Aggiornato il giorno 22 settembre 2024
Aggiornamento. Nella mattinata del 4 settembre 2024 a Cernusco sul Naviglio (Milano), Antonio Bellocco, pregiudicato per mafia e nipote di un boss della 'ndrangheta, è stato ucciso a coltellate da Andrea Beretta, un capo ultras con cui aveva avuto un violento diverbo. Bellocco era entrato da molti mesi nel direttivo della curva nord di San Siro.
Un vecchio capo ultras dell’Inter fatto fuori con cinque colpi di pistola. Il boss della Barona che, al telefono, minaccia vendette. Un giovane uomo con un cognome pesante, legato a una cosca calabrese, che si fa spazio sui gradoni di San Siro. La curva nerazzurra di Milano si è tinta di giallo. Da quando il 29 ottobre 2022 è stato ucciso Vittorio Boiocchi, il leader dei Boys San che dopo moltissimi anni di carcere aveva ripreso il comando della tifoseria, gli equilibri sono cambiati e sono emersi diversi scenari criminali. Scenari che non riguardano soltanto la parte interista, ma anche l’altra, quella del Milan.
"Faccio 80 mila euro al mese con biglietti e parcheggi"Vittorio Boiocchi - Capo ultras dell'Inter
Entrava e usciva dal carcere lo “zio Vittorio”, classe 1952, la cui carriera criminale, cominciata nel 1974 con rapine a banche e supermercati, era segnata da dieci condanne definitive, di cui alcune per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti (coca dal Sudamerica, eroina dalla Turchia) in complicità col clan Fidanzati di Milano, vicino a Cosa nostra. Era stato anche arrestato nell’operazione Nord-Sud del 1992, una delle prime a fare luce sulla presenza della ’ndrangheta a Milano. Dietro le sbarre, Boiocchi riusciva a gestire lo spaccio in curva tramite tre ultras al suo servizio che, secondo gli investigatori, versavano una parte dei guadagni sul suo “conto” in carcere. Gli inquirenti hanno calcolato che dal 1992 al 2018 è stato in cella per ben 26 anni e 3 mesi.
Nel 2018, grazie all’affidamento in prova ai servizi sociali, è uscito di prigione e, pochi mesi dopo, si è rimesso all’opera. Nel settembre 2019, dopo lo scontro con un altro storico capo degli ultras interisti, Franco Caravita, è tornato alla guida del gruppo Curva Nord 69: "Faccio 80 mila euro al mese con biglietti e parcheggi", si vantava al telefono, nel 2021, intercettato nel corso di un’indagine.
D’altronde intorno allo stadio ruotano diverse attività borderline da cui è possibile guadagnare: il bagarinaggio, le “creste” sui guadagni dei paninari, la vendita di sciarpe e magliette e, più importante, la gestione dei parcheggi. La sezione Digos della Questura di Milano e la procura hanno avviato un’inchiesta, ancora in corso. Boiocchi ha ripreso anche a frequentare persone pregiudicate (tra cui Vincenzo Facchineri, della ’ndrina Facchineri, conosciuto in carcere, e Antonio Canito della malavita pugliese) e a commettere reati: il 3 marzo 2021 è stato arrestato insieme a un altro malavitoso per un tentativo di estorsione. Poco dopo è tornato in libertà, ma con alcuni obblighi da rispettare.
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"La mentalità, non me ne frega un c…, la mia vita gira intorno al guadagno"Andrea Beretta - Capo ultras dell'Inter
La sera di domenica 29 ottobre 2022 Boiocchi era di ritorno a casa sua. A San Siro stava per cominciare Inter-Sampdoria. Lui allo stadio non poteva starci. Dopo la scarcerazione era un sorvegliato speciale e doveva tenersi ad almeno due chilometri di distanza dagli impianti in cui si svolgono partite di calcio. Il tribunale lo aveva stabilito "al fine di spezzare quel legame pericoloso esistente fra Boiocchi Vittorio e la tifoseria interista anche al fine di tutelare i soggetti legati al mondo degli ultrà che non presentino caratteristiche criminali come quelle del soggetto proposto". Ormai sotto casa sua, a Figino (quartiere della periferia nord-ovest), viene avvicinato da una persona che gli ha sparato i cinque colpi per poi scappare con un complice. Da allora la Squadra mobile dà la caccia agli autori dell’agguato. Nel frattempo, sono venuti alla luce diversi particolari interessanti.
