficio non c’è alcuna possibilità “di far rientrare gli stessi (fatti contestati, ndr) nell’ambito di altre fattispecie di reato”. Si spinge anche a contestare la decisione della Cassazione per la quale non si deve contestare la turbativa d’asta: “Non si spiega per quale ragione, dovendosi garantire il buon andamento della pubblica amministrazione in settori ugualmente importanti come quelli dei pubblici incanti e dei pubblici concorsi, si sia scelto di non presidiare penalmente il corretto svolgimento dei secondi mantenendo, invece, la rilevanza penale dell’irregolare svolgimento dei primi”. Poi nota: “Alcune delle contestazioni mosse nell’ambito del processo in corso davanti a questo giudice riguardano presunte condotte di elaborazione ‘su misura’ di un bando di concorso, al fine di determinare la vittoria di uno specifico concorrente; ebbene, d’ora in poi tali condotte sarebbero prive di sanzione penale, con ogni conseguenza sul piano della prevenzione di importanti comportamenti illeciti lesivi di interessi generali”.
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Anche al tribunale di Catania è sorto il dubbio. Qui nel 2019 è stata condotta l’inchiesta “Università bandita”, nome che la dice lunga. È una grossa indagine il cui esito resta ancora molto incerto. La procura accusava a vario titolo 66 persone (tra cui 60 professori) di associazione a delinquere, corruzione, turbativa d’asta e abuso d’ufficio per aver turbato 27 procedure di selezione di professori ordinari, di associati o di ricercatori. I sospetti degli investigatori riguardavano anche moltissime altre selezioni. L’allora rettore Francesco Basile è stato sospeso in via cautelare insieme ad altri nove professori e poi si è dimesso. Nel frattempo, il processo ha avuto un percorso tortuoso, suddiviso in diversi filoni. In uno di questi, al momento di rinviare a giudizio nove indagati, il giudice per l’udienza preliminare ha stabilito che non si dovesse contestare la turbativa d’asta, ma l’abuso d’ufficio (come in seguito ha ribadito anche la Cassazione). Tuttavia, dopo la riforma Nordio, il 26 novembre scorso la seconda sezione penale del tribunale ha accolto l’istanza della procura e deciso di chiedere alla Corte costituzionale se l’abrogazione dell’articolo 323 del codice penale (l’abuso d’ufficio, appunto) sia conforme alla Costituzione e alla Convenzione di Merida. La procura di Catania e il tribunale ritengono che senza quella norma e senza la possibilità di contestare la turbativa d’asta si crei un vuoto normativo e i cittadini che partecipano ai concorsi pubblici subendo degli abusi da parte di funzionari pubblici non possano essere tutelati.
Anche a Genova ci si interroga. Qui è in corso l’udienza preliminare a carico di 12 persone coinvolte nell’inchiesta sui presunti concorsi pilotati alla facoltà di giurisprudenza dell’università cittadina: avrebbero tagliato su misura una serie di bandi, così da poterne in qualche modo pre-determinare i vincitori e per questo sono accusate a vario titolo di falso commesso da pubblico ufficiale, abuso d’ufficio, turbativa d’asta, traffico di influenze illecite e altro ancora. L’indagine era sorta dopo la sentenza del Tribunale amministrativo regionale (Tar), che a fine 2020 aveva annullato, su ricorso di una candidata esclusa, un concorso da ricercatore in diritto tributario vinto dal figlio di un docente emerito. Alla prima udienza preliminare, il 20 novembre scorso, la procura ha chiesto di sollevare la questione di legittimità costituzionale. Il tribunale non ha ancora deciso, ma intanto al Palazzo della Consulta è stata fissata l’udienza pubblica in cui si discuteranno le tante questioni di legittimità costituzionale sollevate da molti tribunali italiani. Se la Corte dovesse “convalidare” l’abrogazione dell’abuso d’ufficio, molti processi per i concorsi truccati sarebbero destinati a chiudersi, fatta eccezione di quelli in cui sono contestati anche altri reati. “Sarebbe fondamentale una sentenza della Corte costituzionale che ripristini la possibilità di intervenire su questi reati”, afferma Giambattista Sciré, ricercatore di storia all’Università di Catania e fondatore dell’associazione Trasparenza e merito, nata nel 2017 per dare un punto di riferimento a chi voleva segnalare concorsi irregolari.
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"Con questi cambiamenti, chi vuole truccare i concorsi può stare tranquillo. Sembra ci siano meno casi, ma continuano impunemente”Giambattista Sciré - Fondatore dell'associazione "Trasparenza e merito"
“L’associazione continua a ricevere segnalazioni, ma rispetto al passato sono diminuite – prosegue Sciré –. C’è stato un periodo in cui ogni giorno ricevevamo 5 o 6 segnalazioni di vario tipo e dovevamo scremarle prima di sostenere ricorsi o denunce”. Dalla fondazione fino al 2022, l’associazione aveva ricevuto 4.439 segnalazioni su concorsi sospetti, casi di mobbing e altro. Di questi, 1.055 si sono tramutate in ricorsi amministrativi o in esposti-denunce all’autorità giudiziaria. “La nostra battaglia aveva dato fiducia a chi prima invece accettava suo malgrado i soprusi. Ora, con questi cambiamenti, chi vuole truccare i concorsi può stare tranquillo. Sembra ci siano meno casi, ma continuano impunemente”.
Dopo la sentenza della Cassazione e l’abrogazione dell’abuso d’ufficio, Trasparenza e merito si è posta la questione su come procedere e ha consultato alcuni giuristi. Il ricorso alla giustizia amministrativa resta un’opzione, ma non completa: “Si può fare l’accesso agli atti e poi, se ci sono gli elementi, ricorrere al Tar, ma questo non porta alla persecuzione di chi ha commesso il reato. Annulla il concorso e va rifatto, con delle commissioni giudicanti diverse, e non è detto che non venga reiterata la scelta del vincitore”. Per dirla con i giudici catanesi, tutto sarebbe “rimesso all’iniziativa privata, di carattere eventuale” e non tutelerebbe l’interesse pubblico generale, scrivono nella loro ordinanza.
Trovare prove per dimostrare l’irregolarità del concorso, è più complesso: “Nelle procedure ci sono molti passaggi tra bando, nomina della commissione, decisione dei criteri di valutazione, prova e responso, ma spesso la cooptazione avviene prima, in sede privata, non in sede ufficiale, decidendo quali posti mettere a bando – spiega Sciré –. Il reato può essere commesso quindi non nella fase ufficiale, ma in quella precedente. Noi consigliamo di documentare, se possibile, quella fase per poter ipotizzare altre fattispecie di reato: falso, concussione e altri elementi che possono permettere ai magistrati di andare avanti”, conclude.
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