
Ius scholae e cannabis, voto rinviato alla prossima settimana

17 maggio 2022
Di lui dicono che butti giù tutto: piatti, bicchieri, regimi. Un rivoluzionario pasticcione. Srdja Popovic ha imparato quasi tutto ciò che sa a Belgrado, tra le fila di Otpor! (Resistenza!): movimento non violento che ha avuto un ruolo decisivo nella caduta di Slobodan Miloševic, l’ex presidente della Serbia e della Repubblica federale di Jugoslavia accusato di crimini di guerra. Popovi? era un diciottenne che voleva solo essere libero di ascoltare musica rock. Oggi insegna movimenti politici al Colorado college e in sei università degli Stati Uniti, dove vive da qualche anno. Candidato al Nobel per la pace nel 2012, è stato l’uomo che ha fatto dell’azione disobbediente un marchio e un sapere esportabile.
La guerra in Ucraina legittima il riarmo
Una delle sue tattiche preferite è l’umorismo, per esempio: c’è stato un periodo in cui la moglie di Miloševic indossava sempre un fiore bianco tra i capelli, così i ragazzi di Otpor! hanno avuto l’idea di metterne un paio sulla testa di alcuni tacchini che i poliziotti sono stati costretti a inseguire per le vie della città. "L’effetto è stato esilarante", ricorda Popovic. Fondamentale è l’ascolto per capire le battaglie a cui è interessata la gente: è il caso di Harvey Milk, il primo gay dichiarato che è riuscito a farsi eleggere a una carica pubblica della California solo dopo aver fatto propria la battaglia per la pulizia delle strade.
“Bisogna evitare un conflitto diretto con la Nato. Putin lo cerca disperatamente: dimostrerebbe che ha ragione, unirebbe la popolazione russa e anche la famiglia dei dittatori sparsi per il globo”
Canvas (acronimo di Centre for applied non violent action and strategies), l’organizzazione non profit e non governativa di cui è direttore esecutivo, ha lavorato con gli attivisti di oltre 40 Paesi. I legami con la rivoluzione delle rose in Georgia e con quella arancione in Ucraina gli hanno attirato le antipatie di Mosca. La notorietà è stata seguita anche da accuse e sospetti che lui considera parte del gioco: "Se mi avessero dato un euro per ogni volta che qualcuno ha accusato Canvas di essere al servizio di un governo straniero, guiderei una Porsche".
Il commento di Rosy Bindi: "La guerra in Ucraina è una follia"
Popovic non risparmia critiche alla Nato, di cui ha vissuto i bombardamenti, ma non crede sia tra le ragioni che hanno spinto il presidente russo Vladimir Putin a invadere l’Ucraina. Empatizza con i russi all’estero che stanno vivendo lo "stesso ostracismo e la stessa repulsione" che ha vissuto lui vent’anni fa, dopo Srebrenica, quando "essere serbo significava incontrare gente convinta che mangiassi croati per colazione e musulmani bosniaci per cena". Pensa che le tattiche non violente abbiano permesso agli ucraini di conquistare democrazia e libertà, "che ora sono costretti a difendere con le armi", e sono il motivo per cui Putin ha già perso la guerra: "Non si possono fermare i cannoni con i fiori, ma strategie non cooperative e pacifiche possono impedirgli di governare".
“La guerra ha reso evidente un fatto: se tolleriamo i regimi che violano i diritti umani è per via della dipendenza dalle fonti fossili. I Fridays for future hanno ragione: se non investiamo nelle rinnovabili il nostro pianeta non ha futuro”
La Nato ha qualche responsabilità in ciò che sta accadendo?
Il presidente russo non ha mai avuto paura della Nato ai propri confini. Ha paura del successo della democrazia in un Paese molto legato alla Russia e con un linguaggio simile. Da un lato, c’è una cleptocrazia in cui un ex agente dell’Fsb, il servizio di sicurezza federale russo, è al comando da oltre 20 anni. Circa 400 tycoon controllano il 50 per cento della ricchezza del Paese e un terzo della popolazione vive con pochi euro al giorno. L’unico modo di mantenere in piedi questo sistema corrotto è far sì che chi è al potere non debba dare conto del proprio operato. Dall’altro lato, c’è l’Ucraina: uno Stato in cui la maggior parte delle persone ha dimostrato a più riprese di volere libere e giuste elezioni. La prima volta nel 2003 e poi nel 2014, quando migliaia di cittadini sono scesi in piazza per protestare contro Viktor Janukovyc: il presidente fantoccio di Putin, costretto alla fuga. La rivoluzione di Maidan ha reso la democratizzazione e l’avvicinamento all’Unione europea irreversibili ed è stato allora che Mosca ha iniziato a temere. Proprio in quei giorni le truppe russe hanno invaso la Crimea.
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A trent'anni dalle stragi di Capaci e di via D'Amelio, lavialibera propone a lettrici e lettori un numero speciale: una riflessione a più voci sugli anni che ci separano dalla morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Un antidoto contro la retorica delle celebrazioni