6 novembre 2024
Se è la Direzione distrettuale antimafia di Milano a coordinare le indagini sull’Equalize, la società che realizzava investigazioni private e dossier con informazioni riservate ottenute con accessi abusivi alle banche dati dello Stato, è perché la rete dei presunti spioni aveva contatti con la criminalità organizzata. L’operato della società è finito sotto la lente degli investigatori nel corso di un’indagine per reati di mafia ancora “non oggetto di discovery”, o meglio, ancora coperta dal segreto.
Il 25 ottobre scorso i carabinieri del Nucleo investigativo di Varese hanno notificato gli arresti domiciliari a quattro persone – l’ex ispettore di polizia Carmine Gallo, amministratore della società, e i suoi collaboratori Nunzio Samuele Calamucci, Giulio Cornelli e Massimiliano Camponovo – e sospeso dalle funzioni un militare della guardia di finanza e un ispettore di polizia. Il giudice per le indagini preliminari Fabrizio Filice ha invece respinto le richieste dei pubblici ministeri per molti altri indagati, tra cui quella per Enrico Pazzali, presidente di Equalize e anche dell’Ente Fiera di Milano.
I manager dell’azienda erano in contatto con alcuni imprenditori di chiara fama, come Leonardo Maria Del Vecchio, erede del gruppo Luxottica, o il finanziere Matteo Arpe, coinvolti nell’inchiesta, o con politici come il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana o la deputata di Forza Italia Lucia Ronzulli (non indagati), ma anche con presunti appartenenti alla criminalità.
L’origine dell’inchiesta dei carabinieri del Nucleo investigativo di Varese nasce dal pedinamento, avvenuto nell’estate 2022, di un uomo legato “alla criminalità organizzata lombarda, che si è incontrato con ‘Carmine'” in un caffè di piazza Fontana, a Milano. L’identità del primo uomo è coperta da un “omissis”.
"Gallo coltiva numerose amicizie di rilievo, segnatamente costituitesi nel periodo della lotta alla ‘ndrangheta in Lombardia degli anni ‘80 e ‘90 amicizie sia istituzionali che nell’ambito della criminalità e che sfrutta per i propri scopi personali"Informativa del Nucleo investigativo dei carabinieri di Varese
Quel Carmine è, invece, Carmine Gallo, definito nell’informativa come “super-poliziotto”. Ed effettivamente è un ispettore con un curriculum di tutto rispetto: per anni ha lavorato nella polizia giudiziaria in forza alla procura di Milano occupandosi di inchieste sulla criminalità organizzata e ha avuto “un ruolo importante nella gestione di alcuni dei più noti collaboratori di giustizia che hanno contribuito a ricostruire le dinamiche criminali di pericolose consorterie mafiose operanti in Lombardia”. Tra questi pentiti, uno era Saverio Morabito. In seguito è stato commissario di polizia a Rho-Pero e nel 2018 è andato in congedo. La sua carriera gli ha permesso di instaurare amicizie “sia istituzionali che nell’ambito della criminalità e che sfrutta per i propri scopi personali”, annotano i carabinieri in un’informativa. Figure istituzionali, politiche e imprenditoriali, ma anche criminali con cui intrattiene “disinvolti rapporti”.
Diventato l’amministratore delegato socio di minoranza (con una quota del 5 per cento) della società di investigazioni private Equalize. I pm lo accusano di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di una serie di reati, come l’accesso abusivo a sistemi informatici protetti, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, intercettazioni illecite, favoreggiamento e altro. Insieme a lui indagato anche Pazzali e altri soci, tra cui Calamucci, ritenuto il coordinatore di un gruppo di hacker, tecnici informatici capaci di realizzare le intercettazioni telematiche abusive (ad esempio tramite i trojan sui telefonini) e di “bucare” le banche dati protette (come lo Sdi, Sistema di indagine, in uso alle forze di polizia; Serpico, in uso all’Agenzia delle entrate e alla guardia di finanza, e altre ancora) per ricavare i dati necessari per i loro dossier.
Giovedì scorso, di fronte al gip per l’interrogatorio di garanzia, Gallo ha affermato di essere “un servitore dello Stato”, spiegando che avrebbe risposto alle domande dei pm “solo quando avremo piena conoscenza di tutti gli dell'indagine”, ha precisato l'avvocato Antonella Augimeri.
Forti sono i sospetti dalla procura di Milano sull’ex ispettore. “Gallo Carmine è senza dubbio capo, ideatore, promotore e organizzatore dell'associazione – si legge negli atti –. Egli coordina sul campo l'attività di dossieraggio illegale, mantenendo i contatti più diretti con gli altri sodali che materialmente si occupano di acquisire illecitamente le informazioni”. La sua lunga esperienza da “sbirro”, però, l’ha dotato anche di contatti nel mondo della criminalità organizzata.
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Nell’informativa del Nucleo investigativo si ricorda che Gallo è stato condannato a fine 2019 dalla corte d’appello di Milano per rivelazione di segreto e favoreggiamento e poi ha ottenuto la “riabilitazione”. Era stato “coinvolto nell’indagine Testuggine della Dda di Venezia e il Ros (Raggruppamento operativo speciale) di Padova aveva accertato il suo coinvolgimento in torbide vicende”. Vicende complesse, in cui Gallo aveva una posizione marginale.
