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17 luglio 2025
L’immobilismo delle istituzioni europee su Gaza arriva in tribunale: giovedì 17 luglio, l’associazione francese Jurdi (Giuristi per il rispetto del diritto internazionale) ha depositato un ricorso per carenza contro la Commissione e il Consiglio presso la Corte di giustizia dell’Unione per “la grave e prolungata inerzia di fronte alle violazioni del diritto internazionale nel territorio palestinese occupato”. L’associazione aveva già presentato due diffide lo scorso maggio, rimaste inascoltate. Ora passa all’azione: “Nonostante la valanga di prove che documentano il genocidio in corso a Gaza – si legge nel comunicato – nessuna sospensione degli accordi di cooperazione, nessuna misura restrittiva e nessuna audizione urgente è stata decisa. Non è stata intrapresa alcuna azione per interrompere i finanziamenti e il trasferimento di tecnologie militari, in diretta violazione del diritto internazionale ed europeo”.
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In particolare, il ricorso sostiene che la Commissione e il Consiglio abbiano violato quattro principi il cui rispetto è legalmente vincolante: l’obbligo di prevenzione del genocidio, il dovere di rimuopvere gli ostacoli all’autodeterminazione del popolo palestinese, il divieto di riconoscere o supportare l’occupazione prolungata e l’obbligo di far rispettare il diritto internazionale umanitario di fronte a crimini di guerra e contro l’umanità. Si aggiunge poi la violazione del Trattato sul commercio delle armi, a cui tutti gli Stati membri dell’Unione aderiscono, e della Posizione comune 2008/944/PESC, che vietano il trasferimento di materiale bellico laddove c’è il rischio che venga utilizzato per commettere gravi violazioni del diritto umanitario. Dopo il 7 ottobre, diversi Stati membri tra cui l’Italia, come abbiamo raccontato in questo articolo, hanno deciso di interrompere l’emissione di nuove licenze di esportazione di armamenti verso Israele, mantenendo però quelle già attive.
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"Quando le istituzioni sanno, possono fare e non fanno niente, si chiama complicità passiva"Patrick Zahnd - Giuristi per il rispetto del diritto internazionale
L’obiettivo, ora, è che la Corte di giustizia riconosca ufficialmente queste violazioni e adotti provvedimenti per porre rimedio, incluse sanzioni. “Quando le istituzioni sanno, possono fare e non fanno niente, si chiama complicità passiva”, ha dichiarato il giurista Patrick Zahnd, presidente di Jurdi.
"Questo sarà ricordato come uno dei momenti più vergognosi della storia dell’Unione europea. La mancata sospensione dell'accordo è un crudele e illegale tradimento del progetto europeo, delle regole stesse dell’Unione e dei diritti umani dei palestinesi”Agnès Callamard - Amnesty International
Emblematico di questa inerzia è il dibattito sulla revisione dell’accordo di associazione Ue-Israele, percorso avviato ufficialmente a maggio su richiesta di più di 250 deputati europei e decine di organizzazioni della società civile, che però è ancora fermo a un nulla di fatto. Martedì 15 luglio, il Consiglio affari esteri ha rimandato ulteriormente la decisione: l’Alta rappresentante per la politica estera Kaja Kallas aveva presentato un ventaglio di possibili misure, dalla revisione parziale alla sospensione integrale dell’intesa, ma nessuna ha raccolto il sostegno necessario tra i rappresentanti dei 27 Stati membri. “Questo sarà ricordato come uno dei momenti più vergognosi della storia dell’Unione europea”, ha commentato Agnès Callamard, direttrice di Amnesty International, secondo cui la mancata sospensione dell’accordo rappresenta “un crudele e illegale tradimento del progetto europeo, delle regole stesse dell’Unione e dei diritti umani dei palestinesi”.
“Terremo queste opzioni sul tavolo e saremo pronti ad agire se Israele non manterrà gli impegni presi”, ha dichiarato Kallas a margine del Consiglio, precisando che “l’obiettivo non è punire Israele”. L’ex premier estone si è poi soffermata sui “segnali positivi” che arrivano dalla Striscia: “Sempre più camion e rifornimenti stanno raggiungendo Gaza, altri varchi sono stati aperti, alcune linee elettriche sono state riparate”. Silenzio, invece, sui quasi 900 palestinesi che, secondo le Nazioni Unite, sono stati uccisi negli scorsi mesi mentre aspettavano cibo e acqua nei punti di distribuzione della Striscia.
Eppure, lo stesso servizio diplomatico dell’Unione europea ha concluso, in una relazione riservata dello scorso 20 giugno ottenuta da euobserver, che “ci sono elementi che indicano che Israele starebbe violando i suoi obblighi in termini di diritti umani previsti dall’articolo 2 dell’accordo di associazione”. Sei in particolare le violazioni riscontrate a Gaza: il blocco o la limitazione degli aiuti umanitari, gli attacchi contro civili “con un numero significativo di vittime”, gli attacchi contro ospedali e strutture sanitarie, il trasferimento forzato, gli attacchi contro i giornalisti e la mancata cooperazione con la giustizia. Un documento che rimane, per ora, lettera morta, come quello stilato lo scorso novembre sotto la precedente Commissione che giungeva a conclusioni simili.
Intanto continua l’attacco senza precedenti agli organi che indagano sui crimini di Gaza: dopo la Corte penale internazionale, gli Stati Uniti di Donald Trump hanno imposto sanzioni contro la relatrice speciale per i territori palestinesi occupati Francesca Albanese, decisione che ha suscitato il “profondo rammarico” della Commissione europea. Lunedì 14 luglio, poi, i tre membri della Commissione internazionale indipendente d’inchiesta dell’Onu su Israele e il territorio palestinese occupato hanno rassegnato le dimissioni evocando ragioni personali ed escludendo “qualsiasi evento o pressione esterna”. La concomitanza con le sanzioni ad Albanese, però, lasciano spazio a dubbi.
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