21 gennaio 2022
Si è svolta questa mattina a Trento la prima udienza del processo scaturito dall’operazione Perfido che il 15 ottobre 2020 ha portato a galla l’esistenza in provincia di una presunta locale di ’ndrangheta. Un’organizzazione autonoma e operativa in tutto il territorio, facente capo alle cosche calabresi Serraino, Iamonte e Paviglianiti. E che, dopo essersi radicata nel Comune di Lona Lases (Tn) e aver preso il controllo del settore del porfido – il cosiddetto “oro rosso” –, si sarebbe infiltrata nel più ampio tessuto politico, istituzionale ed economico trentino. Al centro del primo processo per mafia in provincia di Trento (18 imputati in tutto: 15 in questo filone, 3 con riti alternativi e per cui il processo è già cominciato lo scorso 15 dicembre) non compaiono solo reati tipicamente mafiosi, ma anche la riduzione in schiavitù degli operai delle cave del porfido, reato per cui si procede davanti alla Corte d’Assise.
Il processo è partito in salita per via dell’emergenza sanitaria in corso. Prima il giudice Carlo Busato ha disposto che il processo procedesse a porte chiuse dopo che alcuni avvocati degli imputati avevano lamentato la mancanza di distanziamento per il covid (giornalisti, familiari e parti civili sono stati riammessi due ore dopo, accertato che l'aula non aveva raggiunto la capienza massima). Poi la discussione si è incagliata sul mancato videocollegamento dal carcere di Secondigliano dell’imputato Mario Giuseppe Nania, il braccio armato della cosca: ci sono due certificati covid, entrambi datati 13 gennaio (data iniziale del processo, posticipato proprio per ragioni sanitarie), uno positivo, l’altro negativo. Viene chiesto un chiarimento all’istituto penitenziario che conferma la negatività di Nania, nonché la sua decisione di rimanere nel reparto dedicato ai detenuti positivi, da cui l’impossibilità di garantirgli un collegamento da remoto nel processo.
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Al termine dell’udienza sono state ammesse tutte le parti civili che avevano deciso di costituirsi nel processo: il Comune di Lona Lases, la Provincia autonoma di Trento, l’associazione Libera, i sindacati Fillea-Cgil e Filca-Cisl, la società editrice del mensile QuestoTrentino, nonché (tramite l’avvocato Bonifacio Giudiceandrea) tre operai cinesi. Tra questi anche Hu Xupai, vittima nel 2014 di un violento pestaggio che aveva attirato l’attenzione sul settore del porfido.
Presente in tribunale anche il presidente della Commissione parlamentare antimafia Nicola Morra: "La mia presenza oggi, in una comunità che in passato non ha mai registrato processi per mafia, è doverosa. L'abbiamo già visto in Veneto dove un camorrista alla domanda 'Perchè qui?' ha risposto 'Perché sono più disonesti che da noi'. Società in cui il profitto è messo al primo posto sono società particolarmente esposte al contagio mafioso. Il fatto più eclatante, il pestaggio dell'operaio cinese, dimostra poi un sapiente raccordo con poteri locali che forse sul fronte delle concessioni nel settore del porfido non sono stati particolarmente attenti".
"Purtroppo nonostante l'inchiesta Perfido non è cambiato granché. Manca ancora un'autocritica da parte dell'imprenditoria del settore" Walter Ferrari - Coordinamento lavoratori porfido
D'accordo con lui anche Walter Ferrari del Comitato lavoratori porfido che da anni si batte per una regolarizzazione del settore: "La situazione più rilevante nella quale ci siamo imbattuti facendo una specie di supplenza sindacale sono stati proprio i trattamenti nei confronti dei lavoratori, diffusi in tutto il settore del porfido. Purtroppo nonostante l'inchiesta Perfido non è cambiato granché. Manca ancora un'autocritica da parte dell'imprenditoria del settore. Soprattutto, non c'è stato da parte dell'ente pubblico (Comune e Provincia) un forte intervento affinché i concessionari si assumessero direttamente le loro responsabilità".
Fuori dal tribunale, Libera e i sindacati locali hanno organizzato un presidio partecipato anche da alcuni consiglieri provinciali: "Non siamo quell'isola felice che ci hanno fatto credere di essere, ormai si sa che le organizzazioni criminali mafiose operano in settori tra i più disparati e sempre più spesso nel nord Italia e nel nord Europa. Spetta a noi, cittadini, istituzioni, categorie, mantenere alta l'attenzione e mettere in atto ogni strumento di controllo e prevenzione contro infiltrazioni mafiose nel nostro territorio", ha detto Paolo Zanella di Futura. La partecipazione della società civile è però "segno che c'è interesse e attenzione verso il rischio dell'infiltrazione criminale nella nostra Provincia", ha aggiunto Alex Marini del Movimento 5 stelle che da tempo si batte per l'istituzione di un Osservatorio provinciale sulla criminalità organizzata.
CAVEat! Il processo Perfido spiegato in un podcast realizzato da Libera Trentino
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