8 novembre 2023
Dove è Barbara? Una domanda lunga 14 anni, che continua ad essere posta, con insistenza, da un'intera comunità, nonostante la recente archiviazione dell'ultima indagine aperta. Era il 27 ottobre 2009, Barbara Corvi è una giovane donna di 35 anni, con due figli adolescenti, e un marito, Roberto, dal retaggio familiare pesante. Lo Giudice è un nome che evoca potere e dominio nel rione Santa Caterina di Reggio Calabria, un nome che si è fatto conoscere nella sanguinosa seconda guerra di ‘ndrangheta, scoppiata tra il 1985 e il 1991. Il marito di Barbara, Roberto, è uno dei 13 fratelli Lo Giudice, figli del capobastone Giuseppe, ammazzato in un agguato il 14 giugno 1990.
Ma Barbara non è in Calabria. Quel 27 ottobre si trova ad Amelia, in Umbria, dove vive da tempo con la sua famiglia. Insieme gestiscono un'attività commerciale, ci sono i suoi genitori, le sue sorelle e ci sono naturalmente i suoi figli, che sono cresciuti qui, insieme a lei e a suo marito, con il quale nell'ultimo periodo però i rapporti sono diventati tesi. Barbara è una donna che desidera essere libera, da qualche tempo, probabilmente, ha una relazione con un altro uomo e suo marito deve averlo scoperto.
Il 27 ottobre 2009 è un martedì, un giorno come tanti in questa piccola e tranquilla cittadina di provincia, al confine tra Umbria e Lazio. Ma quel martedì pomeriggio Barbara scompare, nel nulla, senza lasciare tracce. Nessuno crede a una fuga, nonostante i tentativi di depistaggio, una cartolina spedita da Firenze a sua firma, che è un falso evidente. Barbara non avrebbe mai lasciato i suoi figli, ma è risucchiata nel buio. Il suo corpo non sarà mai ritrovato.
Non scomparse, ma uccise da uomini di 'ndrangheta
In questi 14 anni le indagini giudiziarie della procura di Terni sulla scomparsa di Barbara Corvi non sono riuscite a restituire verità e giustizia alla sua famiglia e alla comunità amerina. Dopo la prima archiviazione, arrivata nel 2015, le indagini sono state riaperte nel 2020, in virtù delle dichiarazioni di alcuni collaboratori. Un anno dopo, nel marzo 2021 è persino arrivato l'arresto del marito di Barbara, sospettato di omicidio, insieme a uno dei suoi fratelli. Ma poco dopo il riesame lo ha rimesso in libertà, decisione poi confermata dalla Cassazione. A quel punto il pubblico ministero ha formulato una nuova richiesta di archiviazione, inizialmente respinta per l'opposizione degli avvocati di Libera e della famiglia di Barbara, Enza Rando e Giulio Vasaturo, fermamente convinti della necessità di proseguire le indagini. Nel luglio del 2023, però, il giudice per le indagini preliminari (gip) di Terni, Barbara di Giovannantonio, ha deciso di chiudere il fascicolo.
Per il gip rimangono "forti sospetti nei confronti di Roberto Lo Giudice, che però non assurgono a sufficienti e concordi elementi indiziari"
Nel provvedimento di archiviazione si legge che, “nonostante l'impegno investigativo profuso, non si è giunti ad acquisire gravi indizi che possano supportate un'accusa in giudizio”, ancorché permangano “forti sospetti nei confronti di Roberto Lo Giudice, che però non assurgono a sufficienti e concordi elementi indiziari in relazione alla condotta omicidiaria contestata”. La gip, nelle conclusioni del provvedimento, ha poi significativamente voluto precisare che “il pubblico ministero potrà chiedere la riapertura delle indagini se ravvisi l’esigenza di nuove investigazioni”. Un'archiviazione dunque, non la parola fine sulla vicenda.
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“Nonostante siano passati tutti questi anni, in certi momenti mi sembra che Barbara sia ancora qui con noi. In altri invece la sua assenza si sente, come quando penso ai nipotini che sono nati dopo la sua scomparsa e che lei avrebbe amato così tanto”.Monica Corvi - Sorella di Barbara
“Uno spiraglio resta, bisogna vedere se da questo spiraglio uscirà qualcosa”. Monica è la sorella mezzana, Barbara era la più grande. Poi c'è Irene che è la più piccola delle tre. Ha da poco compiuto 35 anni, l'età di sua sorella quando è scomparsa. Per le sorelle Corvi il 27 ottobre è sempre un giorno difficile. Nel ricordo di Monica, sua sorella Barbara è determinazione, testardaggine e un sorriso ben saldo in volto. “Nonostante siano passati tutti questi anni, in certi momenti mi sembra che Barbara sia ancora qui con noi – dice –. In altri invece la sua assenza si sente, come quando penso ai nipotini che sono nati dopo la sua scomparsa e che lei avrebbe amato così tanto”.
