
"No bassaran!": gli attivisti francesi che difendono la terra

13 ottobre 2021
La nostra realtà è un castello di sabbia. Letteralmente: cemento, strade, ceramiche, metallurgia, petrolio, vetro, telefonini. Esistono tutti anche grazie alla sabbia. Soprattutto quella di fiume. Secondo l’Onu, il consumo mondiale annuale è di 40 miliardi di tonnellate, ovvero il doppio di quanto tutti i fiumi del mondo riescano a produrre in 12 mesi. La crisi di questo bene esauribile attrae il crimine organizzato che ha la sua espressione peggiore in uno dei Paesi con la più rapida urbanizzazione nel globo: l’India.
Secondo il Network delle dighe, fiumi e genti del sud dell’Asia (Sandrp), negli ultimi due anni la mafia della sabbia ha causato la morte di 200 persone tra incidenti (in prevalenza lavoratori minorenni che cadono nei pozzi illeciti) e assassinii di giornalisti e militanti.
Ne abbiamo parlato con la geografa e ricercatrice indiana Kiran Pereira, che nel suo saggio Sand stories (Rhetority media, 2020) ha documentato con precisione la questione.
Pereira, cos’è la mafia della sabbia indiana?
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