L’inchiesta riguardava un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti composta da alcuni ex esponenti di formazioni di estrema destra quali Ordine nuovo e i Nuclei armati rivoluzionari insieme ad alcuni uomini legati alla mala del Brenta di Felice Maniero e alla banda della Comasina (di Renato Vallanzasca). L’organizzazione era guidata da Angelo Manfrin (ex Nar, già condannato nel 1990 per associazione per delinquere in concorso con Gilberto Cavallini, Giusva Fioravanti e Francesca Mambro) che gestiva il traffico direttamente con la famiglia della 'ndrangheta dei Morabito. Gallo era finito nel mirino degli investigatori perché aveva fornito a Federico Corniglia, un uomo che riciclava denaro per conto delle cosche ed era coinvolto in quell’inchiesta, informazioni riservate sulle attività in corso. Da qui la condanna a due anni per rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento e la successiva riabilitazione.
“Una persona per così dire ‘tentacolare’, che addirittura è pronto a scendere a patti con esponenti della criminalità milanese per ottenere la disponibilità di un posto auto presso lo stadio di San Siro"Procura di Milano - Richiesta di applicazione di misura cautelare
Dagli atti finora disponibili emergono anche altri contatti con appartenenti alla malavita. Un nome spicca: quello di Vittorio Boiocchi, il capo ultras dell’Inter che dopo oltre 26 anni di carcere a metà 2018 era uscito di prigione e aveva ripreso il controllo della Curva Nord di San Siro e le sue attività illecite.
A lui avrebbe voluto rivolgersi – sostengono i pm nella richiesta di misura cautelare – per avere un parcheggio allo stadio Giuseppe Meazza. In quelle pagine, Gallo viene definito “una persona per così dire ‘tentacolare’, che addirittura è pronto a scendere a patti con esponenti della criminalità milanese per ottenere la disponibilità di un posto auto presso lo stadio di San Siro, da utilizzare per ragioni di rappresentanza, ossia per consentirne l'utilizzo gratuito ai propri clienti eventualmente intenzionati a recarsi allo stadio per assistere a qualche partita di calcio”.
L’ex ispettore di polizia pensava “di contattare a tal fine il noto pregiudicato Vittorio Boiocchi”. Il 10 ottobre 2022, negli uffici della Equalize, Gallo parla con Pierfrancesco Barletta, socio dell’impresa, che vorrebbe acquistare un parcheggio a San Siro da utilizzare in occasioni di rappresentanza coi clienti. I due, chiacchierando, sanno che i parcheggi sono sotto il controllo degli ultras. Non trovando altre maniere di ottenere informazioni su come avere un posto auto, Gallo pensa di rivolgersi alla sua vecchia conoscenza, Boiocchi: “L’ho arrestato un sacco di volte”, dice al suo socio. Il 29 ottobre successivo, però, il capo ultras dell’Inter viene ucciso.
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Ed è la seconda volta nel giro di poche settimane che i parcheggi dello stadio di San Siro e gli affari degli ultras rientrano in un’inchiesta della Dda di Milano.
A inizio ottobre l’operazione Doppia Curva faceva luce sul racket degli ultras sulla società “Kiss and Fly” che gestisce la sorveglianza dei parcheggi sotterranei dell’impianto sportivo, quelli riservati a calciatori, dirigenti e altri “vip”. Lì lavorava Giuseppe Caminiti, nato nel 1969 a Taurianova, ritenuto un amico intimo di Boiocchi. Secondo quanto riportato nell’ordinanza di custodia cautelare, il capo ultras dell’Inter Andrea Beretta, insieme a Boiocchi, “mediante minacce esplicite e implicite” e per il tramite di Caminiti, dipendente della “Kiss and Fly”, si sono fatti dare per due anni ben quattromila euro al mese da Gherardo Zaccagni, titolare dell’impresa. Caminiti, dopo il 2020, dava a Beretta “parte del provento in nero derivante dalla gestione dei parcheggi gestiti dalle società di Zaccagni”.
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In seguito, l’imprenditore taglieggiato si era rivolto a un altro uomo, Giuseppe Calabrò, originario di San Luca (Reggio Calabria) e imparentato con uomini delle ‘ndrine di quel paese, mai condannato per associazione mafiosa, ma con alcune condanne per traffico di stupefacenti. In cambio di mille euro al mese forniva una sorta di protezione. Diceva Zaccagni, intercettato: “Pino è una brava persona, ovviamente non è lo stalliere (negli atti si specifica il riferimento a Vittorio Mangano, ndr) di Berlusconi, ma noi l’abbiamo preso esattamente per quella funzione... cioè io l'ho preso esattamente per quella funzione lì”, cioè proteggere da minacce ed estorsioni.
Per il gip, quanto avvenuto intorno alla questione dei parcheggi è “rivelatore dell’attenzione della ‘ndrangheta ad ogni possibile occasione di guadagno” e il rapporto tra Zaccagni e Caminiti è l’“ennesimo esempio di come le interazioni con personaggi contigui alla ‘ndrangheta consentano ad esponenti dell’imprenditoria di trarre vantaggi”, perché l’imprenditore è sì vittima di un’estorsione, ma approfitta – secondo l’ipotesi dell’accusa – della vicinanza del malavitoso per ottenere nuove occasioni di guadagno e qualche favore.
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