Roma, 26 gennaio 2024. Il ministro dell'Istruzione (e del Merito) Giuseppe Valditara (Foto Ministero Istruzione)
Roma, 26 gennaio 2024. Il ministro dell'Istruzione (e del Merito) Giuseppe Valditara (Foto Ministero Istruzione)

Scuola, ordine e disciplina. Il ministro Valditara ostenta il pugno di ferro

Bocciature e voti in condotta usate come mannaie, forze di polizia a piantonare le scuole. La scuola legge e ordine che immagina il ministro dell'Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, somiglia a un gigantesco riformatorio. Il tutto mentre i ragazzi chiedono ascolto e spazi di confronto sui grandi temi del presente

Francesco Rossi

Francesco RossiGiornalista e consulente lavialibera

28 febbraio 2024

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Chi occupa e danneggia la scuola deve essere bocciato e pagare i danni”. Non usa mezzi termini Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione e del Merito in quota Lega, nel condannare le proteste studentesche che stanno investendo in modo massiccio il suo secondo anno a viale Trastevere. Un ostentato pugno di ferro, tutto ordine e disciplina, ribadito più volte nelle ultime settimane, con interventi pubblici, interviste e question time alla Camera.

Una presa di posizione che appare perfettamente in linea con le più generali scelte di gestione dell’ordine pubblico degli ultimi mesi, come dimostrano pure le recenti immagini di Pisa, dove un piccolo corteo studentesco pro Palestina è stato caricato e manganellato dalla polizia, suscitando un moto di indignazione nazionale. I professori del liceo artistico “Franco Russoli”, frequentato dai giovani coinvolti nella manifestazione, in una lettera aperta hanno parlato di “scene di una violenza inaudita; ci siamo trovati ragazze e ragazzi delle nostre classi tremanti, scioccate”. Sull’episodio ha scelto di intervenire addirittura il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha definito le manganellate agli studenti un “fallimento”. aggiungendo che “l’autorevolezza delle forze dell’ordine non si misura sui manganelli ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni”.

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La scuola di Valditara

Il ministro Valditara ha ricordato in una circolare ai dirigenti scolastici il dovere di denunciare eventuali reati compiuti dagli studenti durante le occupazioni

Ma torniamo alle parole del ministro Valditara. A scatenare la sua raffica di esternazioni è stato il caso del liceo Severi-Correnti di Milano, occupato per tre giorni a fine gennaio. Secondo la dirigenza dell’istituto, a seguito dell’occupazione, la struttura avrebbe subito danni per 70mila euro. Atti di vandalismo che, stando alla ricostruzione degli studenti, non sarebbero invece da ascrivere a loro ma a estranei intrufolatisi durante la protesta. Spiegazione evidentemente non gradita al ministero che, pochi giorni dopo, il 5 febbraio, ha fatto recapitare una nota ufficiale a tutte le scuole superiori dedicata al tema.

Tre i passaggi chiave del testo. In apertura, il ministro ricorda ai dirigenti scolastici il dovere che grava su di loro di denunciare alle autorità competenti eventuali reati compiuti dagli studenti durante le occupazioni. Subito dopo, la nota invita “a valutare l’applicazione delle misure disciplinari previste dal regolamento interno di ciascun istituto, tenendo conto delle modalità delle occupazioni che nei casi più gravi hanno persino impedito l’accesso al dirigente scolastico e al personale di segreteria”. Una richiesta, neanche troppo velata, di sanzioni disciplinari dure, fino alla bocciatura. Infine, l’affondo sui costi: per il ministero devono “essere poste a carico degli studenti responsabili le spese per le pulizie straordinarie che si siano rese necessarie e per il ripristino o la sostituzione di arredi, sussidi didattici, computer e ogni altra attrezzatura di proprietà della scuola”.

Condotta e sospensione, stretta per gli studenti

Presunzione di colpevolezza, cinque in condotta e polizia nelle scuole

L’altro strumento che Valditara auspica di veder utilizzata contro gli studenti per arginare le proteste è il voto di condotta, che nell’era del governo Meloni è diventato un feticcio ideologico

Reati, danneggiamenti, costi per la collettività. Nelle comunicazioni ufficiali e in gran parte del dibattito pubblico sono questi i tre elementi su cui ruotano le discussioni in merito alle proteste studentesche. Difficile non pensare che dietro ci sia una precisa scelta comunicativa e politica da parte di Valditara: concentrare l’attenzione sugli aspetti negativi, a prescindere dalla loro reale entità, per suscitare indignazione e coagulare consenso intorno a provvedimenti dal sapore repressivo. Il ministro, ad esempio, proprio in materia di risarcimento dei danni alle scuole, ha annunciato l’introduzione di una presunzione di colpevolezza a danno degli studenti che partecipano alle occupazioni, a meno che non riescano a provare la loro estraneità ai fatti.