Si sa, attraverso l’indagine Barrios condotta dai carabinieri e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia, che nel marzo 2022 Nazzareno Calajò, un pezzo grosso della mala milanese, boss della Barona (periferia sud-ovest), nutriva astio verso Boiocchi e verso un altro leader della curva, Andrea Beretta. L’inchiesta non riguarda l’omicidio del capo ultras, ma dalle intercettazioni sono emersi dettagli importanti.
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Ad esempio, in una conversazione registrata Calajò parlava con il nipote Luca e altre persone e immagina vendette: "Adesso studio il modo che gli taglio la testa senza pagarla... a questo infame qua". Aggiungeva ancora: "Lo faccio scomparire". Non nominava mai Boiocchi, neanche coi suoi soprannomi, e non si capisce la ragione per questo astio nei suoi confronti, ma gli inquirenti non hanno dubbi, quelle parole e quei riferimenti portano a lui: "Se mi capita che riesco così, bene. Se non mi capita vado a San Siro e gli taglio la testa davanti a tutti, senza problemi, e paga pure il Beretta e chi c’è vicino a lui. Anzi il Beretta rimane vivo, gli dico: 'Portami due milioni domani, sennò fai la stessa fine tu, fai! Infame, perché sei un infame tu e tutti quelli del curva siete degli infami. Alla fine siete una massa di carabinieri voi dell’Inter'".
A fornire agli inquirenti la conferma che il boss della Barona stesse parlando proprio di Boiocchi sono altre conversazioni di Luca Calajò: "Eh, il problema è che questo è un cornuto. Se gli arriva all’orecchio qualcosa... è uno pure d’azione, sto figlio di p...", diceva. Il suo interlocutore chiedeva di chi stesse parlando e il nipote del boss rispondeva: "Vittorio! Come chi? C’ha gli scagnozzi suoi...". Da mesi Nazzareno Calajò incontrava due ultras interisti vicini all’estrema destra per mandare delle ambasciate a Boiocchi, tant’è che a un certo punto, il 23 marzo 2022, Alessandro Calajò (figlio di Nazzareno, ndr) ha domandato al cugino Luca: "Hai visto che lo zio Vittorio ci vuole incontrare?".
Tra gli atti dell’indagine – riportava il Fatto Quotidiano all’inizio del 2024 – ci sono alcune informative e intercettazioni che danno conto degli incontri e degli intrecci fittissimi tra ultras, criminalità ed estrema destra, in una costante lotta per la spartizione del potere e degli affari allo stadio: "La mentalità (quella degli ultras, ndr) non me ne frega un c…, la mia vita gira intorno al guadagno", diceva Beretta.
L’astio di Calajò non riguardava soltanto i capi della curva nord di San Siro, quella nerazzurra, ma anche quella sud, milanista. Secondo i carabinieri del Raggruppamento operativo speciale (Ros), "nell’ambito della contesa tra Luca Lucci e Giancarlo Lombardi (due capi ultras del Milan, ndr) per impossessarsi della gestione della curva del Milan, il 23 maggio 2022 i Calajò riflettevano sull’opportunità di intervenire oppure no nella gestione. A un certo punto Nazzareno Calajò manifesta l’intenzione di uccidere Giancarlo Lombardi e Cataldo (Daniele, ndr), quest’ultimo braccio destro di Lucci".
