Populismo penale a scuola. Mano dura contro le violenze ai prof, ma i casi sono rari

Il Senato ha approvato l'aggravante delle pene per chi minaccia o aggredisce il personale della scuola. Valditara vuole un presidio di polizia nelle scuole più a rischio. Tuttavia i dati sulle aggressioni a docenti, presidi e bidelli sono molto rari: 36 nel 2022/23. Molte regioni non hanno registrato nessun episodio. La maggioranza offre repressione, ma alla scuola servono investimenti per insegnanti e assistenza psicologica degli studenti

Andrea Giambartolomei

Andrea GiambartolomeiRedattore lavialibera

1 marzo 2024

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Voti in condotta, bocciature, lavori socialmente utili e financo la polizia a scuola. Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha adottato la linea dura contro le violenze nelle scuole. La Lega è anche riuscita a far approvare l’introduzione di una aggravante per studenti e genitori responsabili di violenze e minacce contro il personale scolastico. Eppure in Italia le aggressioni a chi lavora a scuola sono state poche: nel 2022/23, sono stati registrati 36 episodi, gocce nell’oceano, se si considerano gli otto milioni di studenti e studentesse, dalle scuole per l’infanzia fino alle secondarie di secondo grado. Non solo. I dati raccolti da lavialibera sono diversi: secondo quanto comunicato dai dirigenti scolastici agli uffici scolastici regionali e alle sovrintendenze delle province di Trento, Bolzano e Aosta, sono state fatte 14 comunicazioni ufficiali nello scorso anno scolastico. I dati emergono da una serie di accessi civici generalizzati agli atti richiesti da lavialibera nei mesi scorsi per ottenere i dati ufficiali ed effettuare una mappatura delle violenze nelle scuole italiane. Una situazione molto diversa dalle aggressioni subite dal personale medico-sanitario negli ospedali.

Condotta e sospensione, stretta per gli studenti

Molta attenzione su alcuni casi di cronaca

Il “casus belli” da cui è stato sollevato il tema “violenza in classe” è stato un episodio avvenuto nel gennaio 2023 in provincia di Rovigo ai danni di una professoressa, Maria Luisa Finatti, colpita con proiettili di gomma sparati da uno studente, mentre gli altri allievi riprendevano con gli smartphone. L’8 febbraio 2023 il ministro Giuseppe Valditara invia ai presidi e alle articolazioni regionali del ministero una circolare con l’invito a “segnalare tempestivamente siffatti illeciti al competente Ufficio scolastico regionale, che, vagliata la segnalazione, la inoltrerà a questo Ministero per il possibile seguito nei riguardi dell’Avvocatura”. L’obiettivo di Valditara era di fornire un supporto legale al personale della scuola “nelle sedi civili e penali”. Su questa base, lavialibera ha inviato la richiesta di accesso agli atti agli uffici scolastici regionali (e ai loro omologhi della Valle d’Aosta, della provincia di Bolzano e di Trento) per sapere quante siano state le segnalazioni e quali le persone coinvolte. La stessa richiesta è stata fatta anche al ministero per avere il quadro a livello nazionale.

Dopo alcuni mesi, possiamo pubblicare le risposte, sebbene gli Uffici scolastici della Lombardia e del Lazio abbiano opposto un diniego alla richiesta di accesso agli atti. Nel Lazio, per quanto ci è stato possibile apprendere da una fonte interna, non sarebbero però giunte segnalazioni di episodi violenti contro prof, bidelli e altri lavoratori della scuola. In Lombardia, invece, sono stati due gli episodi ai danni di due insegnanti, in due istituti superiori in due province diverse, secondo quanto comunicato dalla direzione dopo una richiesta informale via mail.

In molte regioni nessuna violenza denunciata

Moltissimi Uffici scolastici regionali hanno fatto sapere di non aver ricevuto alcuna denuncia da parte di insegnanti, collaboratori scolastici, bidelli: in Valle d’Aosta, Bolzano, Trento, Veneto, Friuli-Venezia-Giulia, Emilia-Romagna, Umbria, Marche, Molise e Basilicata, se sono avvenute aggressioni ai danni dei lavoratori della scuola, non sono state così gravi da meritare una segnalazione dei dirigenti scolastici. Oppure, altra ipotesi, la circolare del ministro non ha ricevuto dai presidi una considerazione adeguata.

Neanche in Veneto, dove è avvenuto il caso della professoressa bersagliata con i proiettili di gomma dagli alunni (precisamente a Rovigo), hanno registrato dei casi: “Questo Ufficio Scolastico Regionale non dispone di dati da comunicare”, è la risposta di Mirella Nappa, dirigente responsabile degli affari legali dell’Usr Veneto.

