Quattro attentati in un mese alla cooperativa che coltiva i terreni tolti alla 'ndrangheta

Obiettivo la cooperativa sociale Valle del Marro-Libera Terra che nella Piana di Gioia Tauro (Reggio Calabria) opera sui campi sequestrati alle cosche: "Attacchi alla giustizia sociale", sostengono i soci. Furti anche a Ramacca (Catania)

Toni Mira

Toni MiraGiornalista e componente del comitato scientifico de lavialibera

25 giugno 2025

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Sette ettari di grano biologico inceneriti da un incendio doloso. È il quarto atto intimidatorio in meno di un mese contro la cooperativa sociale Valle del Marro-Libera Terra che coltiva oltre cento ettari di terreni confiscati ai principali clan della ‘ndrangheta della Piana di Gioia Tauro, tra i comuni Oppido Mamertina, Rosarno, Rizziconi, Gioia Tauro e Taurianova, nomi che evocano il potere ’ndranghetista. Un'altra realtà di Libera Terra, la cooperativa Beppe Montana di Ramacca (Catania), ha subito ieri l'ennesimo furto.

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“Avevamo fatto le strisce tagliafuoco sul margine esterno dove passa una strada, per evitare incendi occasionali. Il fuoco è partito dall’interno del campo coltivato e non dalla strada, come ci hanno confermato i vigili del fuoco”Domenico Fazzari - presidente della cooperativa Valle del Marro-Libera Terra

La Valle del Marro, nata 21 anni fa su iniziativa della Diocesi di Oppido-Palmi e di Libera, col sostegno del Progetto Policoro della Cei per l’imprenditoria giovanile al Sud, fa parte del Consorzio Libera Terra Mediterraneo. La cooperativa sociale non è purtroppo nuova a queste gravi intimidazioni: incendi, tagli di ulivi secolari, furti, danneggiamenti ai mezzi agricoli. Fin dai primi giorni di attività. Ma quattro in meno di un mese preoccupano, anche per la tempistica delle azioni.

Meno di un mese fa – ci racconta il presidente della cooperativa, Domenico Fazzari – sono stati tagliati i tubi dell’impianto di irrigazione in tre terreni nel comune di Gioia Tauro, due coltivati a clementine e uno a kiwi. Sono anche state rubate componenti fondamentali degli impianti come desabbiatori, fertirrigatori, filtri e sfiati, rendendo di fatto impossibile l’irrigazione. Lo scorso 17 giugno, sempre nel territorio di Gioia Tauro, in località Pontevecchio, è stato incendiato un terreno coltivato a grano biologico, quasi pronto per la mietitura. “Avevamo fatto le strisce tagliafuoco sul margine esterno dove passa una strada, per evitare incendi occasionali. Non è stata sicuramente una cicca di sigaretta buttata da un’auto di passaggio. Il fuoco è partito dall’interno del campo coltivato e non dalla strada, come ci hanno confermato i vigili del fuoco”.

Intimidazioni come progetto criminale

Qualcuno vuole sicuramente danneggiare la cooperativa. Lo dimostra il fatto che lo scorso anno era stato incendiato un altro terreno coltivato a grano proprio di fronte a quello bruciato ora. E che anche il danneggiamento degli impianti irrigui si è già ripetuto nel passato. “Oltretutto – sottolinea Fazzari – oltre al danno economico diretto c’è anche quello indiretto, perché le piante vanno in sofferenza. E non è certo una coincidenza che abbiano scelto giorni di grande caldo, così come per l’incendio appiccato in un giorno di vento”. Quello al campo della cooperativa è l’unico incendio scoppiato in questi giorni nella zona. I soci hanno provato a difendersi oltre che con le strisce tagliafuoco, mettendo un cancello. “Ma un primo ce lo hanno distrutto e un secondo lo hanno rubato dalla sera alla mattina, con un danno di 900 euro. Così non lo abbiamo più messo”. È evidente un progetto criminale. “Ma perché? Non riusciamo a capire e per questo siamo ancor più preoccupati”, si sfoga Fazzari.

Beni confiscati, servono trasparenza e cooperazione

Forse perché la cooperativa è una bella realtà economica: oltre cento ettari di agrumeti, uliveti, kiwi, peperoncino, grano; dieci lavoratori a tempo indeterminati e 15 stagionali, tra i quali alcuni immigrati; un ostello e una bottega dove vendere i prodotti del Consorzio Libera Terra, in un palazzo confiscato alla cosca Versace di Polistena, che ospita anche il centro di aggregazione giovanile “Don Pino Puglisi” della parrocchia di Santa Marina Vergine, guidata da don Pino Demasi, “papà” della cooperativa. E più recentemente la partecipazione al progetto Seles (Scuola etica e libera di educazione allo sport), la scuola calcio nata nel 2013 a Gioiosa Jonica su iniziativa dell’Associazione don Milani, e rafforzatasi poi a Castelfranco Emilia e Polistena per offrire a bambini e ragazzi formazione sportiva di qualità, affiancata da percorsi di educazione alla legalità democratica, all’inclusione e alla cittadinanza attiva. Attualmente a Polistena vi partecipano 110 bambini.

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“Cambiare per restare, restare per cambiare”

Ora i quattro attentati arrivano in un momento “di svolta” per la cooperativa, ci dice ancora il presidente, “i contratti di assegnazione dei terreni in comodato d’uso gratuito stanno scadendo e noi speriamo siano rinnovati. Ma ci sono anche molti impianti da rinnovare perché le piante sono vecchie e poco produttive e anche una parte dei nostri mezzi agricoli andrebbe rinnovata”. Quindi proprio non ci volevano questi danneggiamenti che, tra raccolto di grano perso e impianti di irrigazione rubato e tagliato, avranno un costo non inferiore a 13mila euro, esclusa la manodopera per il ripristino.

“Questi atti non sono semplici danneggiamenti agricoli, ma veri e propri attacchi alla legalità ripristinata e alla giustizia sociale. La solidarietà concreta e il sostegno attivo sono le risposte più immediate a chi tenta, con la violenza e la paura, di frenare il cambiamento da tempo avviato”Antonio Napoli - socio della cooperativa

I soci e i lavoratori della cooperativa non intendono certo mollare ma chiedono un aiuto alla comunità. “Questi atti non rappresentano semplici danneggiamenti agricoli - spiega Antonio Napoli, uno dei soci -. Sono veri e propri attacchi alla legalità ripristinata e alla giustizia sociale. Chi attacca le coltivazioni, attacca l’esistenza stessa di un lavoro dignitoso. La solidarietà concreta e il sostegno attivo - è l’appello della Valle del Marro - sono le risposte più immediate a chi tenta, con la violenza e la paura, di frenare il cambiamento da tempo avviato”. Quando è nata la cooperativa aveva come slogan “Cambiare per restare, restare per cambiare” e non hanno certo cambiato idea. Non vanno lasciati soli.

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