Roma, 10/03/2023 - La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, incontra a Palazzo Chigi il primo Ministro dello Stato d'Israele, Benjamin Netanyahu.
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Chi fornisce le armi a Israele? L'Italia prende tempo, ma intanto acquista da Tel Aviv

Stati Uniti e paesi europei continuano a rifornire di armi l'esercito di Netanyahu, anche dopo l'avvio della guerra a Gaza. L'Italia è terza, dopo Usa e Germania. Anche se ha messo in stand by i nuovi contratti, è prossima ad acquistare un aereo spia da Tel Aviv

Redazione <br> lavialibera

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27 maggio 2025

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Dopo il 7 ottobre 2023, alcune nazioni europee hanno interrotto la fornitura di armamenti o sospeso le licenze di esportazione verso Israele. Tra queste, Francia, Spagna e Regno Unito, sebbene i loro contributi siano inferiori allo 0,1 per cento del totale delle importazioni di Tel Aviv. La Spagna ha chiesto ai paesi europei l’immediata sospensione dell’esportazione di armi a Israele, mentre cresce la condanna internazionale sulla condotta militare del governo guidato da Benjamin NetanyahuGaza.

Genocidio a Gaza, il dovere di dire basta

Affinché l’embargo funzioni è però richiesta l’adesione dei tre principali esportatori d’armi: Stati Uniti, Germania e Italia. Secondo il report dello Stockholm international peace research institute (Sipri), pubblicato lo scorso marzo, le tre nazioni sono infatti responsabili per la quasi totalità della fornitura d’armi a Israele.

Armi a Israele, Usa in vetta

Gli Stati Uniti sono il principale fornitore d’armamenti a Israele, anche dopo gli attacchi del 7 ottobre del 2023. Nonostante la fornitura nell'ultimo decennio sia diminuita, secondo i dati Sipri le armi inviate da Washington hanno comunque rappresentato circa i due terzi delle importazioni israeliane dal 2020 al 2024 (fino al 2020, erano il 90 per cento del totale). In forza del rapporto speciale con gli Usa, Israele è anche il principale beneficiario degli aiuti statunitensi.

Secondo i dati Sipri, dal 2020 al 2024 le armi inviate da Washington hanno rappresentato circa i due terzi delle importazioni israeliane 

Oltre a un sostanziale contributo economico tra il 1946 e il 2024, per la spesa militare Israele ha ricevuto da oltreoceano 228 miliardi di dollari (200 miliardi di euro), che includono anche un accordo per l'acquisto di equipaggiamenti e servizi militari americani dal valore di 3,8 miliardi di dollari fino al 2028, come si evince dai dati forniti dal Council on foreign relations, un ente apartitico con sede negli Stati Uniti. 

Per la guerra israeliana a Gaza e le successive azioni militari in Iran, Libano, Siria e Yemen, Israele ha fatto affidamento in gran parte sulle armi statunitensi ricevute prima del 7 ottobre 2023, in particolare aerei da combattimento. Tuttavia, ha continuato a ricevere dagli Usa cospicui aiuti militari per tutto il 2024, inclusi missili, bombe guidate e veicoli blindati: dei 61 aerei da combattimento in attesa di consegna, 50 sono stati ordinati nel 2024.

Armi, un traffico troppo spesso dimenticato

È improbabile che Washington faccia venire meno il suo sostegno a Israele: i tentativi di trattenere miliardi di dollari di forniture militari al governo israeliano, promossi dal senatore indipendente Bernie Sanders, sono stati respinti dal senato americano a novembre 2024 e aprile 2025.

Armi a Israele: Germania, alleato affidabile

La Germania è da tempo sostenitrice diplomatica e militare di Israele: basti pensare che tra il 2020 e il 2024 ha fornito circa un terzo delle armi utilizzate da Israele, principalmente fregate e siluri, ma anche veicoli blindati, camion, armi anticarro e munizioni. Il ruolo della Repubblica tedesca nell’export di armi a Israele è cresciuto esponenzialmente negli ultimi dieci anni, passando dal 5,9 per cento del 2016, all'attuale 33 per cento.