In Piemonte c’è stato un caso in un istituto della provincia di Torino nel marzo 2023. Un caso, vittima un docente di una scuola superiore della provincia di Genova, è stato segnalato dall’Usr della Liguria al ministero il 21 luglio scorso. Gli uffici dell’Usr dell’Abruzzo hanno risposto di aver ricevuto “una segnalazione concernente un episodio avvenuto il 24 febbraio 2023 presso un istituto in provincia di Pescara, ai danni di un collaboratore scolastico”. Da Cagliari, l’Usr ha fatto sapere di aver “avuto notizia di n. 1 episodio di violenza avvenuto in data 6 novembre 2023, che coinvolge un docente di un istituto di istruzione statale professionale della provincia del Sud Sardegna”.

“L’Ufficio scolastico regionale per la Sicilia ha trasmesso al Ministero centrale n. 2 segnalazioni di episodi di violenza nei confronti del personale docente verificatisi rispettivamente nella provincia di Palermo nell’a.s. 2022/2023 e nella provincia di Catania nell’a.s. 2023/2024”.

Tre i casi in Campania, tutti contro gli insegnanti. Uno è avvenuto nello scorso anno, il 24 marzo, in provincia di Napoli. Gli altri due all’inizio dell’attuale, il 26 settembre nel Napoletano e il 15 ottobre nel territorio di Salerno. Anche in Toscana sono stati registrati tre casi, tutti nel 2022/23: in un’istituto tecnico commerciale e per geometri della provincia di Pisa uno studente ha aggredito un professore il 6 febbraio 2023. Nel Fiorentino, in un istituto tecnico industriale, un episodio è avvenuto il 31 marzo seguente. In provincia di Grosseto, un altro in una scuola per l’infanzia contro un insegnante e collaboratore Ata.

Le regioni con più casi sono state Puglia e Calabria, quattro casi ciascuno al momento della risposta ufficiale. Nello scorso anno, uno in provincia di Bari e l’altro in provincia di Foggia. In quello attuale, al 10 gennaio 2024, se ne contavano sempre uno nel territorio barese e uno in provincia di Taranto. Numeri simili in Calabria, con due violenze contro dei docenti nella scorsa annata e due all’inizio di quella in corso (fino al 23 novembre 2023).

Una scuola all'altezza della Costituzione

I dati forniti dal ministero

Dai dati raccolti dai singoli uffici scolastici regionali, risultano quindi 14 episodi nello scorso anno scolastico e otto all’inizio di quello in corso (su questo, però, i numeri si fermano allo scorso novembre). Si tratta di numeri inferiori rispetto ai 36 nel 2022/23 e i 19 dell’attuale comunicati dal ministero.

Alla richiesta di accesso civico generalizzato, il Mim risponde che “gli episodi segnalati a questo Dipartimento nel corso dell’anno scolastico 2022/2023 sono trentasei”, di cui la maggior parte degli episodi (15) avvenuti alle scuole secondarie di secondo grado; 12 nelle scuole del primo ciclo e un solo caso in una scuola dell’infanzia. “Dei rimanenti episodi non è stata indicata la tipologia di istituto scolastico coinvolto”, aggiungono.

Le vittime sono soprattutto insegnanti (25 casi), cinque i presidi, tre il personale personale amministrativo, tecnico e ausiliario (Ata) e tre episodi hanno coinvolto “il personale scolastico, di diversa tipologia, presente al momento del fatto”. Per undici dei casi segnalati il ministero ha chiesto l’interessamento dell’Avvocatura dello Stato che, da legge, “assume la rappresentanza e la difesa degli impiegati e agenti delle Amministrazioni dello Stato o delle amministrazioni o degli enti di cui all'art. 43 nei giudizi civili e penali che li interessano per fatti e cause di servizio”.

Per quanto riguarda l’anno scolastico in corso, al 18 gennaio (data della risposta), erano arrivati negli uffici del ministero 19 segnalazioni. Di queste, 10 circa episodi avvenuti nelle scuole di secondo grado, otto di primo grado e uno in una scuola dell’infanzia. 15 i casi contro gli insegnanti, due contro i dirigenti scolastici, uno contro un componente del personale Ata e uno ai danni di personale ausiliario. Al momento, soltanto un caso è stato ritenuto meritevole dell’intervento dell’Avvocatura dello Stato.

