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Aggiornato il giorno 1 dicembre 2025
"Protezione della privacy e dell’integrità dell’individuo": così la Commissione europea ha motivato la decisione di negare a lavialibera, e al pubblico in generale, l’accesso alla lista dei nomi di chi dovrà coordinare e monitorare gli acquisti di armamenti finanziati con i 150 miliardi di euro di prestiti dello strumento Safe (Security action for Europe), uno dei pilastri del piano di riarmo annunciato lo scorso marzo.
Mille miliardi e fondi civili per gli armamenti: la svolta militare dell'Ue
Anche l'Italia ha chiesto di accedere ai prestiti Ue per le armi: riceverà 15 miliardi dei 150 messi a disposizione
Lo strumento Safe, acronimo di "Security action for Europe" (azione per la sicurezza dell'Europa), è uno dei due meccanismi messi in campo dall'Unione europea per incoraggiare gli Stati membri ad aumentare le spese militari. Proposto dalla Commissione lo scorso marzo e approvato dal Consiglio a maggio, lo strumento Safe mette a disposizione degli Stati membri prestiti "a prezzi competitivi e a lungo termine" per l'acquisto di "prodotti per la difesa". Tra questi, munizioni, missili, droni, sistemi di artiglieria, sistemi di difesa aerea e missilistica, sistemi antidrone, "capacità di combattimento terrestri e marittime", risorse spaziali, di "intelligenza artificiale e guerra elettrnoica". Nel documento è anche citata la "contromobilità", categoria in cui potrebbero rientrare le mine anituomo che l'Unione afferma di voler eliminare ma che cinque Stati membri intendono acquisire.

Il valore complessivo dei prestiti, che gli Stati membri dovranno restituire in un massimo di 45 anni con tassi ancora non definiti, è di 150 miliardi di euro. Lo scorso agosto, la Commissione ha comunicato la ripartizione provvisoria tra i 19 Stati interessati: la fetta più consistente (44 miliardi di euro) verrà destinata alla Polonia, seguita da Romania, Francia, Ungheria (circa 16 miliardi ciascuna) e Italia (15 miliardi). Ciascun governo ha presentato entro il 30 novembre la richiesta formale di finanziamento accompagnata da un piano di spesa dettagliato. Ora si attendono i via libera da parte di Commissione e Consiglio, perché i finanziamenti partano nei primi mesi del 2026.
Per la Commissione, rivelare chi fa parte del tavolo "comprometterebbe la protezione della privacy e dell’integrità dell’individuo" e non sarebbe giustificato da una "specifica finalità di interesse pubblico"
Lo scorso luglio, Bruxelles ha annunciato l’istituzione di un "gruppo speciale di rappresentanti", nominati da ogni Stato membro, più l'Ucraina e la Norvegia che hanno chiesto di partecipare, e incaricati di "supportare l’implementazione di Safe fornendo consulenza esperta e coordinamento strategico". Abbiamo chiesto tramite un’istanza di accesso civico chi ne fa parte: ci è stato risposto che la divulgazione dei nomi e delle funzioni dei membri "comprometterebbe la protezione della privacy e dell’integrità dell’individuo" e non sarebbe giustificata da una "specifica finalità di interesse pubblico". Impossibile quindi verificare "l’assenza di conflitti d’interessi" posta come condizione dai regolamenti interni (pubblicati solo lo scorso 21 ottobre, dopo due riunioni). Come previsto dal regolamento europeo sull'accesso ai documenti, abbiamo chiesto alla Commissione di riesaminare la sua decisione. Avrebbe dovuto rispondere entro il 25 novembre, termine fissato per legge, ma non l'ha fatto.
Più armi, meno trasparenza: il riarmo all'italiana
Al momento, dal sito della Commissione europea risulta che il gruppo si sia riunito tre volte, l'ultima il 12 novembre. Solo per la prima riunione, tenutasi il 22 settembre scorso, è disponibile il verbale, di una sola pagina per quattro ore di seduta. Eppure, la trasparenza è tra i principi esplicitamente menzionati nei regolamenti interni. Con una postilla: potrà essere negata per proteggere "la sicurezza pubblica, gli affari militari, le relazioni internazionali, le politiche finanziarie, monetarie ed economiche, gli interessi commerciali e i processi decisionali dell’istituzione".
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