Credits: Pikist
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Province italiane sempre più calde: il 65% supera la media Ue

Record raggiunto da 72 su 110. In alcuni comuni l'aumento rispetto al 1961 è oltre i 4 gradi. Per l'osservatorio CittàClima di Legambiente occorre subito un Piano nazionale di adattamento climatico

Redazione <br> lavialibera

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20 agosto 2020

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Il 65% delle province italiane ha registrato dal 1961 al 2018 un aumento medio delle temperature di +2,2 gradi centigradi, superando così la media europea di +1,99°. Il record è stato segnato da 72 province su 110. Al primo posto c'è Brindisi che negli ultimi quasi 60 anni ha registrato un aumento di 3,12 gradi. Seguono Roma (+3,07°), Sondrio (+2,98°) e Milano (+2,85°). Se si guarda ai risultati regionali, il podio è occupato da Lazio (+2,66°), Trentino-Alto Adige (+2,57°) e Lombardia (+2,56°).

È quanto emerge dalla mappa realizzata dall'Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa (Obct) e dallo European data journalism network (Edjnet), basata sui dati del programma europeo Copernicus e dello European Centre for medium-range weather forecasts. La ricerca, che fa parte del progetto In marcia con il clima coordinato da Oxfam Italia, permette di osservare a livello iper localizzato, comune per comune, la portata e gli effetti del cambiamento climatico. Selezionando la propria città è, infatti, possibile conoscere di quanto è aumentata la temperatura nel periodo analizzato (1961-2018), nonché ottenere il cambiamento mensile, calcolato sulla base delle temperature medie mensili degli anni Sessanta. L'obiettivo futuro è estendere la mappatura anche a livello europeo.

Il clima è già cambiato. La tragedia del 15 luglio a Palermo ci insegna che sono le città i luoghi più a rischio

Comune per comune

Dopo Brindisi, Roma, Sondrio e Milano, tra le prime venti province spiccano: Latina (+2,79°), Vicenza (+2,76°), Monza Brianza (+2,73°), Bolzano-Bozen (+2,71°), Lecce (+2,69°), Taranto (+2,68°), Campobasso (+2,67°), Verbano-Cusio-Ossola (+2,66°), Reggio Calabria (+2,65°), Pordenone (+2,63°), Varese (+2,61°), Bergamo (+2,58°), Verona (+2,56°), Brescia (+2,56°), Treviso (+2,54°) e Frosinone (+2,53°).

Se si naviga la mappa comune per comune, i risultati sono anche peggiori. Ci sono aree del Paese dove il picco di aumento ha superato i 4 gradi centrigradi, come Martello, comune di neanche mille anime in provincia di Bolzano dove si contano +4,5° rispetto al 1961 o Grosio (+4,2°), in provincia di Sondrio, e Fiumicino (+4°), alle porte della capitale. 

La mappa navigabile realizzata dal team Obct - Edjnet
La mappa navigabile realizzata dal team Obct - Edjnet

Non solo ondate di calore

Secondo l'ultimo rapporto dell'Osservatorio di Legambiente CittàClima, è proprio nelle aree urbane che gli effetti del cambiamento climatico pesano di più. Qui, infatti, si creerebbero delle isole di calore dovute alla crescente urbanizzazione e impermeabilizzazione dei suoli, alla presenza di automobili e all’uso dei condizionatori. È tuttavia fondamentale concentrarsi non solo sull'aumento delle temperature, ma sugli impatti complessivi del cambiamento climatico perché "fenomeni estremi di maltempo e ondate di calore anomalo sono le due facce dell'emergenza climatica in atto". "Nei periodi estivi si intensificano i fenomeni alluvionali – le cosiddette bombe d’acqua – che si inseriscono in un quadro generale di sempre maggiore instabilità climatica legato al generale aumento delle temperature", spiega il rapporto.

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Gli esempi relativi al 2019 ed elencati nel rapporto rendono bene l'idea: il 27 giugno a Milano, quando sono stati registrati oltre 40°, la richiesta di elettricità è salita a 1635 mw con conseguenti blackout, in alcune zone anche per più di mezza giornata, e con un livello di consumi del 40% più elevato rispetto al 2018; il 27 luglio a Roma si sono verificati allagamenti con interruzioni sulla metro A, chiusure e disagi su alcune arterie per dissesti sul manto stradale eroso dalla forte pioggia. Ma anche quest'anno gli esempi non mancano, basti ricordare quanto avvenuto lo scorso 15 luglio a Palermo, dove una pioggia durata circa tre ore ha allagato interi viali del capoluogo e dove alcuni automobilisti rimasti intrappolati hanno lasciato le proprie auto salvandosi a nuoto.

Adattarsi per sopravvivere

Il rapporto sottolinea come l'Italia si trovi al centro di un'area considerata dagli scienziati un hot spot del cambiamento climatico: il Mediterraneo. Secondo uno studio pubblicato nel 2019 su Environment international, il bel Paese, in una prospettiva al 2100 ed in assenza di interventi di mitigazione, risulta tra gli Stati a maggior rischio di aumento della mortalità associata al caldo, superato solo da Filippine e Vietnam. Per questo, si legge ancora nel rapporto, occorre approvare subito un piano di adattamento climatico che metta le città al centro: "l'Italia è oggi l'unico grande Paese europeo a non disporre di un piano nazionale che definisca chiaramente le priorità di intervento per le aree a maggio rischio".

Invertire la rotta è possibile e gli esempi virtuosi non mancano, nemmeno sul territorio italiano. Il rapporto cita, ad esempio, il caso di Bologna che, dopo aver approvato un piano di adattamento della città al cambiamento climatico che ha individuato sette principali vulnerabilità del capoluogo, ha avviato un progetto per finanziare la piantumazione di alberi e la realizzazione di spazi verdi all'interno dell'area urbana. 

Sul tema è intervenuto anche Marco Cappato, già tesoriere dell'associazione Luca Coscioni e fondatore del movimento di cittadini europei attivi sullo sviluppo sostenibile (Eumans!). Come membro di stopglobalwarming.eu, Cappato è attualmente impegnato nella raccolta di un milione di firme entro il 20 gennaio 2021. "Soltanto i cittadini europei possono mettere sul tavolo le proposte che i governi non hanno avuto il coraggio di formulare in modo adeguato – commenta –. Se riusciremo a raccogliere un milione di firme da almeno sette Stati membri, la Commissione europea sarà formalmente obbligata ad esprimersi su una proposta finalmente adeguata ad affrontare l'emergenza climatica". L'obiettivo è tassare chi emette anidride carbonica (la proposta è di 50 euro iniziali a tonnellata, per arrivare a 100 dopo cinque anni) e utilizzare il ricavato a beneficio dei lavoratori, con una riduzione delle tasse in busta paga.

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