Salone del libro di Torino, 2023
Salone del libro di Torino, 2023

In Italia si stampano troppi libri. Che nessuno legge

Nel 2021 in Italia su 200 milioni di libri stampati, ne sono stati venduti soltanto 12 milioni, quasi uno su 20. Le copie rimanenti, oltre a riempire gli scaffali, certificano uno spreco di carta sproporzionato e ingiustificato

Chiara Dalmasso, giornalista

Chiara DalmassoGiornalista

12 settembre 2023

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Nel 2021 in Italia su 200 milioni di libri stampati, ne sono stati venduti soltanto 12 milioni, quasi uno su 20. Le copie rimanenti, oltre a riempire gli scaffali, certificano uno spreco di carta sproporzionato e ingiustificato. I dati pubblicati dall’Istat fotografano la grande distorsione del sistema editoriale nostrano e sono al centro dell’inchiesta a fumetti Si fa presto a dire green – realizzata dalla Revue Dessinée Italia, in collaborazione con l’Associazione degli editori indipendenti (Adei) – presentata durante la 35esima edizione del Salone del libro di Torino. "Se ogni anno su 100mila tonnellate di carta stampata solo metà si traduce in libri venduti, forse conviene cambiare qualcosa", scrive nella postfazione Marco Zapparoli, al termine del mandato di presidente Adei. "Ci riempiamo la bocca di espressioni quali “chilometro zero” e “decrescita felice”, ma continuiamo a inflazionare il mercato di novità che librai, critici e lettori non riescono più a seguire". 

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La filiera del libro 

L’inchiesta, scritta da Andrea Coccia con i disegni del fumettista Martoz, spiega in modo semplice e intuitivo il funzionamento industriale del mercato dei libri. La filiera è composta da quattro segmenti: la produzione (cioè le case editrici), la promozione (gli agenti che consentono ai rivenditori di prenotare i libri), la logistica (i distributori che consegnano le copie alle librerie) e, infine, la vendita. Dal momento in cui escono dalla tipografia, le copie non smettono mai di muoversi: imballate in scatoloni, vengono portate su e giù per il Paese e distribuite alle librerie, dove rimangono esposte per poco tempo, per poi essere sostituite da nuove leve. Ad alimentare questo meccanismo fordista sono, da un lato, gli editori che fatturano i titoli stampati e compensano le rese dei negozi con altre copie e, dall’altro, i distributori che agiscono di conseguenza caricando i libri freschi di stampa su furgoncini pronti per l’ennesima consegna.
 
Secondo un addetto alla logistica che chiede di restare anonimo, il problema è da ricercare nella concentrazione del potere in poche mani: "Ci sono tre grandi gruppi editoriali che controllano ogni segmento della filiera". In effetti, Messaggerie, Mondadori e Giunti rappresentano solo il 2,5 per cento degli editori italiani, ma stampano il 76 per cento delle copie, occupandosi anche della distribuzione. Il mercato del libro si muove a una velocità così folle da non riuscire quasi a respirare. Una bolla che coinvolge pure i comparti sani della filiera. "Ci sono delle dinamiche disastrose generate dal sistema stesso – dice Coccia – che è capitalistico e basato sulla concentrazione. Molti editori pensano che per massimizzare i profitti si debba produrre a dismisura, è una bomba destinata a esplodere". Bisogna soltanto capire quando accadrà. Intanto, è urgente creare solide alternative per resistere ai contraccolpi della deflagrazione.

Messaggerie, Mondadori e Giunti rappresentano solo il 2,5 per cento degli editori italiani, ma stampano il 76 per cento delle copie, occupandosi anche della distribuzione


"Ciascun editore dovrebbe analizzare con attenzione il proprio lavoro", spiega Marco Zapparoli, fondatore della casa editrice Marcos y Marcos. "Bisognerebbe chiedersi se tutto ciò che è stato prodotto è davvero irrinunciabile e poi provare a ridurre le novità". La sua casa editrice ha intrapreso questa strada nel 2023 e il fatturato non ne ha risentito. "Nel 2022 abbiamo proposto 27 nuovi titoli, quest’anno 23 e non abbiamo notato alcun cambiamento". A fare da apripista, l’esperienza della pandemia. "Tra il 2020 e il 2021 si sono ridotti i lanci editoriali e il fatturato generale non ha subito ripercussioni negative, forse si potrebbe tentare di diluire leggermente i programmi".