La Germania tra il 2020 e il 2024 ha fornito circa un terzo delle armi utilizzate da Israele

Nonostante le richieste di embargo da parte della Spagna, è improbabile che la postura di Berlino cambi. “In quanto paese che considera la sicurezza e l'esistenza di Israele un principio fondamentale, la Germania è sempre tenuta ad assistere Israele”, ha dichiarato il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul.

Armi a Israele, il ruolo dell’Italia

Secondo il report, tra il 2020 e il 2024, l'Italia ha contribuito per circa l'1 per cento alla fornitura di armi a Israele. Il 21 maggio le opposizioni hanno presentato alla Camera dei deputati una mozione inerente l’evoluzione della situazione in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza soffermandosi, tra le altre cose, sulla possibilità di interrompere ogni rapporto di cooperazione e accordo militare con Israele e la relativa industria bellica. 

L'Italia che a(r)ma i regimi

In particolare, la mozione – che come era prevedibile è stata respinta – chiedeva di sospendere “urgentemente, ove in essere, le autorizzazioni di vendita di armi a Israele” concesse prima della dichiarazione dello stato di guerra dell'8 ottobre 2023, nonché a provvedere “all'immediata sospensione dell'importazione degli armamenti da Israele”. Pur nel rispetto formale delle norme, l'Italia infatti non ha concesso nuove autorizzazioni ma ha tenuto in vita alcuni accordi stipulati prima del 7 ottobre 2023 e ha aumentato notevolmente le sue importazioni. 

Il 21 maggio le opposizioni hanno presentato una mozione per chiedere di interrompere ogni rapporto di cooperazione e accordo militare con Israele e la relativa industria bellica

La stessa mattina del 21 maggio, il direttore dell'Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento (Uama) del ministero degli Affari esteri, Giorgio Aliberti, ha spiegato in commissione Difesa che “per quanto riguarda le esportazioni di armi verso Israele, l’approccio del governo è stato fin da subito e resta oggi in linea con la normativa nazionale, europea e internazionale”. Aliberti ha specificato che dopo il 7 ottobre 2023, giorno dell’attacco di Hamas nel territorio di Israele, “abbiamo sospeso di fatto tutte le autorizzazioni alle esportazioni di armi verso Israele e la sospensione prosegue tuttora. Per quanto riguarda le licenze anteriori al 7 ottobre, è stata effettuata una circostanziata valutazione caso per caso in base alle caratteristiche dei materiali e nel rispetto della normativa di riferimento”. Lo stesso Aliberti ha aggiunto che le altre licenze di esportazione autorizzate prima del 7 ottobre 2023 non sono state sospese “in quanto i materiali non presentano caratteristiche tali da poter essere impiegati contro le popolazioni civili a Gaza, in Cisgiordania e in Libano”. Ne restano quindi attive una decina, stipulate prima del 7 ottobre 2023: sono bastate quelle perché, secondo dati Istat riportati durante l'audizione dal senatore Alessandro Alfieri (Pd), nel 2024 l'Italia abbia esportato materiali classificati alla voce "armi e munizioni" verso Israele per un valore di 5,2 milioni di euro.

Più spese militari, meno diritti sociali e giustizia ecologica

A nulla invece è valso l'attacco di Israele su Gaza per fermare le importazioni di armamenti da Israele. Come si legge nella relazione stilata a marzo 2025 dalla camera dei deputati, nel 2024, rispetto all’anno precedente, Israele è  anzi salito dalla settima alla seconda posizione come paese di provenienza, con 42 autorizzazioni per un valore di circa 155 milioni di euro e un’incidenza pari al 20,83 per cento del totale. Un incremento considerevole, visto che nel 2023 era al 2,52 per cento, con circa 31 milioni 545mila euro. Sul punto, Aliberti ha osservato che “gli obblighi internazionali non prevedono disposizioni” e “la legge 185 non prevede una valutazione di merito sulla provenienza dei materiali, concentrandosi sull’utilizzo finale degli stessi”, aggiungendo che “le importazioni da Israele sono avvenute in linea con l’esigenza di sicurezza nazionale e gli interessi economici delle imprese italiane”.