La norma, se approvata, ribalterebbe un principio giuridico cardine del nostro ordinamento, cioè la presunzione di innocenza salvo prova contraria, come ha ricordato la giurista Vitalba Azzollini su Domani: “Chiunque, per ottenere un risarcimento, deve provare che il danno è stato commesso dalla persona da cui vuole essere risarcito. Le scuole godrebbero, invece, di una posizione di privilegio, attraverso un ribaltamento dell’onere della prova, di cui non si comprendono le motivazioni. Peraltro, l’occupante dovrebbe fornire una prova negativa – non aver partecipato al danneggiamento – che è una prova diabolica, e lede il diritto di difesa”.

Una novità radicale che fa il paio con un secondo provvedimento in cantiere, cioè quello che, sempre in caso di occupazioni, darebbe ai dirigenti scolastici la possibilità di agire contro gli studenti per danno di immagine.

Con "Liberi di crescere", nessuno è rimandato

L’altro strumento che Valditara auspica di veder utilizzata contro gli studenti per arginare le proteste è il voto di condotta, che nell’era del governo Meloni è diventato un feticcio ideologico. Ormai è in dirittura di arrivo, infatti, il disegno di riforma che prevede, tra le altre cose, il 5 in condotta (e quindi l’automatica bocciatura) non solo per gli studenti che si macchino di reati e violenze (come previsto fino ad oggi), ma a che per quelli che commettano gravi e reiterate violazioni del regolamento d’istituto (e partecipare attivamente a un’occupazione rientra in questa casistica).

Inoltre, anche con il 6 in condotta non ci si può dire del tutto salvi. La sufficienza nella valutazione del comportamento, infatti, significa essere rimandati a settembre, con l’obbligo di preparare un elaborato sui temi della cittadinanza attiva e solidale, da discutere poi con i docenti durante un esame di recupero. Il ddl interviene anche sulle sospensioni, che dovranno essere sempre accompagnate da attività scolastiche di riflessione sui temi della legalità (se il provvedimento durerò al massimo due giorni) o dallo svolgimento di lavori socialmente utili (se superiore ai due giorni).

A confermare l’impronta autoritaria che Valditara intende dare al suo mandato ministeriale contribuisce anche l’annuncio, esposto a Il Messaggero il 6 febbraio scorso, di voler introdurre “una presenza delle forze dell'ordine a protezione di alcune scuole”, ma “nelle aree particolarmente a rischio”, per arginare il fenomeno delle aggressioni ai professori da parte di alunni e genitori.

Una scuola all'altezza della Costituzione

Da Torino ad Acerra, gli studenti contro la svolta repressiva di Valditara

In molte scuole dove sono avvenute delle occupazioni quest'anno gli studenti responsabili sono stati puniti duramente

E se da un lato il ministro giustifica le sue scelte con richiami alla legalità e alla meritocrazia, dall’altro gli studenti le bollano come tentativi di reprimere il dissenso e silenziare la loro voce. Uno scontro frontale che va avanti ormai da mesi e attraversa tutta l’Italia, da nord a sud. Uno degli ultimi casi, in ordine di tempo, è quello del liceo "Albert Einstein" di Torino, occupato a fine gennaio da un centinaio di studenti coordinati dall’Opposizione studentesca d’alternativa (Osa). Seppur breve, la protesta ha avuto toni accesi, con il preside Marco Michele Chiauzza che l’ha definita “squadrismo fascista”. E ha fatto molto discutere un video pubblicato sulla pagina Instagram dal collettivo Einstein Torino, in cui si vedono agenti della Digos in borghese che tentano di entrare nell’istituto e si nota uno di loro che, per una manciata di secondi, stringe il braccio intorno al collo di uno studente. Alla fine, però, le sanzioni comminate dal consiglio d’istituto sono state contenute: solo tre gli studenti sospesi (per cinque giorni uno e per dieci giorni gli altri due), a cui se ne aggiunge uno ancora in attesa di giudizio.

