Rappresentanti della commissione Ecomafie durante il sopralluogo alla Sra di Polla (Foto dalla relazione conclusiva)
Rappresentanti della commissione Ecomafie durante il sopralluogo alla Sra di Polla (Foto dalla relazione conclusiva)

Rifiuti in Tunisia, la commissione Ecomafie accusa la Regione Campania

La Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, presieduta da Stefano Vignaroli, ha pubblicato la relazione sul caso dei container di rifiuti partiti da Salerno per il porto di Sousse

Redazione <br> lavialibera

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20 settembre 2022

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Nel traffico di rifiuti campani verso la Tunisia, ci sono le responsabilità delle aziende, sì, e del console tunisino a Napoli, ma a queste si aggiungono la “superficialità e negligenza” di alcuni funzionari della Regione Campania. Ai funzionari pubblici italiani sarebbe bastato consultare il sito della Convenzione di Basilea, che regola i trasferimenti di rifiuti, per sapere a quale autorità tunisina chiedere le eventuali autorizzazioni per l'invio degli scarti. Sono queste alcune delle accuse contenute nella relazione finale sul traffico illecito di rifiuti in Tunisia, condotta dalla commissione Ecomafie presieduta dal deputato Stefano Vignaroli, mentre la procura di Potenza (a cui la Cassazione ha riconosciuto la competenza territoriale) prosegue l’indagine penale.  .

Il caso dei rifiuti campani in Tunisia

"La società Sra ha spedito in Tunisia circa 7.900 tonnellate di rifiuti per smaltirli a un prezzo quattro volte più basso di quanto corrisposto per il suo smaltimento in Italia”Relazione conclusiva

Si tratta di un’indagine parlamentare sul caso internazionale dei 282 container di rifiuti partiti dall’azienda Sviluppo risorse ambientali di Polla (Salerno) e arrivati a Sousse (Tunisia), un caso che ha scosso la nazione maghrebina portando, alla fine del 2020, all’arresto dell’allora ministro dell’Ambiente Mustapha Aroui e altre persone. Circa 7.900 tonnellate di rifiuti non più riutilizzabili, provenienti dalla raccolta differenziata di alcuni comuni delle province di Salerno e di Potenza, sono finite al porto di Sousse e da lì dovevano andare in un impianto di recupero gestito dalla Soreplast. L'importazione di rifiuti domestici è vietata dalla legislazione tunisina e dalle convenzioni internazionali, ma i carichi furono presentati dall'azienda importatrice come rifiuti plastici "non pericolosi" e riuscirono comunque ad arrivare sulle coste tunisine. Il punto è che l’impianto di recupero era inesistente e la società tunisina che aveva stretto l’accordo con quella salernitana avrebbe sversato tutto in una discarica.

In questa maniera la Sra risparmiava sui costi e la Soreplast ci guadagnava qualcosa: l’operazione di recupero costava 48 euro (più cinque euro di ecotassa) per ogni tonnellata, anche se poi, effettivamente, i rifiuti venivano sversati in una discarica per un costo reale di sei euro a tonnellata, molti meno rispetto ai 205 euro a tonnellata previsti per lo smaltimento in Italia. “In sostanza, attraverso l’artifizio di dichiarare recuperabili i rifiuti Cer 191212 (la categoria di riferimento, ndr), rifiuti che in realtà non lo erano, la società Sra ha spedito in Tunisia circa 7.900 tonnellate di scarti per smaltirli a un prezzo quattro volte più basso di quanto corrisposto per il suo smaltimento in Italia”, riassumono i parlamentari nella relazione. La società Sviluppo risorse ambientali ha sempre respinto le accuse nei suoi confronti.

I rifiuti campani scuotono il governo tunisino

Le responsabilità della Regione Campania

Se la regione Campania si fosse interfacciata con la corretta autorità competente tunisina, la Dgeqv, avrebbe scoperto che la società tunisina Soreplast aveva un’autorizzazione falsa e non disponeva degli impianti necessari per il recupero dei rifiuti"

In questa operazione, oltre alle due aziende e agli indagati dalle autorità tunisine, la commissione Ecomafie ha individuato altre complicità e si è focalizzata soprattutto sulle colpe dei funzionari regionali che hanno autorizzato la spedizione sulla base delle informazioni fornite dalla Sra e dal console tunisino a Napoli che, “secondo informazioni giornalistiche, sarebbe coinvolto nel traffico di rifiuti”.