Anche quest'anno, in occasione dell'anniversario della scomparsa di Barbara, il 27 ottobre, la comunità amerina, soprattutto le donne, riunite nel Forum e nel Comitato Barbara Corvi, insieme ai coordinamenti di Libera Terni e Libera Umbria, hanno fatto sentire la propria vicinanza alla famiglia. Una sala gremita ha assistito alla presentazione del libro Donne, violenze e ’ndrangheta (Novalogos) della sociologa Sabrina Garofalo, consulente dell'Osservatorio sulle infiltrazioni mafiose della Regione Umbria, che ha dialogato con Celeste Costantino, vicepresidente della Fondazione “Una, Nessuna, Centomila”. In apertura, il videomessaggio della vicepresidente di Libera, Daniela Marcone: “La nostra determinazione nel chiedere la verità deve essere forte, costante, quotidiana. Ma oggi non voglio usare la parola battaglia – ha detto Marcone –. Alcune volte mi capita di farlo, di parlare di battaglia per la verità, per la giustizia. Oggi, no. Teniamo fuori da noi tutto ciò che evoca la guerra. Per quanto, io lo so bene, questo cammino così irto di difficoltà per la famiglia di Barbara appare proprio come una battaglia. Le scomparse, le persone che sono state uccise o fatte sparire, sono tante. E sembra una vera e propria guerra questa che è stata combattuta sui nostri territori e che ha lasciato così tante vittime sul terreno. Ma il nostro essere insieme, la circostanza determinante che in questo percorso si è formata una rete, una rete di memoria collettiva, ci dà diritto all'aspirazione di fermarla questa guerra, a partire dalla storia di Barbara e per tutte le vittime innocenti che non conoscono la verità e la giustizia”.
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“Se qualcuno è stato testimone di qualcosa o sa qualcosa, vada a parlare con le autorità competenti. Sarebbe un gesto d'amore, si dimostri che in questa comunità non vince l'omertà”. Le parole sono del vescovo di Terni, monsignor Domenico Soddu. Le ha scritte in una lettera indirizzata a Barbara Corvi, una delle tante lettere che dal giugno del 2022 sono state scritte, ogni 27 del mese, a Barbara e per Barbara. L'iniziativa “Lettere a Barbara Corvi”, lanciata dall'Osservatorio regionale sulle infiltrazioni mafiose, è un altro spiraglio di luce su una vicenda così buia. Dalla sorella Irene, alla sindaca di Amelia, dalle associazioni al sindacato, dall'Umbria alla Calabria, dalle amiche più strette a chi non l'ha mai conosciuta: le lettere a Barbara continuano a tenere accesa una luce che passa di mano in mano e non si rassegna a spegnersi.
“La verità su Barbara va consegnata prima di tutto alla sua famiglia, ma poi anche alla comunità e al Paese, perché questa vicenda è una ferita per l'Italia intera”. Enza Rando, avvocata, insieme a Giulio Vasaturo, di Libera e della famiglia Corvi e oggi senatrice della Repubblica, ci tiene a rimarcare questa esigenza. Lo fa ricordando un'altra vicenda, quasi contemporanea. “Barbara è scomparsa nell'ottobre del 2009 – ricorda – appena un mese dopo a Milano si consumava il femminicidio di Lea Garofalo, donna e madre che si era ribellata alla 'ndragngheta, aspirando a una vita diversa, per sé e per sua figlia Denise. Barbara e Lea, due donne moderne, accomunate da questo desiderio, di libertà, di indipendenza, dall'amore per i propri figli, dalla ricerca della felicità”.
Sono storie che parlano di libertà delle donne, di libertà negata. Come un'altra inquietante vicenda del passato, che non si può fare a meno di rievocare. Si tratta della storia di Angela Costantino, una ragazza, già madre di 4 figli, anche lei sposata a un Lo Giudice, Pietro, fratello di Roberto, anche lei coinvolta in una relazione sentimentale con un altro uomo, anche lei scomparsa nel nulla e dimenticata per 18 anni, finché qualcuno ha raccontato la verità: Angela ammazzata dalla “famiglia” per lavare l'onta del tradimento, strangolata e fatta sparire, inscenando una possibile fuga o un suicidio.
"Noi stiamo cercando testimoni ed elementi nuovi che facciano luce (e giustizia), com’è normale in un Paese che rispetti la vita umana e la legalità"Don Tonio Dell'Olio - Presidente di Pro Civitate Christiana
Se ad Amelia c'è un “testimone nascosto” è tempo che “ascolti la sua coscienza”. Si è rivolto proprio a lui, al testimone, a chi può fornire nuovi elementi, don Tonio Dell'Olio, presidente della Pro Civitate Christiana di Assisi, nell'ultima delle lettere raccolte per Barbara Corvi. “Ogni contributo può essere importante – ha scritto Dell'Olio – E se la paura o l’incertezza dovessero tentare di avere la meglio, ti prego di pensare a cosa vorresti facessero gli altri se la vittima fossi tu o una persona a te cara. Noi stiamo cercando testimoni ed elementi nuovi che facciano luce (e giustizia), com’è normale in un Paese che rispetti la vita umana e la legalità. Te lo chiede Barbara, coloro che l’amano e tutti coloro che ne rispettano la memoria”.
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