La conferenza di presentazione della mobilitazione "Non per noi ma per tutte e tutti"
La conferenza di presentazione della mobilitazione "Non per noi ma per tutte e tutti"

Associazioni in piazza contro diseguaglianza ed esclusione

Sabato 5 novembre, a Roma, la manifestazione nazionale a cui partecipano più di cinquecento realtà del territorio. L'appello degli organizzatori: "Non vediamo altro spazio per incidere, difendere e promuovere i nostri diritti se non attraverso una mobilitazione costruita dal basso"

Ylenia Sina

Ylenia SinaGiornalista

11 ottobre 2022

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Chiedere ascolto alla politica e, soprattutto, creare un terreno programmatico attorno al quale quel pezzo di società italiana “contro le diseguaglianze e l’esclusione e per la giustizia sociale e ambientale” possa riconoscersi e vedersi rappresentato. È la spinta che viene dal percorso di “Non per noi ma per tutte e tutti”, al quale hanno aderito oltre cinquecento realtà eterogenee, dal volontariato laico a quello cattolico, passando per sindacati dei lavoratori e degli inquilini, associazioni e movimenti. Sabato 5 novembre, alle 14, in piazza Vittorio Emanuele II, a Roma, è stata indetta una manifestazione nazionale, con l'appello che recita: “Non vediamo altro spazio per incidere, difendere e promuovere i nostri diritti se non attraverso una mobilitazione costruita dal basso, da soggetti diversi, impegnati su obiettivi comuni per la giustizia sociale e ambientale”.

Cooperazione contro precarietà e disuguaglianze

Sette proposte

Non si tratta di un evento estemporaneo, che fa seguito alla vittoria della destra alle ultime elezioni, ma un percorso nato a maggio con l'intento di proporre ricette diverse da quelle contenute nella cosiddetta Agenda Draghi in tema di povertà, diseguaglianze, lavoro, democrazia, accoglienza e crisi ecologica. Sette le proposte, articolate in più punti: dal rafforzamento del reddito di cittadinanza alle politiche strutturali per implementare alloggi pubblici senza consumo di suolo; dall’istituzione del salario minimo alla  riconversione ecologica pubblica che crei posti di lavoro; dall’applicazione del metodo della co-programmazione e della co-progettazione nelle politiche pubbliche all’opposizione alla proposta di legge per l’autonomia differenziata; dalla difesa della Costituzione fino alla costruzione in ogni città di consulte per i beni sequestrati alle mafie; infine, lo stop alla politica dei respingimenti in tema di immigrazione.

Un percorso nato a maggio per proporre ricette diverse da quelle contenute nell'Agenda Draghi in tema di povertà, diseguaglianze, lavoro, democrazia, accoglienza e crisi ecologica

Tutti punti che dimostrano come nel Paese, si legge nell'appello, “c’è un problema strutturale: le crisi e i cambi di Governo non modificano la drammatica condizione sociale, materiale ed esistenziale vissuta da milioni di persone”. Il nodo è programmatico, ma investe anche la questione della rappresentanza.

Per Andrea Morniroli, coordinatore del Forum diseguaglianze e diversità, "la politica è disattenta e non vede nemmeno quelle aree del Paese rimaste ai margini, non se ne occupa” generando astensionismo o adesione a “risposte sociali basate sul corporativismo”. Per questo, “come primo compito dobbiamo dare mandato a noi stessi, e non ad altri, di tornare a considerare la dimensione politica del nostro lavoro, che non è solo sociale, educativo o ambientale, trovando i punti attorno ai quali fare politica senza delegare ad altri la rappresentanza”. Il presidente di Libera Luigi Ciotti, ha spiegato che la risposta alla mobilitazione deve arrivare nella consapevolezza che “anche le politiche più illuminate possono poco senza generare una presa di coscienza, senza l’impegno di ognuno di noi”.

Costruire dal basso

Una delle chiavi per raggiungere questo obiettivo attraverso la mobilitazione, secondo Maura Cossutta, presidente della Casa internazionale delle donne è “uscire dai propri recinti, vizio terribile delle realtà di sinistra” per costruire dal basso un percorso plurale che “sia radicale ma anche affidabile”. Nella pratica, ha spiegato Elena Mazzone di transform! Italia, nodo italiano della fondazione del partito della Sinistra europea transform! Europe, oltre a continuare le assemblee nei territori “lavoreremo per allargare, partecipando a tutte le mobilitazioni” dei lavoratori, delle donne, per i diritti e per la pace “che si terranno da qui al 5 novembre e anche in seguito”. Il primo riferimento sono le manifestazioni organizzate dalla Rete pace e disarmo dal 21 al 23 ottobre in tutte le città italiane per “chiedere percorsi concreti di pace in Ucraina e in tutti gli altri conflitti armati del mondo”. 

Il Paese ha bisogno di nuova sinistra

In un contesto caratterizzato “dall’aumento delle diseguaglianze causato dalle politiche di austerità imposte dall’Europa” alle quali si sono sommati “l’impatto della pandemia e infine della guerra”, l’orizzonte delle centinaia di realtà che hanno aderito alla mobilitazione è quello della “costruzione di alleanze”. Così Michele De Palma, segretario generale della Fiom-Cgil, che aggiunge: “La situazione di crisi economica, l'aumento dell'inflazione e la guerra in corso rischiano di provocare danni irreparabili nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori. Nella lotta contro le disuguaglianze e le povertà è necessario coalizzare le forze sociali”.

Per Michele De Palma, segretario generale della Fiom-Cgil, "la crisi economica, l'aumento dell'inflazione e la guerra rischiano di provocare danni irreparabili a lavoratrici e lavoratori. Nella lotta contro le disuguaglianze e le povertà serve coalizzare le forze sociali”.

Da un lato, quindi, la mobilitazione ha come interlocutore “la piazza”, quei cittadini che, ricorda il costituzionalista Gaetano Azzariti, presidente di Salviamo la Costituzione, “devono concorrere a determinare la politica nazionale incidendo sugli indirizzi di governo. Sono loro i primi a dover essere convinti della nostra proposta”. Dall’altro lato c’è il “palazzo” intendendo sia “la maggioranza al governo sia i partiti all’opposizione che speriamo ascoltino le nostre proposte concrete”. Con una preoccupazione: se è vero che le proposte formulate dal percorso di “Non per noi ma per tutte e tutti” sono state pensate prima delle elezioni e restano valide per qualunque formazione di governo, lo è anche il fatto che la destra che ha vinto le elezioni “ha scritto nel programma di voler cambiare la Costituzione introducendo il presidenzialismo e approvando l’autonomia differenziata quando invece quel testo, più che cambiato andrebbe applicato”. 

Lavorare non basta

Giuseppe De Marzo, coordinatore della Rete dei numeri pari, chiosa: “Abbiamo cercato un’interlocuzione politica, ma non siamo stati ascoltati, solo Unione Popolare e il Movimento cinque stelle hanno appoggiato le nostre proposte. Vogliamo essere chiari, saremmo andati in piazza anche con il governo Draghi che poi è caduto e con il nuovo governo manteniamo la nostra opposizione”. L’appello è rivolto a tutte le forze politiche e sociali che condividono la proposta. La base da cui partire e attorno alla quale costruire alleanze “di prospettiva e di senso”, per usare le parole di Morniroli, resta quella dei sette punti in programma. Sintetizza De Marzo: “Chiunque li sostenga e metta al centro l’urgenza di un cambio del modello produttivo per costruire un’economia di pace, non solo è il benvenuto in questo percorso ma è parte del perimetro del Paese a cui parliamo”. 

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