“Tutto questo non sarebbe accaduto, se la regione Campania avesse consultato – com’era suo dovere – il sito web della Convenzione di Basilea dove sono indicate le autorità competenti di ogni Stato che vi aderisce (i cosiddetti focal point), accertando, quindi, che per la Tunisia il funzionario ivi indicato nel focal point è il dott. Abderrazak Marzouki, direttore della prevenzione rischi”. Avrebbero scoperto così che l’autorità competente non era l’Agenzia tunisina di gestione dei rifiuti (Anged), indicata anche dal console tunisino, ma la Direzione generale per l’ambiente e la qualità della vita (Dgeqv), che si interessa dei carichi in arrivo dall’estero a differenza della prima.

In questo potevano scoprire che i documenti forniti dall’azienda di Polla non erano corretti. “Sfido chiunque a trovare nella convenzione di Basilea i dati che indicano i riferimenti delle autorità competenti dei diversi Stati”, ha risposto il 17 febbraio scorso, alla domanda del presidente Vignaroli, il funzionario della regione Campania V. A., responsabile del procedimento per l’autorizzazione italiana alla spedizione dei rifiuti. Secondo la commissione Ecomafie, però, sarebbe bastato consultare il sito della Convenzione. Da qui in poi, sarebbe crollato tutto il castello di carte: “Se la regione Campania – prima del rilascio dell’autorizzazione – si fosse interfacciata con la corretta autorità competente tunisina, la Dgeqv, avrebbe scoperto che la società tunisina Soreplast aveva un’autorizzazione falsa e non disponeva degli impianti necessari per il recupero dei rifiuti, con la conseguenza che i funzionari della regione Campania non avrebbero mai rilasciato l’autorizzazione alla Sra srl per spedire i rifiuti in Tunisia, creando un vero caso tra due Paesi del Mediterraneo”.

C’è poi un altro aspetto a dimostrare “la superficialità e la negligenza dell’istruttoria svolta dai funzionari della regione Campania” e riguarda l’omissione delle verifiche amministrative e tecniche: “Non si comprende – si legge ancora nella relazione – per quale motivo la Regione Campania abbia emesso un decreto di autorizzazione per spedire in Tunisia un rifiuto, quando i loro stessi documenti indicavano che il rifiuto non poteva essere recuperato”.

Rifiuti campani in Tunisia, anche l'Ue vuole vederci chiaro

A lungo, segnala inoltre la commissione parlamentare, i tecnici dell’Agenzia regionale per l’ambiente (Arpac) non hanno potuto effettuare controlli all’interno dello stabilimento della Sra. Agli esperti è stato negato l’accesso all'impianto. Soltanto grazie al sopralluogo dei parlamentari, l’Arpac è potuta entrare nella struttura di Polla, proseguendo “il sopralluogo in modo più approfondito” e rilevando una serie di irregolarità nella gestione.

Che fine hanno fatto i rifiuti?

Ben 213 container, i 212 rimasti a lungo stoccati sulle banchine del porto di Sousse e uno contenente i residui dei rifiuti andati a fuoco, sono tornati in Campania. Arrivatii al porto di Salerno, sono stati trasportati il 28 maggio scorso in una struttura del ministero della Difesa in una località chiamato Persano, nel comune di Serre “per essere caratterizzati (cioè analizzati, ndr), e successivamente smaltiti correttamente”. A monitorare tutto sarà la Regione Campania, ma non la stessa struttura che aveva rilasciato le autorizzazioni alle spedizioni. A seguire le attività ci sarà anche un consulente tecnico della procura di Potenza. Lo stoccaggio dei rifiuti nell'area, però, nei mesi scorsi ha sollevato le proteste di amministratori locali e parlamentari dell'opposizione.

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