Aggiornato il giorno 16 aprile 2024
Nell’immaginario collettivo l’idea di ordine pubblico è associata a quella di un territorio militarizzato, con schieramenti di polizia in assetto antisommossa, manganelli e gas lacrimogeni, arresti e processi con rito direttissimo. Non a caso, questa è da tempo la regola: nelle città, nelle piazze, nelle strade e finanche nelle università. Una prassi, per di più, affiancata da interventi dello stesso segno sul piano legislativo, amministrativo e giudiziario. Bastano due esempi: il primo è la recente approvazione della legge sui cosiddetti eco-vandali che inasprisce le pene, già abnormi, per la protesta ambientale. Norma che fa seguito al ripristino del blocco stradale e all’aggravamento delle sanzioni per i reati commessi nel corso di manifestazioni e all’uso, nei confronti di attivisti e movimenti, di fogli di via a raffica e di contestazioni abnormi in sede penale, fino all’associazione per delinquere e a reati di terrorismo. A completare il quadro c’è poi la macroscopica involuzione securitaria della politica e prima ancora dei media che, contro ogni evidenza, prospettano con toni apocalittici l’esistenza di un conflitto sociale esplosivo.
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Ma chi sono i nuovi nemici della società, che hanno sostituito gli operai e i braccianti della metà del secolo scorso? Sono gli studenti e gli attivisti ambientali, considerati alla stregua di pericolosi sovversivi (al pari degli odiati No Tav), in particolare dopo il fallimento dell’iniziale tentativo dell’establishment di blandire i Fridays for Future e di aggregarli all’affollato carro dei verdi di facciata e dopo l’irruzione sulla scena di Extinction Rebellion e di Ultima Generazione. Il quadro è chiaro: cambiano, nel nuovo millennio, gli attori e i protagonisti, ma non i tratti più controversi della gestione dell’ordine pubblico.
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Questo esito non è peraltro necessario. Come ogni fenomeno sociale, il conflitto è fatto di relazioni. Non è una realtà statica in cui le parti si contrappongono con posizioni immodificabili, ma una situazione in divenire nella quale le parti interagiscono, si influenzano e si modificano reciprocamente. Così ad atteggiamenti violenti corrispondono tendenzialmente reazioni violente, mentre a comportamenti dialoganti corrisponde, altrettanto tendenzialmente, un’accettazione del confronto. Lo conferma l’esperienza secondo cui con la polizia disarmata il livello dello scontro di piazza si abbassa, mentre aumenta con la contrapposizione frontale.
La conclusione è evidente: conflitto e ordine pubblico sono concetti polivalenti che si prestano a declinazioni e pratiche diverse. Il punto è capire se si persegue l’inclusione anche delle fasce antagoniste, o un irrigidimento autoritario del sistema.
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