La scommessa che Zapparoli propone ai colleghi è di vincere la paura, "anche perché meno titoli sul mercato consentirebbero di concentrarsi meglio su quelli proposti". "Pensiamo anche a redattori, editor e traduttori, sottopagati e spesso costretti a lavorare per molte ore in condizioni disumane", dice Coccia, che cita l’esempio virtuoso della Revue Dessinée Italia. "In redazione ci siamo posti il problema di stampare meno e distribuire meglio, evitando di impiegare troppi corrieri. E siccome gli abbonati ricevono il numero prima che arrivi nei punti vendita, stiamo provando a costruire delle reti in collaborazione con le librerie, che diventano luogo di ritiro". Una soluzione semplice, che permette di abbattere i costi e inquinare meno.

Zapparoli: “Bisognerebbe chiedersi se tutto ciò che è stato prodotto è davvero irrinunciabile e poi provare a ridurre le novità”

Produzione fuori misura 

A inizio luglio sono stati pubblicati i dati sulla produzione di carta in Italia, raccolti da Assocarta, l’associazione delle imprese del settore. Attestano che non ci sarà una riduzione dei costi per l’anno in corso perché il lieve calo del prezzo della materia prima rispetto al 2022 (dal 2020, il valore della cellulosa era aumentato del 133 per cento) è compensato dai costi dell’energia troppo alti e dal generale rallentamento dell’economia globale. Secondo Zapparoli, i costi potrebbero essere un deterrente per la sovrapproduzione di libri: "Si produce con leggerezza finché non ci si rende conto di quanto costi; in fondo 30 anni fa c’era maggiore oculatezza proprio per questo motivo".

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È anche vero, però, che il mondo della stampa può contare su tecnologie che permettono agli editori di gestire con attenzione tirature e ristampe. Fanno scuola, in tal senso, aziende come Geca industrie grafiche, che dal 2021 ha adottato lastre tipografiche senza sviluppo, che rendono la stampa offset (in cui l'immagine è trasferita attraverso un sistema di rulli) sostenibile e a basso impatto ambientale, senza pregiudicare la qualità del prodotto finale. "Si può agire su vari livelli – chiarisce Luigi Bechini, marketing manager dell’azienda – a cominciare dalle materie prime. Ormai la maggior parte delle tipografie utilizza inchiostri a base di oli vegetali, mentre sono ancora poche le realtà che scelgono carta riciclata". 

Molto utilizzata è la carta Fsc, prodotta da cartiere che rispettano i criteri del Forest stewardship council, un ente che certifica tutta la catena di custodia, dalla cellulosa al prodotto finito. "Il secondo livello su cui possiamo intervenire – insiste Bechini – è quello dei consumi energetici, legati alle tecnologie di stampa". Per il manager la transizione digitale di Geca è completata all’80 per cento. "Gli impianti nuovi consumano molta meno energia di quelli offset, hanno tempi di avviamento più corti e sprecano un quantitativo di carta nettamente inferiore". 

Molto utilizzata è la carta Fsc, prodotta da cartiere che rispettano i criteri del Forest stewardship council, ente che certifica tutta la catena di custodia, dalla cellulosa al prodotto finito

La stampa digitale presenta anche uno svantaggio. "Funziona solo per le tirature medio-basse, sotto le 10mila copie", osserva Bechini, che poi conclude: "In passato gli editori optavano per tirature altissime, così da non rischiare di spendere troppo per le ristampe successive. Oggi disponiamo di tecnologie che ci permettono di sopperire in fretta all’eventuale fabbisogno aggiuntivo". Peccato che nella maggior parte dei casi e indipendentemente dalla qualità, i libri restano invenduti sugli scaffali.

Da lavialibera n° 22, Altro che locale

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