Luca Lucci, classe 1981, detto “il Toro”, è il leader della curva sud di San Siro, quella dei tifosi milanisti. Per molti, è l’ultras fotografato nel dicembre 2018 insieme all’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini a una festa della tifoseria rossonera. Lucci è cresciuto sotto l’ala di Lombardi, detto “Sandokan”, nato nel 1975, condannato in via definitiva, il 14 aprile 2015, a 3 anni e 8 mesi per la tentata estorsione aggravata ai danni del Milan: se il club non avesse concesso ai Guerrieri ultras biglietti a condizioni di favore e un centinaio di abbonamenti gratuiti, Sandokan e compagni avrebbero provocato disordini dentro lo stadio.
Dopo l’arresto del capo, nel 2009, il “Toro” ha preso le redini del gruppo. Fino ad allora, il suo nome era emerso in qualche segnalazione e in qualche atto di indagine per spaccio di cocaina, senza risvolti penali, ma nulla di più. Dopo, invece, è diventato protagonista di alcuni fatti di cronaca. Ad esempio il 15 febbraio 2009, nel corso di un derby, aveva aggredito un gruppo di tifosi interisti i quali, per poter vedere la partita, avevano strappano uno striscione dei Guerrieri ultras che limitava la loro visuale: con un pugno a un tifoso nerazzurro, Lucci gli ha fatto perdere la vista da un occhio. Per quell’episodio è stato condannato a 4 anni e mezzo di carcere, una condanna scontata.
Secondo la polizia, e sulla base delle confidenze di un informatore, dopo quell’aggressione il carisma di Lucci in curva è aumentato. E lui alcuni anni dopo è stato coinvolto in alcune indagini per questioni di droga. Il 4 giugno 2018 è stato arrestato con altre 21 persone nel corso dell’operazione Mongolfiera: accusato di detenzione di hashish, il 26 luglio successivo ne è uscito patteggiando un altro anno e mezzo di reclusione. Questa indagine ha rivelato che la sede degli ultras rossoneri a Sesto San Giovanni, un pub chiamato Clan 1899 (anno di fondazione del Milan), era usato come "base operativa" per riunioni sui traffici, per la consegna della “merce” e come luogo di incontro con "una costante affluenza di pregiudicati di elevato spessore criminale", anche "inseriti in contesti di criminalità organizzata" e imparentati a famiglie della ’ndrangheta ionica, come Antonio Rosario Trimboli e Rosario Calabria.
Una seconda indagine – nata dall’inchiesta sul tentato omicidio di Enzo Anghinelli, uomo con svariati precedenti per droga e legami forti nella criminalità e nella curva rossonera – ha portato all’arresto del “Toro” il 17 dicembre 2021 per associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga. Utilizzando un telefonino dotato di Encrochat, sistema che permetteva di criptare le conversazioni, Lucci (col nickname “Belvaitalia”) aveva dato disposizioni sull’acquisto e sullo spaccio di quintali di coca e hashish. Condannato definitivamente a sei anni e quattro mesi, ora ha ottenuto l’affidamento in prova. La guida della tifoseria è nelle mani del fratello Francesco.
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Nel direttivo dell’Inter, invece, dopo la morte di zio Vittorio e il Daspo a Beretta, il leader della curva nord è diventato Marco Ferdico, con un precedente penale per droga. Al suo fianco – ha rivelato sempre il Fatto Quotidiano – è arrivato Antonio Bellocco, un nipote di Umberto Bellocco, boss dell’omonima ’ndrina di Rosarno (Reggio Calabria). Al primo anello della sud, invece, nel 2018 – dopo l’ultimo arresto di Lucci – si era fatto spazio un gruppo chiamato Black Devil, che alcuni reputano in rapporti con la ’ndrangheta, sebbene il suo leader Mimmo Vottari (altro cognome importante nel comune calabrese di San Luca) neghi con fermezza di essere un ultras e di avere rapporti con le cosche. Sta di fatto che, per la stagione 2024-25, lo striscione dei Black Devil non compare più a San Siro.
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