Roma. Casa popolare, un lusso per pochi

Al Quarticciolo, periferia est della capitale, Kaula vive in 27 metri quadri con il marito e tre figli. Non certo un caso isolato: Roma è la prima città europea per emergenza abitativa

Serena Chiodo

Serena ChiodoGiornalista freelance e mediatrice culturale

Daniele Napolitano

Daniele NapolitanoFotografo

5 marzo 2021

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"Dice che è troppo grande la nuova casa, ha paura di perdersi". Kaula traduce divertita le parole del figlio. Otto anni, scorre le immagini sul telefonino della madre e si lascia andare a commenti entusiasti. Le fotografie mostrano una casa vuota, priva persino dei sanitari: ma a Kaula non importa. Trentacinquenne tunisina in Italia da vent’anni, dal 2016 vive in 27 metri quadri con il marito e i figli di cinque, otto e sedici anni. Oggi tutte le loro cose sono su due camion, pronte per essere portate nel quartiere di Torre Maura a Roma: qui l’Azienda territoriale per l’edilizia residenziale (Ater) ha destinato loro una casa di cento metri quadri.

La famiglia di Kaula è una delle 64 interessate dalla ristrutturazione delle palazzine di via Ugento, a Quarticciolo, periferia est della capitale. Un risultato arrivato dopo anni di lotta del comitato di quartiere, che ha obbligato le istituzioni ad assumersi responsabilità per troppo tempo disattese. "Molti ancora non credono a quello che sta accadendo", afferma Alessia. Trentatré anni, ha studiato sociologia alla Sapienza di Roma ed è ora titolare di una libreria scolastica. Vive nella palazzina a sei piani che si staglia sulla piazza: un tempo casa del fascio, poi questura, ora è un’occupazione abitativa su cui svetta un murale dell’artista Blu. Nei seminterrati è attivo il doposcuola autogestito, accanto la palestra popolare. Intorno a questi due spazi, lei e altre persone da alcuni anni organizzano attività, tra cui le distribuzioni alimentari durante il primo lockdown. "Dalla borgata per la borgata, insieme tutto è possibile", sono le parole che animano il percorso politico. Da questo concetto nel 2018 è nato anche il comitato di quartiere, dopo lo sfratto di una famiglia che viveva in uno scantinato. "Le fogne straboccano, topi ovunque… dobbiamo combattere! Per la Costituzione italiana avremmo diritto a una casa", denuncia una donna durante un’assemblea del comitato.

Il blocco degli sfratti è stato prorogato fino al 30 giugno, ma l'emergenza abitativa resta

Primi in Europa per emergenza

Il Quarticciolo è un agglomerato di palazzine popolari gialle, divise da cortili, alcuni ben tenuti, altri in stato di abbandono. Lasciandosi alle spalle la piazza si arriva a via Ugento, "le favelas", come sono chiamati questi trecento metri. I muri scrostati e le finestre mancanti fanno intuire il motivo del soprannome. Dovevano essere abbattute nel 1998, per questo l’Ater spostò altrove gli assegnatari. Ma le palazzine rimasero lì, vuote: e divennero la casa, anche se malsana, di chi un tetto non ce l’aveva. "Questo quartiere ha circa seimila abitanti e dodici lotti di case popolari, di cui un quarto occupati, escludendo gli scantinati e le case di via Ugento, non considerate alloggi perché inagibili", spiega Pietro. Trentun’anni, frequenta un dottorato in Studi urbani all’università Roma Tre. Anche lui vive nell’ex questura e fa parte del comitato.

La situazione del Quarticciolo non è un caso isolato, al contrario si inserisce in una cornice che viene spesso identificata erroneamente come emergenza abitativa. Lo sbaglio sta nel considerare emergenziale una questione che è invece strutturale. "Dal 1980 a Roma non c’è un vero piano di edilizia residenziale pubblica", evidenzia Pietro, cui fa eco Alessia: "Roma è la prima città europea per emergenza abitativa. Qui la casa è un bene di lusso". È l’intervento istituzionale a essere emergenziale: ogni dieci anni circa, una sanatoria regolarizza la posizione degli occupanti. Un’operazione che non guarda in prospettiva. E intanto le liste per le assegnazioni si allungano. "Le sanatorie sono importanti, ma non bastano, perché nel frattempo non vengono implementate le politiche necessarie. Perché non convertire in case popolari gli stabili pubblici vuoti?", si chiede Alessia, sottolineando l’evidente inefficienza di una politica miope quando non speculatrice: in contemporanea alla sanatoria dello scorso febbraio "circa 7mila alloggi popolari sono stati messi in vendita, soprattutto per coprire i debiti di Ater, commissariata da circa dieci anni".

La periferia a due passi dal centro di Torino

Durante il lockdown

A Roma circa 57mila famiglie non hanno una casa: 200mila persone. Quasi 12.500 sono rientrate nella graduatoria per la casa popolare, ma le assegnazioni sono state solo 178. I dati del dipartimento Urbanistica del Comune di Roma si riferiscono al 2019, pre coronavirus. Se vivere in condizioni del genere non è semplice, doverci passare un lockdown è ancora più difficile. Senza contare chi ci ha dovuto fare una quarantena.

A Roma circa 57mila famiglie non hanno una casa: 200mila persone

"Ho lavorato cinquant’anni, mi merito un po’ di riposo decente, non in una casa che ti casca addosso", afferma Adriana, settantenne romana. E i pensieri aumentano di fronte al comportamento delle istituzioni: di ristrutturazioni si parlava già nel 2018, ma alle parole non è seguito nulla. "Abbiamo aspettato, ci siamo aiutati tra noi. Ora la misura è colma. Non possiamo passare un altro lockdown così", denunciava lo scorso ottobre il comitato.
A dicembre finalmente sono partiti i lavori. Il comitato ha ottenuto la garanzia che tutti gli inquilini torneranno nelle case di via Ugento, senza aspettare le riassegnazioni degli appartamenti. Eccetto i nuclei numerosi, trasferiti in quartieri vicini: "Una condizione posta per assicurare continuità ai percorsi scolastici e di vita delle persone", sottolinea Pietro.

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"Si occupano le case perché non ce ne sono abbastanza. Vogliamo che il patrimonio pubblico invece di essere svenduto sia messo a disposizione. Vogliamo affitti a seconda delle possibilità. Tutti abbiamo diritto alla casa, a una residenza, ad avere nelle vicinanze servizi educativi e sanitari di qualità". Con questo in mente, il comitato è già al lavoro: in programma c’è l’apertura di una Casa di quartiere. Sorgerà di fronte a via Ugento, nell’ex bocciofila: un progetto di risanamento per cui l’amministrazione dovrà finalmente smaltire il tetto in amianto e in cui convergeranno tutte le attività informative, il doposcuola, la palestra. "Perché diritto all’abitare – afferma Pietro – non vuol dire solo avere un appartamento in cui non piova dal soffitto, ma avere le stesse opportunità di realizzarsi ovunque si nasca".

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