13 ottobre 2021
Provate a tenere il fiato sospeso per 14 secondi. Sembra poco, eppure dentro questo intervallo di tempo ci può stare il sogno di una vita. Per esempio, quella di Ambra Sabatini. Vita cambiata per un incidente in scooter. Vita ripresa con coraggio su una gamba sola e l’adolescenza dei 17 anni fratturata nella sua spericolata leggerezza. Imparare da giovanissima a rialzarsi per tornare a camminare, poi a correre, poi a gareggiare, poi a vincere.
Doping, l'attitudine malata alla scorciatoia
Ci sono lezioni di sport da cui ciascuno ha da imparare, lezioni da portare nelle scuole perché hanno una potenza educativa affascinante, dirompente. Come quella del 3 settembre a Tokyo, nei 100 metri paralimpici da record mondiale nella categoria T63: la vittoria di Ambra, resa ancora più speciale da un podio tutto tricolore, argento Martina Caironi e bronzo Monica Contrafatto, che ha fatto volare di gioia i cuori di tutta Italia to the moon and back, dalla luna e ritorno. Insieme alle medaglie, ecco il messaggio: rendere possibile quello che sembra, a volte, impossibile. Grazie, ragazze!
Insieme alle medagli, ecco il messaggio: rendere possibile quello che sembra, a volte, impossibile.
Dopo un’estate dove lo sport italiano si è preso il palcoscenico mondiale (dagli Europei di calcio ai trionfi olimpici di Gianmarco Tamberi, Marcell Jacobs e compagnia vincente, alle ragazze irresistibili del volley) e ha mobilitato l’attenzione, l’entusiasmo, il tifo di milioni di persone, a cominciare dai più giovani, la sfida diventa mettere a frutto tanto buon seminato. Ovvero: non sprecare questo enorme patrimonio di coinvolgimento e passione. Con quale fotogramma fermarlo, per poi rilanciarlo e farlo diventare un punto di svolta nell’agenda anche politica del prossimo anno?
La scuola italiana bocciata nello sport
Abbiamo scelto l’immagine con i volti sorridenti di Ambra, Martina e Monica. Storie diverse, unite però da un invincibile desiderio comune: riprendersi di diritto, attraverso lo sport, le meraviglie della vita. Martina, abituata a volare, già campionessa paralimpica; Monica che dedica la sua medaglia all’Afghanistan, proprio il Paese dove nel marzo 2012, durante un attacco alla base italiana, dei colpi di granata la costringeranno all’amputazione della gamba destra; e Ambra, che danza con loro e le abbraccia sotto la pioggia come se la gioia in quel momento si moltiplicasse per tre. Non possiamo permetterci il peccato civile di mettere in un archivio quest’estate pazzesca, di enormi fatiche e straordinarie bellezze. Lo continuiamo a ripetere e non smetteremo di farlo: più sport per un Paese migliore. È urgente non perdere l’attimo. Rinforzare e sostenere le realtà associative che permettono ai ragazzi lo sport di base, che vuol dire non solo attività motoria, ma anche relazione con il proprio corpo, con l’altro, con il territorio. Allestire strutture, palestre, piscine, campetti in ogni città, per permettere ai più giovani di potersi educare al gioco sin da piccoli.
Lo sport di base è un bisogno primario
L’obiettivo non è diventare campioni, o professionisti, ma alzarsi dal divano e mettere in campo le energie racchiuse dentro il proprio corpo
Molti ragazzi che lasciano prematuramente la scuola potrebbero motivarsi davanti a una proposta alternativa, con un allenatore, un educatore che ci creda davvero. L’obiettivo non è diventare campioni, o professionisti, ma alzarsi dal divano e mettere in campo le energie racchiuse dentro il proprio corpo, la propria anima. E non da soli: con gli altri, magari guardando agli esempi meravigliosi di chi ce l’ha fatta anche partendo molti metri indietro dalla riga.
Avere una strada sportiva da percorrere che allontani scorciatoie pericolose, soprattutto nei contesti più difficili, è un dovere per le nostre città. L’educazione civica in classe, lo sport per strada e ovunque sia possibile devono diventare una battaglia di civiltà. Non è un gioco: è l’impegno per un diritto fondamentale per i nostri giovani e non soltanto per loro. E se vi viene un dubbio, riguardate quella foto!
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