
Guerra in Congo, l'interesse del Ruanda per il coltan e gli accordi con l'Ue

16 aprile 2020
Quando piove a dirotto ogni strumento è buono per coprirsi. Così, nell’attuale crisi economica, sociale e di valori, c’è chi chiede alla magistratura di fare ciò che è proprio della politica: realizzare una maggior giustizia sociale, risanare le istituzioni, ridare ai cittadini una speranza di futuro. Alcune recenti vicende – da quella dell’ex Ilva di Taranto a quella della tutela della vita dei migranti nel Mediterraneo – sembrano dar loro ragione e alcuni magistrati si dicono pronti a "smontare e rimontare" il Paese. Ma coltivare questa strada è insieme illusorio e pericoloso.
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Politica all'attacco della magistratura. Il governo italiano, come quello di altri paesi occidentali, mostra insofferenza verso alcuni limiti imposti dallo stato di diritto delegittimando giudici e poteri di controllo