"Attenzione a enfatizzare alcuni casi"

"I dati su questo fenomeno sono sempre sembrati un elemento oscuro, con l’attenzione a enfatizzare alcuni singoli casi"Andrea Marchesi - Pedagogista

“Da quando se ne parla, i dati su questo fenomeno sono sempre sembrati un elemento oscuro, con l’attenzione a enfatizzare alcuni singoli casi. Guardare ai dati vuol dire considerare il fenomeno nelle sue dimensioni – commenta il pedagogista Andrea Marchesi –. Mi pare ci sia uno schema ricorrente nell’inasprire le pene per fenomeni residuali”, come l’aggravamento delle pene per i rave, ad esempio.

Mercoledì 28 febbraio il Senato ha approvato in via definitiva la proposta di legge del deputato Rossano Sasso (Lega) contro le violenze ai docenti, proposta che mira a introdurre un’aggravante ai reati di violenza e minaccia a pubblici ufficiali: un terzo della pena base per gli studenti; la metà se gli imputati sono genitori. “Restituiamo rispetto e dignità ai professori e alle istituzioni scolastiche”, ha affermato Sasso insieme al senatore Roberto Marti. La senatrice di Fratelli d'Italia Domenica Spinelli ha aggiunto che “episodi di questo tipo, del resto, sono in costante e preoccupante crescita negli ultimi anni”, ma dati esatti non ne esistono. “Pensiamo che questo atteggiamento puramente repressivo non possa essere l'unica soluzione – hanno replicato gli esponenti del M5s in commissione cultura alla Camera e al Senato, dove si sono astenuti dal voto –. La violenza non si vince solo con la repressione, servono investimenti”. Per questo chiedono: “Che fine hanno fatto i fondi e le risorse che i governi precedenti avevano stanziato a favore della scuola per restituirle dignità e promuovere una vera educazione civica?”.

Disagio dei giovani, un fenomeno da indagare

“Il numero di casi in sé ha un suo significato, ma va indagato il fenomeno dietro ogni singola aggressione”, afferma Ivana Barbacci, segretaria della Cisl Scuola. Secondo lei, “ciò che preoccupa è la reazione verso l’istituzione scolastica e chi la rappresenta. C’è un disagio profondo in molti bambini e in molte famiglie, non necessariamente negli strati meno abbienti, che si rivolgono in modo aggressivo”.

C’è un aspetto, quindi, legato al malessere psichico dei giovani. “Il Covid ha fatto emergere in maniera piena il disagio che era sotteso”, aggiunge Barbacci. Marchesi sottolinea che, a differenza dei dati incerti sulle violenze, “esistono dati di fenomeni crescenti e preoccupanti che arrivano dal mondo della sanità e della cura che indicano un aumento del malessere infantile e adolescenziale che sfocia nella violenza psico-fisica”. Marchesi fa riferimento, ad esempio, all’aumento del disagio psicologico testimoniato dal rapporto Istat sul Benessere Equo e Sostenibile del 2021, ai dati forniti dalla Società di pediatria italiana (2021) sull’aumento di accessi ai pronti soccorso per “ideazione suicidaria” (+147%), depressione (+115%) e disturbi della condotta alimentare (+78.4%), o i dati dell’indagine del Cnr e del Gruppo Abele sugli “hikikomori”. “Servirebbero risorse molto importanti per rafforzare un sistema di cura venuto meno”, aggiunge Marchesi.

In Italia quasi 54mila "hikikomori", gli adolescenti "ritirati"

"Insegnanti infragiliti e disarmati contro i disagi"

"I prof sono in bilico tra un ruolo educativo e quello di vigilanza. Si trovano infragiliti e disarmati, senza supporti o sostegni per affrontare le dinamiche di conflitto"Ivana Barbacci - Cisl Scuola

E servirebbero più risorse per gli insegnanti, principali vittime delle aggressioni, come dimostrano i dati. Secondo la dirigente Cisl Barbacci, tra le ragioni delle violenze c’è anche l’impoverimento del ruolo, dell’immagine e del senso della scuola: “Viene vissuta come un obbligo e allora brutti voti, note e bocciature non sono considerate come tappe di un percorso educativo e l’insegnante diventa qualcuno che crea problemi. I nostri iscritti sono preoccupati, il clima è allarmante, al di là dei casi. I prof sono in bilico tra un ruolo educativo e quello di vigilanza. Si trovano infragiliti e disarmati, senza supporti o sostegni per affrontare le dinamiche di conflitto. Servirebbe, ad esempio, diminuire il numero degli alunni per classe”. Finora, però, il ministro dell’Istruzione ha preferito aumentare le sanzioni.

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