La bomba termonucleare Mark 17 (Kelly Michals/Flickr)
La bomba termonucleare Mark 17 (Kelly Michals/Flickr)

Conferenza Stati contro le armi nucleari, Italia assente. Ican: "Rischio mai così alto dalla Guerra fredda"

Il 27 novembre inizia a New York la seconda conferenza degli Stati che aderiscono al Trattato di proibizione delle armi nucleari (Tpnw). Il governo italiano non parteciperà. Högsta a lavialibera: "Ha perso l'occasione di stare dalla parte giusta della storia"

Rosita Rijtano

Rosita RijtanoGiornalista

23 novembre 2023

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"Il rischio dell'uso di armi nucleari non è mai stato così alto dalla Guerra fredda". Lo dice a lavialiberaDaniel Högsta, vicedirettore dell'International campaign to abolish nuclear weapons (Ican), coalizione della società civile per l'abolizione delle armi nucleari, che ha vinto il premio nobel per la pace nel 2017. Högsta ha fatto tappa in Italia per supportare la richiesta di Italia ripensaci, una campagna promossa da Rete italiana pace e disarmo e Senzatomica che ha chiesto al nostro governo di partecipare come osservatore alla conferenza degli Stati aderenti al Trattato di proibizione delle armi nucleari (Tpnw). È il primo trattato internazionale che dichiara illegali le armi nucleari adottato da una conferenza delle Nazioni unite. 

"La logica della deterrenza non solo è folle ma non ha funzionato: ha alimentato instabilità e sfiducia tra le nazioni. Oggi il rischio di utilizzo di armi nucleari non è mai stato così alto dalla Guerra fredda"

Entrato in vigore nel 2021, dopo la ratifica di 50 stati, e accolto con favore dall’opinione pubblica, il Tpnw non trova d’accordo i nove paesi che hanno armi nucleari – Stati uniti, Russia, Regno unito, Francia, Cina, India, Pakistan, Israele e Corea del Nord – così come molti dei loro alleati. Ecco perché l’articolo otto del testo prevede che gli stati parti si riuniscano per promuovere azioni collettive, con l'obiettivo di raggiungere gli scopi del trattato. La prima conferenza si è svolta lo scorso anno, mentre il secondo appuntamento si terrà la prossima settimana, nel palazzo di vetro delle Nazioni unite, a partire da lunedì 27 novembre. Oggi l'Italia ha fatto sapere che non parteciperà, perdendo l'occasione di "stare dalla parte giusta della storia", dice Högsta.

Concetti ripresi anche dai partner italiani di Ican: "Rete italiana pace disarmo e Senzatomica esprimono delusione per la scelta annunciata oggi dal governo italiano, che in questo modo si autoesclude da uno dei percorsi più concreti di disarmo nucleare globale", hanno scritto in una nota Daniele Santi (presidente di Senzatomica) e Francesco Vignarca (coordinatore campagne di Rete pace disarmo), aggiungendo: "Noi saremo comunque presenti a New York la prossima settimana, per lavorare insieme a governi, società civile internazionale, popolazioni colpite da uso e test di armi nucleari al fine di fare ulteriori passi avanti verso la messa al bando di questi ordigni. In quella sede rappresenteremo la grande maggioranza delle italiane e degli italiani favorevole all'eliminazione del pericolo nucleare".

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Högsta, che significato ha per lei la posizione adottata dal nostro paese?
È sintomatica dell'ipocrisia degli Stati nei confronti del tema. Da un lato, l'Italia dice di essere a favore del disarmo e di supportare il trattato di non proliferazione delle armi nucleari. Dall'altro, ospita sul proprio territorio almeno 40 testate nucleari alleate nelle basi militari di Ghedi e Aviano. Armi che sono una diretta minaccia per la popolazione italiana.

Quale, invece, la direzione da intraprendere?
La partecipazione alla conferenza delle Parti del Tpnw sarebbe stato un primo passo. Qui saranno discussi alcuni elementi chiave del trattato, come le strategie da adottare per fare pressione sui paesi che detengono ancora questo tipo di armi, ma anche per supportare le comunità che sono state più colpite dai test nucleari in nord Africa, Kazakistan e oceano Pacifico, dove intere isole sono scomparse per via dei bombardamenti. Popolazioni che non hanno ancora ricevuto l’adeguato riconoscimento, né forme di compensazione, per i danni che hanno subito. Le radiazioni ionizzanti hanno effetti sulla salute a lungo termine. L'Italia avrebbe potuto portare un importante contributo, visto che in passato è stato un paese leader nel disarmo, anche nel campo delle mine terrestri e delle munizioni a grappolo. Non sarebbe sola nell'Alleanza atlantica, già Germania e Norvegia si sono espresse a favore del trattato e hanno partecipato alla conferenza dello scorso anno. Nel medio-lungo periodo, invece, il governo italiano dovrebbe essere trasparente nei confronti dei cittadini sulle armi nucleari presenti nel paese, e sul grado di coinvolgimento dei propri militari in caso di attacco. 

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Pensa che il tema riceva oggi la giusta considerazione?
Con la fine della Guerra fredda, si è diffusa la convinzione che le armi nucleari non siano più un rischio. Anzi, molti governi hanno promosso l'idea che possano essere sfruttate per ragioni di sicurezza nazionale come deterrente. Fino ad arrivare alla situazione odierna, in cui i nove Stati dotati di armi nucleari continuano a investire nel settore sempre più risorse economiche, modernizzando i loro arsenali, e sviluppando nuove tecnologie. Non solo. Coinvolgono nel sistema anche i loro alleati, come l’Italia, il Belgio, e la Germania: tutti paesi che ospitano gli arsenali, accettandoli, e rendendosi complici del problema. C'è poi una dozzina di Stati, l’ultima la Bielorussia, che rivendica il nucleare a fini di sicurezza nazionale. Una normalizzazione che passa anche dal linguaggio: sentiamo, per esempio, parlare di deterrente nucleare e non di armi nucleari. O di nucleare tattico, un’assurdità. Un esempio: uno studio ha dimostrato che se ci fosse una piccola guerra nucleare tra India e Pakistan, due stati che dispongono dell'atomica e sono da tempo in conflitto, ci sarebbero delle devastanti conseguenze a livello climatico, di cui risentirebbe anche l'agricoltura: 2.5 miliardi di persone nel mondo rischierebbero la fame. Le armi nucleari sono un problema globale e i loro effetti non riguardano solo le nazioni che le possiedono. La cosiddetta logica della deterrenza non solo è folle ma non ha funzionato: ha alimentato instabilità e sfiducia tra Stati. Oggi il rischio di utilizzo di armi nucleari non è mai stato così alto dalla Guerra fredda. 

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Con l’invasione russa dell’Ucraina abbiamo visto chiaramente che le armi nucleari possono essere usate in modo aggressivo. La Russia ha minacciato di ricorrervi se altre potenze fossero intervenute nel conflitto: un ricatto inaccettabile e preoccupante. A Gaza, il fatto che Israele disponga di armi nucleari aggiunge un ulteriore elemento di instabilità. Nelle scorse settimane il ministro del patrimonio culturale di Israele (poi sospeso, ndr) ha dichiarato che l’uso dell’atomica sulla Striscia può essere considerata un’opzione. Un linguaggio irresponsabile e pericoloso.

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