16 marzo 2023
A Milano e nel suo hinterland, la 'ndrangheta domina ancora, ma ciò non esclude la presenza della mafia siciliana e camorra. Anzi, "c’è una convergenza di interessi", sostiene Alessandra Dolci, coordinatrice della Direzione distrettuale antimafia nel capoluogo lombardo, scelto quest'anno da Libera come sede della Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, il 21 marzo 2023. Il corteo sfila nelle vie del centro di una città scelta non a caso: sono passati trent'anni dalle stragi di Cosa nostra nel Centro e Nord Italia, come la strage in via Palestro (vicino al Padiglione di arte contemporanea) che provocò la morte di cinque persone, e dalla più grande inchiesta contro la corruzione politica, cioè Mani pulite. Ma il capoluogo lombardo è anche una zona in cui le organizzazioni criminali si fanno organizzazioni imprenditrici in grado di sfruttare le ricche occasioni di investimento, l'arrivo di fondi pubblici come il Pnrr e i progetti per le Olimpiadi di Cortina.
Il sindaco Beppe Sala ha ricordato che in questo periodo su Milano ci sono molti investimenti importanti e che “ovviamente grandi masse di denaro richiamano gli interessi dei malintenzionati”. Dal vostro “osservatorio” della Direzione distrettuale antimafia e antiterrorismo vedete qualcosa di specifico?
Notiamo flussi finanziari nei settori di interesse delle mafie e, in particolare, della ‘ndrangheta, come ad esempio nell’edilizia. Di accertato c’è una vicenda di un subappalto delle Olimpiadi invernali Milano-Cortina per il movimento terra nella zona del villaggio olimpico. Per il resto, monitoriamo la situazione. Penso sia inesatto parlare di concreta ed effettiva presa di interessi, ma possiamo fare delle previsioni.
In che maniera avviene l’infiltrazione della criminalità organizzata nell’economia?
Noi documentiamo questo fenomeno. C’è un’accentuata vocazione imprenditoriale, soprattutto della ‘ndrangheta. L’infiltrazione avviene ad esempio in consorzi di cooperative che offrono servizi a bassa connotazione tecnologica come facchinaggio, pulizie, trasporti e logistica. Forniscono questi servizi a prezzi fuori mercato: le cooperative alla base di questo sistema sono evasori totali tenuti in vita per pochi anni per sfuggire ai controlli. Non versano i contributi previdenziali o le imposte, o magari fanno un’indebita compensazione con crediti inesistenti. In questo modo possono fornire prestazioni a prezzo incongruo rispetto a quelli del mercato e alternano le regole del gioco, le regole del mercato.
Un imprenditore lombardo: "Così sono finito in pasto alle 'ndrine"
C’è quindi una responsabilità importante delle aziende più grandi?
Sì. Noi siamo spesso intervenuti con l’amministrazione giudiziaria, prevista dal testo unico antimafia: invitiamo le imprese ad adottare un modello serio che tenga conto di una serie di regole concrete per evitare le infiltrazioni, regole che riguardano il ciclo passivo, cioè la scelta del fornitore. Nel modello 231 (il modello di organizzazione e gestione delle aziende, ndr) bisogna stabilire che il prezzo previsto per le prestazioni esternalizzate non deve essere inferiore a una certa somma. Questo serve a evitare anche fenomeni come il caporalato: spesso queste cooperative sono contenitori di manodopera fornita perlopiù da lavoratori stranieri.
Antiriciclaggio, i comuni faticano a segnalare i presunti affari illeciti
Milano è anche un importante centro della finanza e si presta a infiltrazioni criminali più sofisticate.
In passato abbiamo investigato su ipotesi di riciclaggio nel settore della ristorazione e immobiliare. Abbiamo poi un altro mondo di devianza che riguarda la creazioni di imprese capaci di creare crediti di imposta fittizi poi immessi sul mercato per ottenere liquidità, come avvenuto col Superbonus e altri bonus edilizi. È una forma evoluta di fare impresa fuori legge, connotazione tipica di alcuni contesti mafiosi.
Gli strumenti per contrastare questi fenomeni sono sufficienti?
"Noi abbiamo in passato interpretato il 416 bis come collegato a un controllo territoriale, ma ora non è più soltanto così: il controllo riguarda alcuni settori dell'economia"
Io dico sempre che quelli che abbiamo sono più che sufficienti. Eventuali modifiche normative – mi riferisco soprattutto all’adeguatezza dell’articolo 416 bis del codice pensale, l’associazione a delinquere di stampa mafioso – potrebbero anche essere in senso “peggiorativo” e creare ulteriori problemi. Teniamo quello che abbiamo. Il punto è darne una interpretazione in una forma adeguata ai tempi. Noi abbiamo in passato interpretato il 416 bis come collegato a un controllo territoriale, ma ora non è più soltanto così: il controllo riguarda alcuni settori dell'economia.