Armi a Israele, Italia a rischio trasparenza

La legge a cui fa riferimento Aliberti è la n.185 del 9 luglio 1990, che vieta la vendita di armi a paesi in guerra o che violano i diritti umani. Una norma che l’esecutivo sta cercando di riformare attraverso il ddl n. 1730, volto a cancellare alcuni passaggi che oggi garantiscono trasparenza sulle esportazioni. La norma attuale prevede, infatti, che annualmente il parlamento presenti una relazione dettagliata su volumi, tipologie di armamenti, paesi destinatari, produttori e soggetti finanziatori dell’export di armi fabbricate in Italia.

In Italia, la legge 185/1990 vieta la vendita di armi a paesi in guerra o che violano i diritti umani

La proposta di modifica, tra le altre cose, punta a eliminare un passaggio fondamentale, ossia la pubblicazione dell’elenco delle banche attraverso le quali avvengono le transizioni finanziarie relative al commercio degli armamenti. Ciò significa rendere meno trasparenti gli enormi movimenti di denaro. Un anno fa, intervenendo sulla questione, la deputata del Pd Laura Boldrini aveva detto: “I cittadini e le cittadine hanno diritto di sapere e di scegliere in modo consapevole a quale banca affidare i propri risparmi”.

Contro la revisione della norma si è schierata anche Libera, secondo cui il ddl, oltre a minare la trasparenza, rischia di favorire fenomeni criminali, aprendo spazi all’infiltrazione delle mafie nel traffico internazionale di armamenti.

Armi a Israele, la difesa di Crosetto

Durante la discussione in aula della mozione, ha preso la parola il deputato di Alleanza verdi e sinistra (Avs) Marco Grimaldi, reduce da un viaggio nella Striscia: “La domanda è semplice – ha detto rivolgendosi al ministro della Difesa Guido Crosetto – perché facciamo ancora affari con questo Stato? Perché Israele è un Paese amico? Lei si ritiene amico di questi criminali di guerra”. La risposta di Crosetto ricalca la posizione assunta negli ultimi tempi dai rappresentanti della maggioranza, che si può riassumere così: l’Italia è con Israele ma non con Nethanyahu. “Sì, io mi ritengo amico di Israele come della Palestina e distinguo Israele dalle scelte del governo attuale, che, come ho avuto modo di ribadire oggi, non condivido”.

Nessuna pace senza disarmo

Riguardo alle armi vendute dall’Italia a Israele, Crosetto ha spiegato che “il governo rispetta con rigore la normativa nazionale e internazionale in materia di esportazione di armamenti, nello specifico la legge n. 185”, e ha sospeso “la concessione di nuove autorizzazioni di esportazione. (…). Abbiamo adottato un approccio cauto, equilibrato e particolarmente restrittivo”. Sulle importazioni di tecnologia militare israeliana, Crosetto si è soffermato sul velivolo Gulfstream G550, un aereo spia progettato e costruito in Israele che il governo ha già deciso di acquistare.

"Di recente si è concluso l'iter di approvazione parlamentare per l'implementazione della suite operativa Multi-missione multi-sensore, che ne amplia ulteriormente l'output operativo. Il programma in questione (…) prevede in particolare la realizzazione di tre versioni della citata suite, di cui solo una, che è denominata Caew, particolarmente necessaria alla difesa, prevede componentistica di emissione israeliana. Allo stato attuale (…) in attesa di ulteriori valutazioni risultano sospese le integrazioni dei mission system di cui sopra, quelle relative alla variante Caew, proprio in ragione dell'origine israeliana della componentistica".

Conferenza Stati contro armi nucleari, Italia assente

Grimaldi, sempre rivolgendosi a Crosetto, ha concluso così il suo intervento: “Lei ha sostenuto che l'Italia invia solo materiale che non può nuocere alla popolazione civile, cioè munizioni e pezzi di ricambio per sistemi d'arma forniti a un esercito impegnato in uno sterminio. Valuti lei”. La mozione è stata respinta. 

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