Chi ha ragione: lo sciamano o lo scienziato?

L'astrofisico Stephen Hawking e lo sciamano Davi Kopenawa sono preoccupati per il destino dell'umanità: entrambi notano come l'uomo stia distruggendo l'ambiente e guardano verso il cielo

Francesco Remotti

Francesco RemottiProfessore emerito di Antropologia culturale dell'Università di Torino

10 settembre 2020

Agli occhi di un antropologo, sciamani e scienziati si somigliano un po’: gli uni e gli altri si muovono ai confini delle loro rispettive culture e, per professione, spingono i loro passi in zone oscure e misteriose, verso l’ignoto. In termini generali, questa argomentazione potrebbe giustificare l’accostamento, che qui proponiamo, tra Stephen Hawking (1942-2018), astrofisico inglese di fama internazionale, grande teorico di Big Bang e di buchi neri, e Davi Kopenawa (nato nel 1959), sciamano della società degli Yanomani (Amazzonia), pure lui noto presso un certo pubblico, essendo l’autore di un libro che ha avuto un notevole successo (La caduta del cielo, Milano, Nottetempo, 2018), oltre che essere stato invitato all’Onu nel 1992 come rappresentante dei popoli dell’Amazzonia.

Un secondo tratto che accomuna i due personaggi è la preoccupazione per il destino dell’umanità. 

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