Il mito della crescita verde

Alla Cop26 è mancata qualsiasi critica al modello economico di sviluppo responsabile della crisi climatica. Per l'ennesima volta le decisioni vincolanti sono state rimandate al prossimo anno. Di questo passo le emissioni nel 2030 non diminuiranno ma cresceranno del 13,7 per cento

Giuseppe De Marzo

Giuseppe De MarzoPoltiche sociali di Libera e coordinatore della Rete dei numeri pari

10 dicembre 2021

La Cop26 appena conclusa a Glasgow non ha assunto impegni concreti e non ha stilato un cronoprogramma di azioni puntuali per limitare a +1,5°C l’aumento medio della temperatura in questo secolo rispetto ai livelli preindustriali. Questo era l’obiettivo dichiarato. Per raggiungerlo si è deciso di tagliare le emissioni climalteranti del 45 per cento entro il 2030. Ma per l’ennesima volta le decisioni vincolanti sono state rimandate al prossimo anno. Di questo passo le emissioni nel 2030 non diminuiranno ma cresceranno del 13,7 per cento, denuncia il programma delle Nazioni unite per l’ambiente (Unep). 

I contributi “spontanei” dei Paesi, i cosiddetti Nationally determined contributions (Ndc), ci allontanano dal traguardo. L’Italia, ad esempio, per rispettare gli impegni sottoscritti alla Cop di Parigi nel 2015 dovrebbe tagliare del 92 per cento le proprie emissioni entro il 2030: più del triplo di quanto stabilito dal governo Draghi. Mantenere vivo l’obiettivo di 1,5 gradi è possibile solo se iniziamo da subito a tagliare le emissioni per arrivare a zero entro il 2050. Servono impegni e programmi precisi, progetti efficaci di riconversione ecologica che coinvolgano lavoratori, comunità e università pubbliche, bilanci e investimenti coerenti. Purtroppo, tutto questo è assente nel documento finale di Glasgow.

Cop26, le decisioni prese e quello che manca

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