
Don Italo Calabrò, pioniere dell'antimafia sociale

28 febbraio 2023
"Finalmente una procura sceglie di focalizzarsi sui datori di lavoro e non sugli scioperi dei lavoratori, finora colpiti in modo duro, insieme ai sindacalisti di base. Ci hanno presentati come terroristi quando siamo la parte sana del mondo della logistica, un paradosso". Così Carlo Pallavicini, sindacalista SI Cobas di Piacenza, uno dei grandi poli logistici d’Italia, commenta le ultimi grandi indagini della guardia di finanza di Milano che hanno portato al sequestro preventivo d’urgenza di 81 milioni di euro a carico di due colossi delle spedizioni.
Il primo è Brt, erede della storica azienda italiana Bartolini, che nel 2021 ha dichiarato un volume di affari di un miliardo e 784 milioni di euro. Quello del secondo, Geodis, superava i 240 milioni di euro. Entrambe le aziende fanno capo a due gruppi francesi a partecipazione statale e sono accusate di aver evaso l’Iva, simulando contratti di appalto con altre società, spesso cooperative, che funzionavano come serbatoi di manodopera, cioè non avevano altra funzione se non quella di fornire una grande quantità di facchini. Lavoratori che altrimenti le due compagnie avrebbero dovuto assumere come dipendenti. In questo modo, dal 2019 al 2021, Brt avrebbe ottenuto un vantaggio patrimoniale di oltre 26 milioni di euro e Geodis di 28. Mentre, dal 2018 al 2022, le società fornitrici non avrebbero versato l’Iva per un totale complessivo di oltre 100 milioni di euro. Il 24 gennaio scorso la posizione di Bartolini, a cui sono stati sequestrati d’urgenza altri 24 milioni di euro, si è aggravata. Per il pubblico ministero, Paolo Storari, l’azienda non solo evade il fisco ma opera nel settore trasporti "un sistematico sfruttamento dei lavoratori" attraverso fatture per operazioni giuridicamente inesistenti e forme di caporalato. Il numero di lavoratori coinvolti, che solo nel 2021 superava quota cinquemila, è così alto che Bartolini "pare porsi come una sorta di nuovo potere, ufficioso ma molto effettivo, penetrante, opaco, vero regolatore dei processi lavorativi e alternativo allo Stato". E così – prosegue il pm – la costante violazione delle regole diventa normalità in un contesto dove "le pratiche illecite vengono accettate e in qualche modo promosse".
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Con i criptofonini, i clan della Locride gestivano il narcotraffico internazionale da San Luca, paese di tremila anime arroccato sull'Aspromonte jonico. Tramite il "denaro volante", sistema informale di trasferimento di valore gestito da cinesi, con contatti a Dubai, pagavano la droga ai cartelli sudamericani. Con il beneplacito dei paramilitari, tonnellate di cocaina partivano da Colombia, Brasile e Ecuador per poi raggiungere il vecchio continente grazie agli operatori portuali corrotti dei principali scali europei. L'ultimo numero de lavialibera offre la mappa aggiornata degli affari della 'ndrangheta, così per come l'hanno tracciata le ultime indagini europee, in particolare l'operazione Eureka