I messaggi di cordoglio davanti al murales di Maradona nei Quartieri spagnoli (Napoli). Credits: Ciro Pellegrino
I messaggi di cordoglio davanti al murales di Maradona nei Quartieri spagnoli (Napoli). Credits: Ciro Pellegrino

"Io, la maturità e la Mano de Dios"

Maradona era Dio con il pallone, semplicemente un uomo senza. Tre piatti ne rappresentano genio e sregolatezza: quesadilla messicane, asado argentino e ragù napoletano

Peppe Ruggiero

Peppe RuggieroVicedirettore lavialibera

26 novembre 2020

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Un anno che difficilmente potrò dimenticare, il millenovecentoottantasei. In Ucraina esplode il reattore di Cernobyl, in Italia Sindona beve un caffè avvelenato e Berlusconi diventa presidente del Milan. Ma il 1986 è anche l’anno degli esami della mia maturità scientifica, l’anno di inizio della cavalcata che porterà al primo scudetto della storia del Napoli. È l’anno dei mondiali in Messico. Dei mondiali di Diego Armando Maradona e della sua Argentina. Ma è soprattutto il mondiale del match tra Argentina e Inghilterra. Una partita che entrò di diritto nella storia del calcio. In quella partita, Maradona regalò alla selección l’accesso alle semifinali con due reti segnate all’Inghilterra: una, con un fallo di mano, che El Pibe de oro attribuì alla “mano de Dios” e l’altra che deve essere senza dubbio ricompresa fra i più bei gol mai segnati nella storia della competizione. 

Il racconto di Gianni Mura per "Al cuore dello sport. Dodici storie di passione, lotte e conquiste", prima pubblicazione della collana "Libricini" de lavialibera

Che sofferenza quel mese di giugno. Sulla scrivania della mia stanza si alternavano il libro di fisica e il calendario delle partite. La fisica non mi entrava nella testa, era il mio incubo. E vi chiederete perché l'avessi scelta come materia da portare all’esame: non l’ho mai capito, errori di gioventù. Il calendario delle partite, invece, era memorizzato senza problemi. Quel mondiale, come Italia ’90, fu per tanti napoletani una stretta al cuore. Indecisi tra il tifo per il Messia Maradona e la sua Argentina o per la Nazionale che univa ogni quattro anni il Paese. Io non avevo dubbi. Al cuor non si comanda e come la maggior parte dei napoletani la scelta cadde sui color biancocelesti dell’Argentina. Del resto, l’Italia dei mondiali di Spagna ‘82 era un lontano ricordo. Potete capire che fu facile scegliere di tifare per l’Argentina. Ancora più facile se si viveva a Napoli.

Diego non è un uomo qualunque. Deve stupire. Ha sempre stupito nella sua vita. Nel bene e nel male

Forse per quella maledetta fisica, nella mia mente abbinai il mondiale a un numero: il tre. Tre furono i gol in quel quarto di finale tra Argentina e Inghilterra. Tre furono i Paesi che mi ricordo di quel mondiale: Messico, Argentina. Napoli. E tre sono i piatti che mi ricordano le emozioni, le sensazioni e le delusioni di quel giugno del 1986. Le quesadilla messicane, l’asado argentino e il ragù napoletano. Tre piatti che, come Diego Armando Maradona, rappresentano il genio e la sregolatezza. Cibi pieni di allegria, di poesia, di passione. Nella vita e nei piatti. Diego Maradona e la cultura di tre Paesi. Sapori forti, spezie prelibate. Lunga preparazione. Elogio della lentezza. Piatti esagerati, voraci, materni. L’Italia in quel mondiale dopo un girone di qualificazione mediocre, venne eliminata dalla Francia di Platini con un secco 2-0. Una sconfitta che mi agevolò nelle discussioni quotidiane con mio padre, che non riusciva ad accettare che suo figlio non tifava Italia nell’appuntamento più atteso che univa la nazione. Dopo l’eliminazione, pensavo: ecco che la prima pratica è stata sbrigata. Rimaneva ancora lo studio della fisica. Ma soprattutto mi aspettava la partita. Quella più attesa.

Non solo agonismo. Alcune storie sportive mettono in crisi le discriminazioni, altre esaltano valori come libertà e lo stare in comunità. "Facciamo squadra" è una rubrica aperta per raccontarle

Il 22 giugno 1986 è una data che sarà sempre ricordata dagli appassionati di calcio. E non solo dai napoletani. Insomma, quel giorno si giocava Argentina-Inghilterra. Non era una semplice partita di calcio. Era “la partita”, considerando la guerra delle Falkland-Malvinas di pochi anni prima. Alla fine del primo tempo il risultato era fermo sullo 0-0. Tutto iniziò nei primi minuti del secondo tempo. Era il cinquantesimo minuto quando arrivò un cross nell’area degli inglesi. Diego saltò e di testa spinse la palla in rete. O tutti credevano così. Ma solo al rallentatore si capì che quella faccia di scugnizzo aveva spinto con il pugno la palla in gol. E che gol. Un gol che sa di gusto di quesadilla, un piatto tipico messicano. Le quesadillas sono formate da due tortillas, le tradizionali piadine messicane, e da un ripieno che include il formaggio e altri ingredienti a piacere. Le tortillas si lavoravano a mano e poi venivano cotte su una piastra di ferro. Le quesadillas, però, si prestano ai ripieni più fantasiosi, possono scatenare la creatività e possono essere accompagnate o condite con le tipiche salse messicane: enchilada, guacamole e salsa di pomodori messicana. Ecco creatività e lavorazione a mano. Come il gol della Mano de Dios di quel cinquantesimo minuto dei quarti di finale e che fece il giro del mondo.

