Salvini promette case pubbliche, ma il governo azzera i contributi all'affitto

Gli sfratti sono in ripresa da luglio 2022, dopo lo stop deciso durante il primo lockdown. In affitto vivono soprattutto le famiglie più povere, costrette a canoni cresciuti fino al 5 per cento, come a Milano

Ylenia Sina

Ylenia SinaGiornalista

3 febbraio 2023

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“Il tema della casa deve tornare a essere centrale”, ha detto pochi giorni fa il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini nel corso di una conferenza stampa all’Aler, l’azienda per l’edilizia pubblica in Lombardia. Il ministro, che tra i suoi dicasteri ha anche le politiche abitative, ha aggiunto: “Serve un grande piano di edilizia residenziale pubblica”.
In attesa di conoscere i dettagli di un piano che al momento è solo un annuncio, l’unica decisione del governo Meloni in tema abitativo è stata presa con la legge di Bilancio approvata a fine dicembre, che ha azzerato i contributi all’affitto e alla morosità incolpevole. Anche se questi fondi, sia per l’insufficienza degli stanziamenti sia per ritardi nelle erogazioni, non sono stati in grado di arginare la valanga da 800mila sfratti per morosità emessi negli ultimi vent’anni, costituivano l’unica misura messa in campo dal governo per le famiglie in difficoltà con il pagamento dei canoni. 

Emergenza sfratti

Nel 2021 sono stati eseguiti con la forza pubblica 9.537 sfratti, 26 al giorno, mentre le nuove sentenze emesse sono state 38.163, l’84 per cento delle quali per motivi economici

Eppure i dati raccontano di un fenomeno in ripresa dopo lo stop delle esecuzioni decretato dal Governo durante il primo lockdown, terminato il primo luglio 2022: secondo il ministero dell’Interno nel 2021 sono stati eseguiti con la forza pubblica 9.537 sfratti, 26 al giorno, mentre le nuove sentenze emesse sono state 38.163, l’84 per cento delle quali per morosità, ovvero per motivi economici. A questi si aggiungono tutti i provvedimenti emessi prima di gennaio 2020: secondo un calcolo di Unione Inquilini, oggi gli sfratti esecutivi in Italia sono circa 150mila.
Tra il 2021 e i primi mesi del 2022 decine di sfratti erano stati sospesi in via cautelare dall’Onu in seguito alle segnalazioni di sindacati e reti solidali relative a possibili violazioni del Patto sui diritti economici, sociali e culturali, ratificato dall’Italia nel 1977, che all’articolo 11 afferma il diritto di ogni individuo “a un alloggio adeguato”. All’inizio i tribunali avevano bloccato le esecuzioni, in attesa delle decisioni definitive da parte del comitato dell’Onu incaricato di controllare il rispetto del trattato. Quando però lo Stato ha chiarito la sua posizione, ritenendo non vincolanti le richieste dell’Onu, le esecuzioni sono ripartite. 

Le associazioni colmano il vuoto dello Stato

I calendari dei sindacati e delle reti solidali in ogni città italiana sono pieni di appuntamenti. “Da Bergamo a Catania, tutti i giorni sosteniamo le famiglie che rischiano di perdere la casa. Li aiutiamo a individuare possibili alternative facendo pressione verso le istituzioni competenti, organizziamo picchetti antisfratto. Senza garanzie economiche, nessuno riesce a trovare autonomamente altri appartamenti sul mercato”, commenta Maria Vittoria Molinari, sindacalista di Asia Usb

Ultime notizie sugli sfratti a Roma

Nella Capitale il primo febbraio sono state effettuate due esecuzioni con l’intervento delle forze dell’ordine. La prima in via Margutta, in pieno centro storico: un artista settantenne, che in quella casa ci era nato, insieme alla moglie. L’aumento del canone d’affitto, un tempo calmierato perché la proprietà era di un ente ecclesiastico, ha reso impossibile continuare a pagare. Il secondo in un quartiere periferico della capitale: una donna, lavoratrice a basso reddito, con due minori a carico di 10 e 16 anni. “Quando il fabbro ha iniziato a cambiare la serratura i servizi sociali del municipio non erano ancora arrivati”, racconta Stefano Portelli, dell’Assemblea di autodifesa degli sfratti. “Alla fine, grazie alla mobilitazione, un'assistente sociale ha offerto formalmente alla donna un cohousing gestito da una cooperativa. Per i due anziani artisti, invece, il Comune non ha mandato nessuno. I due sono rimasti a dormire accanto alla porta della loro casa. Vorrei ricordare che l’Onu aveva chiesto allo Stato italiano una sospensione di questo sfratto per evitare danni irreparabili”, conclude Portelli. Sempre il primo febbraio, ha fatto sapere Asia Usb, l’ufficiale giudiziario ha bussato anche alla porta di una donna di 76 anni che si mantiene con una pensione da 650 euro: dopo oltre 50 anni di affitti pagati nel 2014 la proprietaria ha chiesto un aumento del canone da 400 a 650 euro. Lo sfratto è stato rinviato al 30 marzo. Anche per lei l’Onu aveva chiesto la sospensione. Molinari parla di “bilancio desolante: non viene offerta nessuna soluzione alternativa. La politica, sia nazionale sia locale, non si rende conto di quello che sta succedendo”.