Pene esemplari per chi picchia i professori

Molto peggio è andata agli studenti del liceo "Torquato Tasso" di Roma, divenuti loro malgrado simbolo dell’autunno caldo delle scuole capitoline, che ha coinvolto oltre dieci istituti tra fine novembre e la metà di dicembre. In 170, autodenunciatisi in presidenza, sono stati puniti con 5 in condotta, dieci giorni di sospensione, l’obbligo di leggere e relazionare il saggio Imparare la democrazia di Gustavo Zagrebelsky e lo svolgimento di lavori socialmente utili. Una decisione che, secondo i ragazzi del collettivo politico Tasso e del Coordinamento autonomo romano ha il solo scopo di umiliare e non di educare.

Scelte simili, fortemente connotate in senso repressivo, sono state fatte dalla dirigenza scolastica del liceo "Alfonso Maria De' Liguori" di Acerra, in provincia di Napoli. Anche in questo caso, all’occupazione, avvenuta a inizio gennaio e durata circa una settimana, sono seguite sanzioni pesanti e di massa. Ben settanta, infatti, sono stati gli studenti sospesi. In questo caso, però, si è scelto di dividere gli occupanti in due categorie: promotori (5 giorni di sospensione) e semplici partecipanti (tre giorni di sospensione). “Una divisione arbitraria – sottolineano i ragazzi del collettivo De Liguori – condotta secondo criteri sconosciuti”.

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Le rivendicazioni degli studenti: temi sociali e lotte locali

A saldare le agitazioni studentesche, però, ci sono anche temi senza connotazione geografica, che disegnano piattaforme politiche dense e proiettate verso il futuro: ambiente, migrazione, riforme dell'istruzione e tutela della salute mentale

Ciò che più frustra gli studenti in rivolta, però, è la totale sordità delle istituzioni verso le loro richieste, la completa mancanza di approfondimento delle loro piattaforme di lotta e rivendicazione. “La comunità educante ha chiuso le porte in faccia a studentǝ anche dopo l'occupazione”, si legge ancora nell’ultimo comunicato del collettivo De Liguori, “a differenza di quanto ci era stato detto ufficialmente dalla dirigenza, che, ancora una volta, si qualifica per una mancanza totale di ascolto vero dellə studentə, ponendosi in una posizione di potere senza sforzarsi di comprendere la motivazione della nostra protesta”.

Ma quali sono queste motivazioni? Nel caso specifico di Acerra, il cuore delle proteste studentesche è l’annosa questione della Terra dei fuochi, tragedia ambientale che mette a rischio la vita di migliaia di persone. Chiedono che se ne parli di più, soprattutto a scuola, e che la questione torni al centro dell’attenzione della politica regionale. Stop al biocidio e stop all’ampliamento dell'inceneritore: queste, in estrema sintesi, le loro richieste. Nel comune campano, quindi, l’attivismo studentesco si salda con una battaglia che la società civile conduce da ormai 20 anni. Discorso analogo anche per le proteste degli studenti di Torino. Con la sola differenza che al posto dell’inceneritore c’è la Tav, tanto che ad alcune delle assemblee indette durante l’occupazione del liceo Einstein ha partecipato anche Nicoletta Dosio, storica attivista del no all’alta velocità.

A saldare le agitazioni studentesche, però, ci sono anche temi senza connotazione geografica, che disegnano piattaforme politiche dense e proiettate verso il futuro. Nei documenti prodotti dai collettivi si affrontano temi propri della vita scolastica, come la riforma dell’istruzione superiore, bocciata perché troppo schiacciata sulle esigenze delle aziende, o la tutela della salute mentale dei giovani, da garantire attraverso supporto psicologico all’interno delle scuole.

Ci sono poi le grandi questioni della contemporaneità, su cui ragazze e ragazzi si interrogano e si confrontano, come il conflitto in Palestina, la violenza patriarcale, l’inclusività, le questioni dell’immigrazione e quelle della tutela dell’ambiente. Argomenti che, è la critica che muovono i collettivi studenteschi, non trovano spazio nelle aule. E probabilmente continueranno a non trovarlo, se la scuola continuerà a camminare nella direzione indicata da Valditara, invece che invertire la rotta.

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