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11 settembre 2025
A fine novembre 2022 lavialibera ha pubblicato una fotoinchiesta dal titolo Sumud, resistere per esistere a Gaza, con testo di Carlo Ruggiero e fotografie di Alessandro Levati. Un lavoro sul campo che, anche attraverso riprese video poi montate in un breve documentario, raccontava la vita quotidiana degli oltre due milioni di palestinesi residenti nella Striscia, controllata da Hamas e sotto la morsa del blocco israeliano dal 2007.
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Un anno dopo la pubblicazione di quel reportage, a seguito degli attentati del 7 ottobre 2023, con l'inizio della campagna israeliana che per molti esperti configura un genocidio a Gaza è cominciata un’altra storia e oggi speranza e resistenza hanno lasciato il passo alla lotta per sopravvivere. Abbiamo provato a capire che fine avessero fatto le persone intervistate e fotografate dai due autori, tra cui bambine e bambini, ragazze e ragazzi che fantasticavano sul loro futuro e immaginavano la pace.
In questi anni di guerra Ruggiero ha cercato di mantenere i contatti, con fortune alterne: “Subito dopo il 7 ottobre – racconta a lavialibera – ho contattato su Whatsapp alcune delle persone che avevamo incontrato a Gaza, di tante altre ho perso le tracce. Molte si trovano ancora nella Striscia, poche sono andate via, come Mohammed Almajdalawi, che viveva nel campo profughi di Jabalia e collaborava con alcune organizzazioni internazionali. Grazie a questi agganci è riuscito a uscire insieme alla sua famiglia e raggiungere l’Italia. Sua figlia è malata ed è stata curata all’ospedale di Firenze”.
“Tutti hanno perso qualcosa, la casa, i propri cari. Oggi vivono di espedienti, alcuni sembrano essere invecchiati di colpo, nei loro volti vedo grande sofferenza"
“Tutti hanno perso qualcosa – aggiunge Ruggiero – la casa, i propri cari. C’è chi si è spostato da nord a sud, per poi fare ritorno a Gaza City. Oggi vivono di espedienti, alcuni sembrano essere invecchiati di colpo, nei loro volti vedo grande sofferenza. Dopo i primi attacchi dell’Idf (l’esercito israeliano ndr) ho cercato di intervistarli, alcuni hanno chiesto aiuto, denaro per ricostruire le loro case, poi queste richieste si sono esaurite. Devo essere sincero, a un certo punto ho cominciato a provare imbarazzo perché non sapevo più cosa scrivere. Sappiamo tutti cosa sta succedendo e domande del tipo “Come stai?”, “Va tutto bene?” sembrano fuori luogo. Per molto tempo tanti non hanno avuto connessione internet, adesso c’è chi fa dei video e li posta sui social, chi ha smesso di pubblicare temo non ce l’abbia fatta”.
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Uno dei videomaker più attivi è Rajab Al Reefi, un ragazzo che nel reportage del 2022 insegnava skate ai bambini e sognava di diventare un professionista della specialità. Sul suo profilo Instagram si riconosce lo skate park fotografato tre anni fa, adesso circondato dalle macerie, realizzato grazie al contributo dell’associazione milanese Gaza Freestyle, che per quanto possibile continua a mantenere i contatti con i giovani del posto. “Rajab non ha mai smesso di andare sullo skate, ma intanto si è specializzato nelle riprese video. Ha pure attivato una raccolta fondi per continuare a fare il suo mestiere”, dice Ruggiero.
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Un altro personaggio intervistato nel 2022 è Zakaria Baker, direttore del dipartimento dei pescatori: aveva denunciato gli attacchi delle motovedette israeliane, che vietavano alle barche palestinesi di spingersi oltre le quattro miglia nautiche. “Di lui non ho nessuna notizia – spiega Ruggiero – era considerato un uomo vicino ad Hamas e quindi un obiettivo dell’esercito israeliano, immagino sia morto. Avevo parlato anche con il responsabile governativo delle acque, un signore di 60 anni anche lui considerato un terrorista”.
Tre anni fa scrivevamo che Sumud significa fermezza, perseveranza, ma anche resilienza o resistenza. Una parola che richiama all'azione, ma non per forza alla lotta armata. Per il popolo palestinese è una sorta di strategia politica, un valore culturale. “Tutto questo oggi è messo a dura prova – osserva Ruggiero – ma già nel 2022 era chiaro che qualcosa da lì a breve sarebbe successo, Gaza era una polveriera”.
“Subito dopo il 7 ottobre sono stato contattato da alcune emittenti televisive, tutte volevano sapere della devastazione, dei morti, a nessuno importava del contesto"
“Subito dopo il 7 ottobre – conclude Ruggiero – sono stato contattato da alcune emittenti televisive, tutte volevano sapere della devastazione, dei morti, a nessuno importava del contesto. Come se tutto quello che c’era prima oggi non contasse più nulla. Spesso penso al quartiere Ramal, una delle migliori zone di Gaza, che è stato raso al suolo così come l’albergo dove avevamo alloggiato. Quando vedo le immagini satellitari mi metto le mani sui capelli. È stato come fare un lavoro a Hiroshima poco prima che sganciassero la bomba atomica”.
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