Associazioni in piazza contro povertà ed esclusione

Nella Capitale, nonostante l’interlocuzione tra prefettura, tribunale e assessorati alle Politiche sociali e Abitative sia in corso da tempo, non c’è un protocollo d’intesa per affrontare gli sfratti. “Nel marzo 2022 ci era stato detto che la prefettura avrebbe comunicato gli appuntamenti dei 90 giorni successivi per permettere all’amministrazione di capire le condizioni di ognuno e individuare possibili soluzioni”, denuncia Massimo Pasquini di Unione Inquilini, sindacato che il 9 febbraio manifesterà davanti all’assessorato alle Politiche abitative comunale sul tema del disagio abitativo cittadino. Continua Pasquini: “Non va meglio nelle altre città. Alcune si stanno coordinando con le prefetture, ma né il governo né gli enti locali hanno una strategia per affrontare la situazione in termini programmatici. Nei prossimi mesi ci aspettiamo un aumento degli sfratti”.

In affitto vivono soprattutto i poveri

I dati per capire cosa accadrà sono frammentati e quasi sempre frutto del lavoro di indagine effettuata in autonomia da sindacati, enti di ricerca e realtà sensibili al tema. A livello governativo, invece, non c’è quasi nulla. L’Osservatorio Nazionale della Condizione Abitativa, avviato ad aprile 2022 dal ministero delle Infrastrutture, a distanza di 24 anni dalla legge che l’aveva previsto, ancora non ha ancora prodotto alcun documento. “Per questo abbiamo chiesto ai parlamentari della commissione Ambiente della Camera di avviare un’indagine conoscitiva per individuare e aggiornare i dati relativi alla precarietà abitativa sulla base dei quali elaborare delle politiche corenti”, ha commentato Pasquini.
Non si conosce per esempio quante famiglie sono in attesa di casa popolare (l’Anci una decina di anni fa ha parlato di 650mila famiglie), il numero delle abitazioni a canoni calmierati costruite negli ultimi anni, quello delle case pubbliche inutilizzate.

Gli sfratti si inseriscono nel contesto dell’aumento delle diseguaglianze. Secondo dati Istat del 2021, la povertà assoluta è diffusa quattro volte e mezzo di più tra le famiglie in affitto. In totale in affitto vivono 889 mila famiglie povere

Eppure il problema degli sfratti non è nato con la pandemia. Dalla fine degli anni novanta, la liberalizzazione del prezzo dei canoni e l’abbandono di politiche pubbliche per la casa hanno messo sempre più in difficoltà le famiglie rimaste in affitto, il 20 per cento, contro il 70 per cento che vive in casa di proprietà. Dall’inizio degli anni duemila a oggi sono state emesse oltre 800mila sentenze di sfratto per morosità. Tra il 2008 e il 2018 più di 340 mila sfratti sono avvenuti con l’intervento della forza pubblica: 93 al giorno. Il problema degli sfratti va inserito nel contesto dell’aumento delle diseguaglianze. Secondo dati Istat del 2021, la povertà assoluta è diffusa quattro volte e mezzo di più tra le famiglie in affitto rispetto a quelle che vivono in case di proprietà. In totale in affitto vivono 889 mila famiglie povere. Incide anche il calo dei redditi.

Casa popolare: un lusso per pochi

Secondo l’ultimo rapporto dell’Inps, “quasi un lavoratore su tre guadagna meno di mille euro al mese”, “la metà più povera degli occupati ha perso quote di reddito tra il 2005 e 2020”, il lavoro a termine “è cresciuto raggiungendo il picco storico di oltre 4,2 milioni” e il 23 per cento dei lavoratori “guadagna meno di 780 euro al mese” meno della soglia massima del reddito di cittadinanza. Intanto, dopo la frenata causata dalla pandemia, i canoni d’affitto sono tornati a crescere. Secondo l'Ufficio studi di Tecnocasa nella prima parte del 2022 si è verificato un “veloce recupero” “grazie a un progressivo rientro di studenti e lavoratori fuorisede” e dei turisti: più 2,1 per cento per i monolocali, più 2,4 per i bilocali, più 2,2 per i trilocali. Nei capoluoghi di provincia questi numeri sono vicini al 3 per cento. A Milano si sfiora il 5 per cento. “Salvini ha annunciato un piano casa? Inizi subito rifinanziando i fondi per l’affitto, l’ultimo strumento in mano a Regioni e Comuni per poter fornire qualche risposta, anche parziale, allo tsunami degli sfratti”, la replica di Unione Inquilini. Per Asia Usb, “bisogna calmierare il mercato degli affitti e serve un piano massiccio di edilizia residenziale pubblica per tutelare il diritto alla casa”.

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