In questa fase storica, a quasi 12 anni dall'operazione Infinito, si può dire se c'è una organizzazione mafiosa prevalente in Lombardia?
Se parliamo del distretto della Corte d’ Appello di Milano, sicuramente la ‘ndrangheta. Però c’è anche una convergenza di interessi con esponenti delle altre mafie storiche come Cosa nostra e la camorra. Non si fanno certo la guerra, anzi all'occorrenza fanno affari insieme.
Una recente operazione ha fatto luce sulla locale di 'ndrangheta di Rho, guidata da una persona che, dopo aver scontato la condanna ottenuta nel processo Crimine-Infinito, era tornata in attività. Ci sono altri casi?
"Alcuni soggetti già condannati per mafia erano ritenuti interlocutori affidabili: gli imprenditori si rivolgevano a loro consapevoli del loro essere mafiosi e così anche i politici che si rivolgevano a loro per avere i voti"
Oltre al caso di Rho, ci sono state le indagini sulle locali di Mariano Comense e di Pioltello, e tutta una serie di indagini che si sono succedute dopo Infinito-Crimine con l’arresto di persone già condannate per 416-bis anche in indagini dei primi anni Novanta. Questo significa che la sanzione penale è inefficace. Finché gli ‘ndranghetisti svolgevano attività criminali, attività in cui era abbastanza frequente il ricorso all’ intimidazione, oppure si occupavano di traffici di droga, erano visti dal contesto sociale come dei criminali. Ora fanno gli imprenditori borderline, quindi disponibili a creare articolati sistemi finalizzati all'evasione fiscale. La conseguenza è che la percezione del disvalore delle loro condotte viene meno. Alla fine loro stessi dicono: “In fondo lei mi contesta che sono mafioso, ma io faccio fatture fittizie come tanti altri”. Abbiamo avuto modo di notare, nelle indagini su soggetti già condannati per 416 bis, che in realtà erano ritenuti interlocutori affidabili rispetto a quel contesto sociale: gli imprenditori si rivolgevano a loro consapevoli del loro essere mafiosi e così anche i politici che si rivolgevano a loro per avere i voti.
In un'intervista a La Repubblica del giugno scorso, in vista dei cantieri legati al Pnrr e alle Olimpiadi, lei diceva che ci vorrebbe un protocollo di intesa come quello fatto per Expo per prevenire le infiltrazioni mafiose nei grandi appalti. Ci sono state novità rispetto quella sua dichiarazione?
Non c’è stato nulla. Il protocollo sull’Expo era nato da una modifica legislativa che aveva attribuito al prefetto di Milano i controlli antimafia. Le Olimpiadi riguardano un contesto geografico più ampio ed era necessario un intervento ad hoc che non c’è stato. Ne prendiamo atto. Ormai è tardi e ciascun prefetto provvederà per quanto di sua competenza.
La Dda di Milano, sembra molto attiva sulla questione del traffico dei traffici illeciti di rifiuti. Ci sono di mezzo le organizzazioni mafiose o si tratta di imprenditoria borderline?
A volte ci sono di mezzo le mafie, in altre si è in presenza di “semplici” trafficanti di rifiuti. È un reato che considero seriale. Le indagini che riguardano le cave nascono di regola da altre indagini in tema di 416 bis. Dopodiché non voglio dire che i gestori delle cave siano soggetti mafiosi, ma essendo lo smaltimento di materiale da scavo e demolizione un’attività connessa all’edilizia, in cui sono presenti molti interessi mafiosi, c'è sovente un collegamento tra queste due attività, edilizia riferibile a “contesti mafiosi” e smaltimento illecito di rifiuti. Poi anche nella gestione dei rifiuti da raccolta urbana in alcuni casi abbiamo documentato la presenza di soggetti mafiosi. In alcuni, non in tutti. Non dobbiamo generalizzare.
Perché lo considera un reato seriale?
Perché vediamo che i soggetti da noi indagati hanno spesso dei precedenti specifici. I gestori, già condannati operano con nuove compagini societarie magari intestate a moglie e figli, oppure gli autisti che trasportano questi rifiuti con la documentazione falsa, sono spesso soggetti che abbiamo già incrociato in altre indagini.
Nei traffici illeciti di rifiuti, gli attori sono capaci di agire in più stati.
Fino a due o tre anni fa abbiamo assistito al fenomeno dello stoccaggio di enormi cumuli di rifiuti provenienti per lo più dalla Campania in siti dismessi del Nord Italia e in alcuni casi venivano poi dati alle fiamme. Il fenomeno degli incendi al Nord ora è quasi scomparso e i rifiuti hanno preso altre strade, verso l'estero, soprattutto verso i Paesi dell’ Est Europa.
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