L'illustrazione di Jacopo Vigorita per la copertina del libro di Sara Manisera, Racconti di schiavitù e lotta contadina
L'illustrazione di Jacopo Vigorita per la copertina del libro di Sara Manisera, Racconti di schiavitù e lotta contadina

Le infinite stagioni degli schiavi nei campi

In Racconti di schiavitù e lotta contadina (Aut aut edizioni) Sara Manisera racconta con umanità scevra di retorica e con documentata professionalità

Marika Demaria

Marika DemariaGiornalista

7 luglio 2020

  • Condividi

Auletta, provincia di Salerno. Maria e Gennaro sono braccianti agricoli. Hanno sette figli, cinque maschi e due femmine. La prima delle due figlie, Teresa, a sei anni conosceva già la campagna e aveva il compito di governare i maiali, la sera. Nel 1960, emigra in Germania per raggiungere il marito Vincenzo. Inizia a lavorare, a cottimo, in una lavanderia industriale perché agli italiani erano destinati "i lavori pesantucci che i tedeschi non volevano fare".

Lavoratori migranti, sfruttatori italiani

L’età di Abu Moro non si riesce a definire. Giovane, sicuramente sì. A Tripoli lavorava per una società petrolifera statunitense e viveva in un appartamento pagato dall’azienda. In Libia stava bene, "era l’unico Paese illeso in Africa". Per lui l’Italia non costituiva l’Eldorado, tutt’altro. Quando si è visto costretto ad abbandonare la propria terra d’origine per raggiungere l’Europa in seguito alla crisi libica del 2011, ha affidato alle lacrime tutto il suo dolore. Sbarcato a Lampedusa e dirottato a Bari, è rimasto imprigionato nelle maglie del caporalato: ogni giornata iniziava col viaggio estenuante su un pulmino insieme ad altre dieci, quindici persone, per raggiungere i campi di pomodoro. Il guadagno? Tre euro a cassone, che ha un peso di tre quintali. Poi bisognava pagare la moglie del caporale per racimolare un po’ di cibo e per dormire su materassi scomodi e luridi.

Quei braccianti sfruttati e uccisi nel silenzio

Ibrahim è un giovane ventenne del Gambia, in Italia da circa tre anni. Raccoglie mele a cinque euro all’ora a Saluzzo, in Piemonte. Storie reali. Di vita, di sofferenza, di sopraffazione, ma anche di riscatto. Racconti di schiavitù e lotta contadina (Aut Aut edizioni), scritto dalla giornalista Sara Manisera con umanità scevra di retorica e con documentata professionalità, è un libro di denuncia che, attraverso il susseguirsi delle stagioni, racconta storie di uomini e donne “migranti”.

L’estate in Puglia, quando avviene la raccolta dei pomodori, che vengono poi stipati su tir come – stipati anche loro – sono i raccoglitori sui furgoni. L’autunno in Piemonte, dove si raccolgono le mele che un’etichetta trasforma in mele Melinda e della Val di Non. L’inverno nella Piana di Gioia Tauro, dove convivono lo sfruttamento della grande distribuzione organizzata e cooperative etiche, garanti di una filiera equa che opera nel rispetto dei diritti dei lavoratori. Un tema, quest’ultimo, che l’autrice affronta raccontando della primavera siciliana: la memoria del movimento contadino che ha nel proprio dna la biografia di Placido Rizzotto e il ricordo dell’eccidio di Portella della Ginestra. 

Sara Manisera dedica il libro a Teresa Vallone, la bambina di sei anni emigrata in Germania, e a suo marito Vincenzo. I suoi nonni. Contadini e migranti, ieri vestiti con i pantaloni di fustagno e le vesti nere, oggi in felpa con il cappuccio. Ma sempre chini sui campi. Ieri parlavano in dialetto, oggi in bambara e wolof. Costretti a imparare in fretta la lingua del loro nuovo, straniero, Paese.

Da lavialibera n° 3 maggio/giugno 2020

  • Condividi

La rivista

2024 - numero 25

African dream

Ambiente, diritti, geopolitica. C'è un nuovo protagonista sulla scena internazionale

African dream
Vedi tutti i numeri

La newsletter de lavialibera

Ogni sabato la raccolta degli articoli della settimana, per non perdere neanche una notizia. 

Ogni prima domenica del mese un approfondimento speciale, per saperne di più e stupire gli amici al bar