Palermo, dicembre 2000. Il tribunale durante il vertice delle Nazioni unite (Ansa)
Palermo, dicembre 2000. Il tribunale durante il vertice delle Nazioni unite (Ansa)

Convenzione di Palermo: una città non a caso

Il capoluogo siciliano aveva vissuto anni difficili, segnati dalla guerra di mafia e dalle stragi. La decisione di firmare a Palermo la Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale rappresentava l'occasione per ripulire l'immagine della città agli occhi del mondo

Marco Panzarella

Marco PanzarellaRedattore lavialibera

23 dicembre 2022

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La scelta, vent'anni fa, di firmare la Convenzione a Palermo non fu casuale. Dopo la sanguinosa guerra tra i clan degli anni Ottanta e le stragi del 1992, il capoluogo siciliano stava faticosamente cercando di riabilitare la propria immagine, scrollandosi di dosso l’etichetta di capitale mondiale della mafia. Il 15 gennaio del 1993 i carabinieri avevano arrestato il capo dei capi Salvatore Riina e per larga parte dell’opinione pubblica quell’episodio segnò l’inizio della svolta, con lo Stato che finalmente passava al contrattacco costringendo la criminalità ad arretrare. A distanza di vent’anni, ora è evidente che la mafia aveva solo cambiato strategia, abbandonando tritolo e clamore e tornando, come in passato, a insinuarsi direttamente nelle stanze della politica. A riprova di ciò, le vicende giudiziarie che coinvolgeranno qualche anno dopo Salvatore “Totò” Cuffaro – tra il 1996 e il 2008 prima assessore e poi presidente della Regione Sicilia – condannato in via definitiva per favoreggiamento a Cosa nostra.

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