Paolo Vineis, professore di epidemiologia ambientale
Paolo Vineis, professore di epidemiologia ambientale

L'epidemiologo Vineis: "Prepariamoci, arriveranno altri virus"

Il clima nel Sud Europa potrebbe diventare caldo-umido e contribuire alla diffusione di nuovi vettori di malattie infettive, spiega il professore di epidemiologia ambientale

Andrea Giambartolomei

Andrea GiambartolomeiRedattore lavialibera

10 settembre 2020

La sua specialità è lo studio delle cause di malattie di origine ambientale, con un’attenzione particolare ai cambiamenti climatici. Paolo Vineis, nato ad Alba 69 anni fa, è professore di epidemiologia ambientale all’Imperial college di Londra. A fine aprile è stato chiamato per guidare l’Unità di crisi del Piemonte contro la pandemia da coronavirus. A suo dire, dobbiamo attenderci altre epidemie o pandemie simili in futuro, ragione per cui dovremmo attrezzarci per prevenirle anziché prepararci solamente ad affrontarle al meglio.

Prof. Vineis, esiste un legame tra Covid-19 e cambiamento climatico?

Non esattamente. L’intera questione dei rapporti tra ambiente e pandemie è ancora confusa per mancanza di chiare prove scientifiche. Perlopiù gli articoli di commento sul problema  fanno riferimento a un articolo di rassegna uscito su Nature nel 2008: arrivava alla conclusione che circa il 60 per cento delle malattie infettive emergenti erano zoonosi, cioè trasmesse dall’animale all’uomo. Esse derivano in generale dalla trasformazione del pianeta, includendo le pratiche agricole e la deforestazione. Non ci sono tuttavia prove di un rapporto diretto tra cambiamento climatico e pandemie, ma piuttosto di un effetto del clima su malattie endemiche, presenti cioè in modo stabile in alcune aree. È il caso della dengue e della malaria, che si sono estese a latitudini e altitudini diverse da quelle abituali. Anche malattie parassitarie come la schistosomiasi o la malattia da Opisthorchis viverrini stanno cambiando distribuzione geografica in Asia come conseguenza del cambiamento del clima.

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