30 novembre 2023
Mentre esponenti del governo, come il ministro della Difesa Guido Crosetto, ipotizzano "complotti" di settori della magistratura contro l'esecutivo e mentre si propongono test psicoattitudinali per giudici e pm, due "toghe" di Lecce già nel mirino della Sacra corona unita hanno ricevuto una nuova grave minaccia. Si tratta della giudice del Tribunale di Lecce, Maria Francesca Mariano, già giudice in corte d’assise, e della pm della Direzione distrettuale antimafia di Lecce Carmen Ruggiero.
Entrambe erano finite sotto tutela a fine settembre dopo che era stata intercettata una lettera intimidatoria spedita dal carcere Borgo San Nicola di Lecce. Minacce prese molto sul serio. A quella missiva, ne è seguita un'altra, scritta addirittura col sangue, secondo quanto riportato la scorsa settimana da Il Quotidiano di Puglia. Per questa ragione sono state disposte misure di tutela ancora più elevate per loro, mentre i carabinieri, coordinati dalla procura di Potenza, stanno indagando.
La gip del Tribunale Maria Francesca Mariano e la pm della Dda Carmen Ruggiero sono finite sotto tutela dopo che era stata intercettata una lettera uscita dal carcere di Lecce che le minacciava di morte
Le prime minacce sono state "intercettate" dalla polizia penitenziaria ad agosto, poche settimane dopo l’operazione Wolf dello scorso 17 luglio contro il clan Lamendola-Cantanna, facente parte della frangia della Sacra corona unita a Mesagne (Brindisi). La giudice per le indagini preliminari (gip) Mariano aveva emesso 22 misure di custodia cautelare al termine dell’inchiesta condotta dai carabinieri e coordinata dalla pm Ruggero. Nell'ordinanza di custodia cautelare scriveva di "comportamenti espressivi di una forza di intimidazione che aveva piegato il territorio”.
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Moltissime le accuse nei confronti degli arrestati: associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, tentato omicidio, detenzione e porto illegale di armi da fuoco e da guerra, violenza privata, lesioni personali, estorsione, ricettazione, danneggiamento seguito da incendio e autoriciclaggio, tutti aggravati dal metodo mafioso, produzione, coltivazione, spaccio e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.
Ma, soprattutto, la conferma che la Sacra corona unita è tutt’altro che morta, tra vecchi boss usciti dal carcere e giovani rampanti. Non solo bombe e sparatorie, ma anche infiltrazione nelle amministrazioni comunali. Importanti, dunque, le inchieste della magistratura leccese, che non ha certo allentato l’attenzione. E la mafia reagisce. Così alcuni giorni fa una seconda lettera contenente sempre minacce di morte è stata recapitata a Maria Francesca Mariano, ma con analoghe minacce per la Ruggiero. Protagoniste di tante altre importanti inchiesta, su mafia e omicidi.
Questa volta a preoccupare ulteriormente è il fatto che sia stata scritta col sangue. Immediatamente la scorta è stata così rafforzata a entrambe. “Fa parte del nostro lavoro”, si limita a dirci la gip Mariano. Piuttosto ci tiene a sottolineare che “ormai la magistratura è molto al femminile, ci sono tante colleghe donne. Molte in prima linea, probabilmente perché le donne si applicano di più e studiano in maniera più sistematica, non è che siano superdotate. Ormai nessuno si stupisce delle donne in magistratura”.
Ma i mafiosi sembrano reagire ancora di più contro di loro. “Pensano che la donna sia più emotiva, e quindi sia più fragile, meno resistente. Invece la donna non avrà la forza fisica quanto l’uomo, però dal punto di vista della resistenza e della forza interiore non ha eguali. Non teme rivali”. E Maria Francesca Mariano ne è un esempio. Entrata in magistratura a 24 anni, è stata il più giovane magistrato italiano. È autrice di libri e testi teatrali, in cui spesso unisce giustizia e fede. Ed è anche appassionata di ballo, dal tango alla “pizzica”. Ma è soprattutto un bravissimo magistrato.
Non vuole parlare delle minacce ma parla invece del suo impegno quotidiano. Anche su temi di strettissima attualità. “A Lecce ciascuno di noi gip tratta almeno un paio di codici rossi al giorno. Passo tutti i giorni a fare interrogatori sui codici rossi del giorno prima. Ci sono casi talmente brutali…La realtà supera la più sfrenata fantasia. Sono arrivata a dare 30 anni per una violenza sessuale, sentenza poi confermata in appello. Un padre che aveva messo incinta la figlia, che poi ha partorito una bimba disabile al 100 per cento”.
“A Lecce ciascuno di noi gip tratta almeno un paio di codici rossi al giorno. Passo tutti i giorni a fare interrogatori sui codici rossi del giorno prima. Ci sono casi talmente brutali…La realtà supera la più sfrenata fantasia", dice Mariano
L’avevamo incontrata pochi giorni fa ad Andria, in occasione della peregrinatio della reliquia del giudice Rosario Livatino, ucciso dalla mafia il 20 settembre 1990 e beatificato il 9 maggio 2021. Un evento all’interno del Festival della legalità, promosso da due anni dall’amministrazione comunale, guidata da un’altra donna, la sindaca Giovanna Bruno. “È un insegnamento per tutti noi – dice la Mariano, parlando di Livatino –, servire lo Stato con spirito di servizio, senza arroganza, senza presunzione, con umiltà facendosi piccoli davanti al fascicolo, da persone semplici. Il magistrato è una persona che fa un lavoro e cerca di farlo con coscienza e con dignità”.
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Con accanto i suoi “angeli custodi”, aveva nuovamente indicato Livatino come esempio da seguire. “Non bisogna esitare, non aver paura, andare avanti con fierezza, perché la propria dignità, la propria libertà non hanno prezzo e nessuno deve arrogarsi il diritto di calpestarla con violenza, con intimidazione, con l'uso delle armi o col potere del denaro. Questo è il messaggio che deve andare a tutti, giovani e meno giovani”.
Un messaggio chiaro, anche a chi arriva a minacciare due magistrate. Ma soprattutto alle nuove generazioni. Mariano incontra spesso i giovani, va nelle scuole. “La mafia si combatte con la cultura, con lo studio, con l'educazione che non significa soltanto insegnare le materie per trasmettere i valori, ma anche insegnare l’etica del coraggio, la capacità di fronteggiare il sopruso, di dire di no, la capacità di educare al senso dello Stato. Se si trasmettono questi valori ai giovani e ai meno giovani, allora comincia il contrasto alla mafia, perché la mafia prolifera sulla paura e sul silenzio. Se invece si scardinano questi due elementi allora si apre una crepa nella quale lo Stato entra e vince”.
In serata sempre ad Andria c’era stata la bella e intensa rappresentazione della vita di Livatino, scritta proprio dalla giudice Mariano. Due “giudici ragazzini”, lei a 24 anni, il magistrato agrigentino a 26. C’è anche molto di lei nella rappresentazione, il suo modo di essere magistrato ma anche la voglia di una vita normale, il teatro, il ballo. Quella che cercava anche Livatino. Al termine la magistrata sale sul palco, ringrazia i ragazzi della sua scorta, aggiungendo di sperare di tornare senza essere “accompagnata”. Purtroppo, invece, ora la tutela è raddoppiata.
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Non bisogna esitare, non aver paura, andare avanti con fierezza, perché la propria dignità, la propria libertà non hanno prezzo e nessuno deve arrogarsi il diritto di calpestarla con violenza, con intimidazione, con l'uso delle armi o col potere del denaro. Questo è il messaggio che deve andare a tutti, giovani e meno giovani.
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