13 febbraio 2020
Tra pochi anni in Artide il mare sarà quasi completamente navigabile. Lo scorso 12 giugno le stazioni meteo hanno registrato temperature fino a 22 gradi sopra la media stagionale, a fine primavera la fusione dei ghiacci superficiali era già al 40 per cento, quattro volte superiore alla media dello stesso periodo degli anni precedenti. I climatologi avevano previsto che questi fenomeni si sarebbero potuti verificare, ma intorno al 2070. Sta già succedendo.
Sono 3,2 miliardi le persone la cui sicurezza è minacciata dal degrado dei suoli, come denuncia la piattaforma della convenzione Onu contro la desertificazione. Mentre lo scioglimento prematuro della criosfera, causato dall’aumento della temperatura, mette a rischio l'umanità accelerando l’impatto dei cambiamenti climatici.
L’Unep, l’agenzia per l’ambiente delle Nazioni unite, ha denunciato lo scorso novembre che le emissioni di gas serra sono cresciute anche nel decennio passato e nessuno dei risultati annunciati è stato centrato: significa in sostanza che di questo passo l’aumento medio della temperatura previsto in questo secolo sarà di 3,2 gradi e non di 1,5 gradi, indicato come soglia esiziale per l’innesco di conseguenze devastanti per l’umanità. Secondo la scienza, se vogliamo evitare la catastrofe dobbiamo triplicare gli sforzi sino al 2030: significa ridurre del 7,6 per cento ogni anno le emissioni di gas serra.
Ma nonostante 25 conferenze mondiali, due accordi internazionali e decine di convenzioni, ad oggi non esistono azioni, scelte, finanziamenti e prospettive che vincolino adeguatamente lo sviluppo e le politiche economiche a queste necessita. Eppure sappiamo che l’economia è solo un sottosistema dell’ecologia: senza servizi ambientali gratuiti, gentilmente messi a disposizione dalla Terra, non esisterebbe niente nel nostro tempo, altro che sviluppo! Siamo dipendenti dai cicli vitali, dai suoi limiti e dalle sue capacita di rigenerazione e auto organizzazione.
Nel periodo 1999-2018 l'Italia è stato il sesto Paese al mondo per le vittime causate dall’aumento dei fenomeni metereologici estremi "Climate risk index" di Germanwatch
La governance globale continua, invece, a essere interessata unicamente alla crescita economica, immaginata come infinita a fronte di un Pianeta con risorse finite. Un’analisi della Banktrack rivela che nei tre anni passati dall’adozione degli accordi di Parigi per il clima (2016-2018) 33 tra i maggiori gruppi bancari mondiali hanno fornito 1900 miliardi di dollari di prestiti al settore dei fossili, di cui 600 miliardi sono andati alle 100 imprese che stanno ampliando le loro attività nel campo. Di questi 33 gruppi bancari, 16 hanno firmato lo scorso 24 settembre con l’Onu il patto per I principi per un settore bancario responsabile: il trionfo dell’ipocrisia di un sistema fuorilegge.
Le conseguenze di queste scelte sono povertà, inquinamento, insicurezza sociale, collasso climatico, guerre, migrazioni ambientali, distruzione di economie locali e dello spazio bioriproduttivo. E riguardano ormai tutti, anche se con impatti diversi, non solo i Paesi più impoveriti. Ad esempio, il Climate risk index di Germanwatch, riferendosi al periodo 1999-2018, denuncia come l’Italia sia il sesto Paese al mondo per le vittime causate dall’aumento dei fenomeni metereologici estremi e il ventiseiesimo per perdite pro-capite subite. Sono gli effetti collaterali di una politica economica che risponde unicamente alle necessita del modello neoliberista e della sua élite. Ricchi sempre più ricchi, poveri sempre più poveri, fine dei ceti medi.
Viviamo un’epoca segnata dalla minaccia del collasso climatico e dall’aumento senza precedenti delle disuguaglianze. Un tempo scandito da una crisi che indebolisce la democrazia a tutte le latitudini, incapace di garantire un equilibrio tra diritti sociali, libertà e sostenibilità ecologica. Una democrazia sempre più autoritaria che usa a suo vantaggio la rabbia prodotta dalla crisi di sistema, ma volontariamente incapace di rimuovere le cause che l’hanno allargata.
La democrazia è oggi ostaggio di una politica dematerializzata che lascia il campo a interessi privati, che talvolta convergono con interessi criminali. Come nel nostro Paese, dove la criminalità organizzata può contare su una cultura politica che predilige la deresponsabilizzazione individuale, la negazione dei diritti sociali e il patriarcato, l’idea dell’uomo forte al comando e l’insofferenza per la democrazia. A confermarlo anche il 53° rapporto Censis che denuncia come l’incertezza sia lo stato d’animo dominante di una società ansiosa che ricorre a stratagemmi individuali per difendersi dalla scomparsa del futuro, preferendo delegare all'uomo forte al potere.
Ma siamo anche in un tempo della storia in cui nascono e si diffondono nuove soggettività che prendono il posto del vuoto lasciato dalla politica. Una “geografia della speranza” che mette insieme tanti punti sulla mappa della Terra in cui una nuova “società in movimento” si sta battendo per la giustizia sociale, ambientale ed ecologica.
Un orizzonte fatto di impegni concreti e quotidiani, ma allo stesso tempo di una visione di insieme e un respiro capaci di sciogliere le paure e restituire speranza all'umanità. Nel nostro Paese ne sono prova, tra gli altri, le centinaia di realtà della rete dei Numeri pari nate in questi anni di crisi per rispondere all’aumento delle disuguaglianze con pratiche di mutualismo solidale concrete; i ragazzi dei Fridays for future e di Extinction rebellion che organizzano gli scioperi climatici e centinaia di azioni che stanno cambiando il linguaggio e il punto di vista di molti; le Sardine che hanno riempito le piazze d’Italia per riaffermare valori e diritti fondamentali messi in discussione dai fabbricanti della paura e dell’odio. Sono questi soggetti che possono oggi in Italia, come nel mondo, rifondare la democrazia per promuovere quella transizione ecologica e quel cambiamento culturale di cui tutti e tutte abbiamo bisogno.
Da lavialibera n° 1 gennaio/febbraio 2020
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