I messaggi di cordoglio davanti al murales di Maradona nei Quartieri spagnoli. Credits: Ciro Pellegrino
I messaggi di cordoglio davanti al murales di Maradona nei Quartieri spagnoli. Credits: Ciro Pellegrino

Diego non è un uomo qualunque. Deve stupire. Ha sempre stupito nella sua vita. Nel bene e nel male. E non poteva deludere proprio nella partita che tutta l’Argentina attendeva. Ed ecco che dopo solo quattro minuti da quel gol chiacchierato, Diego prese la palla a centrocampo. Davanti sei giocatori e la porta. Il genio prese il sopravvento. Uno alla volta, in dribbling, supera i sei calciatori inglesi. Sul quel prato verde, Diego stava ballando un appassionato tango. Ogni suo movimento era scadenzato dalla musica di sottofondo. E dopo la lunga corsa arriva davanti al portiere. È il momento della verità. Il prima può diventare inutile, se non si fa gol. E Maradona non delude. Un paese intero lo guarda. Con freddezza supera il portiere e deposita la palla in rete. Il gol della vendetta. Zittiti tutti. Uno dei gol più belli della storia del calcio.

Il gol che Maradona fece all'Inghilterra è come il peppiare del ragù. Una volta conclusa l’azione, si può spegnere il fuoco e si può dire conclusa la partita

In quel gol c’è molto di Napoli. E della mia “perversione” di associarlo al mio secondo piatto: il ragù napoletano. Come quel gol, unico diverso da tutti gli altri gol di Maradona. Il ragù napoletano è diverso da tutti gli altri ragù di carne, di cui è ricca la cucina italiana. È diverso per gli ingredienti, per la lunga preparazione, per l’estrema attenzione che richiede e infine per l’aroma che si diffonde, profumato protagonista domenicale  delle tavole dei napoletani. E soprattutto la fase del "peppiare" che mi ricorda il secondo gol di Maradona. Il segreto per far peppiare la salsa sta – oltre che nel tenere la fiamma piuttosto bassa – nel non chiudere completamente con il coperchio la bocca della pentola. Il coperchio deve essere poggiato su di un lato della pentola mentre in direzione opposta occorre poggiare il coperchio sul cucchiaio di legno posto di traverso l’imboccatura. E poi un piccolo segreto. Si deve creare una piccola circolazione d’aria che impedisca alla salsa di attingere forza dal fuoco e le impedisca di precipitare nel bollore, cosa che rovinerebbe tutta la faccenda. Un ragù napoletano che sobbollisse e non peppiasse, non sarebbe un vero ragù. Solo dopo che la salsa ha peppiato per più di un’ora e si è verificato lo strano fenomeno della separazione dell’olio e dello strutto che affiorano in superficie lasciando il sugo di pomodoro nel fondo della pentola, si può esser certi di aver fatto un buon ragù. E dopo una veloce rimestata con il fido cucchiaio di legno, si potrà spegnere il fuoco. Immaginate le vari fase del peppiare e rivedetevi il gol di Maradona al rallentatore. Lunga preparazione, pallone attaccato al piede, che si stacca solo nel momento finale. E solo quando Maradona lascia il pallone che lentamente entra nel fondo della porta, si è certi che l’opera è terminata. Il gol di Maradona come il peppiare del ragù. Una volta conclusa l’azione, si può spegnere il fuoco, si può dire conclusa la partita.

La partita si concluse con la vittoria dell’Argentina per 2-1. Che continuò la sua marcia trionfale battendo in semifinale il Belgio e in finale la Germania. L’Argentina era campione del Mondo! E nella mia mente oltre le immagini di quel quarto di finale rimane impressa l’immagine di Diego che alza la coppa al cielo. Era il numero uno al mondo. Un paese in festa. Napoli in festa. Diego orgoglio nazionale. Come asado, l'arrosto per eccellenza. In Argentina non esiste festeggiamento senza l’asado. Le carni possono essere cucinate su una griglia, la cosiddetta parrilla, o a fuoco aperto. Caratteristica del piatto è la sua cottura, particolarmente lenta (si possono impiegare anche ore), che serve ad esaltare il sapore e la consistenza della carne. Per quanto riguarda il condimento, l’unica aggiunta è quella di sale prima e/o durante la cottura, oppure per insaporire ancora un po’ c’è il chimichurri, una miscela di olio, spezie, aceto e limone. Emozione allo stato puro. Una debolezza per lo stomaco e per il colesterolo. Ma soprattutto un inno alla gioia.

A un campione mai normale. Dio con il pallone tra i piedi. Semplicemente un essere umano senza. Lui è Diego Armando Maradona. El pibe de oro. E da quel mondiale del 1986 non potevo più staccarmi da quella faccia di scugnizzo. Dalle sue gesta. Dai suoi errori. Ci legava un cordone ombelicale. Che niente e nessuno poteva scardinare. E con quel mondiale anche il mio esame di maturità fu superato. E mi rimasero due certezze. Una che non avrei mai voluto più incontrare la fisica sulla mia strada di studente. E la seconda più importante: na finta e Maradona scioglie ‘o sang dint ‘e vene. Ciao Diego.

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