1 giugno 2021
La sentenza sull'Ilva di Taranto restituisce solo una piccola parte di verità. Ma non c'è niente di cui gioire. Il disastro sociale, culturale, ambientale ed economico provocato dall'Ilva è conseguenza dell'incapacità di una classe dirigente politica locale e nazionale che non si è mai battuta per rimettere insieme il diritto al lavoro con il diritto alla salute.
Non l'ha fatto, o perchè è in male fede e collusa con il modello di sviluppo liberista che sposta su comunità, lavoratori, poveri, migranti, precari, prossime generazioni, gli effetti disastrosi di un'economia insostenibile che arricchisce pochi. Oppure perchè incapace persino di immaginare un'alternativa possibile. In entrambi i casi una classe dirigente da condannare, da combattere e da sostituire.
Ma sono le vergognose parole del ministro della finzione ecologica, l'esperto di nanotecnologie per armi Roberto Cingolani, che fanno davvero arrabbiare. Ancora una volta contrappone il diritto alla salute al diritto al lavoro. Fa finta di non sapere nulla sulla enorme gravità del disastro ambientale. Invece di riconvertire la fabbrica preferiva spostare la popolazione. Era pronto a usare i fondi del Pnrr per "convertire" l'Ilva a gas, come se non fosse inquinante. È felice perchè si riduce del 30% il livello di inquinamento in una città che una volta era la terza della magna Grecia e che da tempo avete trasformato in un luogo di dolore, migrazione e morte. Un luogo dove le mamme piangono i figli piccoli morti di tumore.
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Sei mai stato nel quartiere Tamburi ministro Cingolani? Vacci di corsa a chiedere scusa a una comunità, quella tarantina, a cui lo Stato deve giustizia. Uno Stato invece che continua a girare la testa dall'altra parte, sacrificando il sud per le presunte ragioni di uno sviluppo malato che favorisce solo i più forti e i più ricchi, distruggendo le nostre vere ricchezze: la terra e la cultura. Abbiamo bisogno di mettere insieme giustizia sociale, ambientale ed ecologica. Lo faremo solo quando cacceremo questa classe dirigente, a partire da Cingolani. L'unico ringraziamento ai cittadini e alle cittadine della nostra Taranto, che hanno resistito e lottato per restituire a questa malata democrazia italiana solo un pezzettino di verità e di dignità. Ma non ci fermeremo qui. Vogliamo verità e giustizia per tutte le vittime di Taranto. E vogliamo lavorare senza morire di lavoro nelle nostre terre. Mai più un ministro o un assessore o un presidente o un parlamentare che ci venga a dire che non è possibile rimettere insieme il diritto alla salute con il diritto al lavoro.
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