Una bandiera della pace. Francesca Magurno/Unsplash
Una bandiera della pace. Francesca Magurno/Unsplash

Guerra in Ucraina, la pace a tutti i costi

Mentre in Ucraina si continua a combattere, avanza la minaccia di una catastrofe nucleare. È il momento di mobilitarsi per chiedere il cessate il fuoco, giustizia sociale e ambientale. Ecco perché la manifestazione del 5 novembre, cui aderisce anche lavialibera, è importante

Giuseppe De Marzo

Giuseppe De MarzoPoltiche sociali di Libera e coordinatore della Rete dei numeri pari

2 novembre 2022

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La pace è la priorità di tutte e tutti e per ottenerla bisogna sempre essere pronti. Oggi invece, a distanza di mesi dall’inizio della guerra in Ucraina, il conflitto non solo non accenna a diminuire ma si corre il pericolo di una escalation, che potrebbe culminare con una catastrofe nucleare. Questo è il momento di mobilitarsi per chiedere il cessate il fuoco, ma non solo: è urgente creare un nuovo percorso partecipato, che assicuri giustizia sociale e ambientale alle nuove generazioni. Ecco perché la manifestazione per la pace del 5 novembre (a cui parteciperà anche lavialibera, ndr) è importante. 

L'appuntamento è dalle ore 11 alle 12:30 in Piazza Vittorio Emanuele II con l'assemblea nazionale "Non per noi ma per tutte e tutti" promossa dalla Rete dei Numeri Pari insieme a centinaia di realtà sociali e sindacali. Al termine dell’assemblea ci si trasferirà a Piazza dell'Esquilino in attesa dell’arrivo del corteo di Europe for Peace per entrare nel fiume pacifista e proseguire insieme fino a Piazza San Giovanni.

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Perché scendere in piazza il 5 novembre

Viviamo una situazione di angosciante e impotente preoccupazione, la militarizzazione del dibattito politico nel nostro Paese e l’assenza sulla scena internazionale di un impegno concreto per costruire la pace, impongono a noi tutti e tutte di fare molto di più. Se vogliamo far tacere le armi dobbiamo fare sentire in maniera molto più forte e unita la voce e le nostre ragioni: se non lo faremo noi non ci saranno altri a farlo. Per questi motivi la Rete pace e disarmo chiede con urgenza un negoziato di pace che metta fine alla guerra.

"I conflitti rafforzano le mafie, la corruzione, ampliando la zona grigia e il ricatto che questa esercita sui territori; distruggono interi ecosistemi esponendoci a maggiori rischi per la nostra salute e minando le condizioni di vita per le future generazioni"

Alla Rete aderiscono associazioni, sindacati, cooperative sociali, presidi antimafia, le case delle donne, i comitati, le parrocchie, le fattorie sociali, le realtà impegnate nel mutualismo, i centri di ricerca. Chi è in difficoltà e soffre, ma anche coloro i quali vogliono costruire un cambiamento e sono consapevoli che la pace è la condizione imprescindibile. Perché la guerra impoverisce, aumenta le ingiustizie sociali, ambientali ed ecologiche che pagano soprattutto i poveri e i ceti medi; produce esclusione sociale, allarga le disuguaglianze, le nasconde e impedisce di risolverle. I conflitti rafforzano le mafie, la corruzione, ampliando la zona grigia e il ricatto che questa esercita sui territori; distruggono interi ecosistemi esponendoci a maggiori rischi per la nostra salute e minando le condizioni di vita per le future generazioni. 

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Sette proposte per la pace 

Per raggiungere la pace abbiamo anche bisogno di giustizia sociale e ambientale. C’è bisogno di un’economia di pace e di un’etica che riconosca diritti e dignità a tutte le entità viventi sul nostro pianeta

La Rete ha confezionato sette proposte, costruite dal basso attraverso decine di assemblee, incontri, mobilitazioni, ricerche, che hanno coinvolto migliaia di persone in tanti luoghi del Paese. Sono proposte di buon senso in risposta a una crisi iniziata nel 2008, che viene raccontata senza fine. Prima le politiche di austerità, poi la pandemia e ora l’aumento fuori controllo delle bollette e dell’energia. Paghiamo sulle nostre vite le conseguenze non solo della guerra ma di un modello produttivo ed energetico ostaggio della dark economy, profondamente iniquo, non democratico e insostenibile. L’aumento di povertà ed esclusione sociale è senza precedenti nella storia del nostro Paese, è la conseguenza di un’economia di guerra che sta mettendo in ginocchio milioni di persone. Senza interventi immediati rischiamo una catastrofe sociale, che renderà ancora più difficile costruire la pace.

  • La prima proposta riguarda i pilastri sociali: chiediamo di rafforzare il reddito di cittadinanza, ampliare i servizi sociali di qualità e riformare il welfare. Inoltre, è necessario garantire il diritto all’abitare, recuperando patrimonio pubblico e privato senza consumo di suolo.
  • Con la seconda proposta chiediamo alla legge di introdurre il salario minimo, che andrebbe a ridurre le disuguaglianze restituendo dignità a molti lavoratori.
  • La terza proposta invoca una riconversione ecologica inclusiva ed equa (pagata dai ricchi e da chi inquina di più), finalizzata alla creazione di nuovi posti di lavoro salubri.
  • La quarta proposta punta a rafforzare la partecipazione dei soggetti sociali attraverso co-programmazione e co-progettazione, così da contrastare il welfare mafioso.
  • Con la quinta proposta la Rete chiede agli enti locali di istituire le consulte cittadine dei beni confiscati alla criminalità organizzata, sull’esempio del Forum realizzato dal Comune di Roma.
  • La sesta proposta si oppone all’autonomia differenziata - che mina l’unità della Repubblica e aumenta le diseguaglianze nella fruizione dei diritti - e ai disegni di legge che ne chiedono l’attuazione.
  • L’ultima proposta affronta il grande tema delle immigrazioni, dell’accoglienza e della solidarietà, con la Rete che, fra le altre cose, chiede di mettere fine alle politiche di respingimento e modificare l’articolo 12 del Testo unico sull’immigrazione, escludendo per i sodali il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

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La giustizia prima di tutto

Per raggiungere la pace abbiamo anche bisogno di giustizia sociale e ambientale. Non può esserci pace se continuiamo a dichiarare guerra alla Terra; se continuiamo a dichiarare guerra ai poveri; se non garantiremo il diritto alla dignità a tutti e tutte; se non cambieremo modello produttivo ed energetico, uscendo dall’era dei fossili prima che sia troppo tardi, come denunciano da anni la scienza, i movimenti per la giustizia ambientale e Papa Francesco. C’è bisogno di un’economia di pace e di un’etica che riconosca diritti e dignità a tutte le entità viventi sul nostro pianeta. Perché la vita è una rete di vite interconnesse e riconoscerne l’importanza e l’interdipendenza è la strada che porta alla pace. 

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