Aleppo, 2 dicembre 2024. Un miliziano jihadista posa davanti a un carro armato dopo che le forze ribelli hanno preso il controllo della città. Foto di B. Al Hammoud/Epa/Ansa
Aleppo, 2 dicembre 2024. Un miliziano jihadista posa davanti a un carro armato dopo che le forze ribelli hanno preso il controllo della città. Foto di B. Al Hammoud/Epa/Ansa

Siria, così è caduto il regime di Assad

Le milizie jihadiste antigovernative hanno preso il controllo di Damasco, costringendo il presidente, in carica dal 2000, alla fuga a Mosca. Sconfitte Russia e Iran, esulta la Turchia, incerto il futuro dei curdi.

Matteo Giusti

Matteo GiustiGiornalista

Aggiornato il giorno 9 dicembre 2024

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Aggiornamento: Il regime di Bashar al Assad è caduto. Le milizie ribelli hanno preso il controllo della capitale siriana Damasco, al termine di un'avanzata fulminea. Il presidente-dittatore, in carica dal 2000, è fuggito a Mosca, dove l'alleato Putin gli ha garantito l'asilo. Il primo ministro Jalali ha promesso di cedere il potere all'opposizione pacificamente. 

La caduta di Hama, quarta città più popolosa della Siria, apre ai ribelli del Nord la strada per Homs, snodo determinante per dilagare nel Libano settentrionale e puntare sulla capitale Damasco. La travolgente avanzata delle milizie ha colto totalmente di sorpresa l’esercito del presidente Bashar al Assad, che ha perso l’intera provincia settentrionale di Aleppo e tutti gli aeroporti del nord della Siria.

La travolgente avanzata delle milizie ha colto totalmente di sorpresa l’esercito del presidente Bashar al Assad, che ha perso l’intera provincia settentrionale di Aleppo e tutti gli aeroporti del nord della Siria

Il ministero della Difesa ha parlato di riposizionamento dell’esercito governativo al di fuori di Hama, ma in realtà le forze di Assad sono in rotta su tutto il fronte. La città è stata conquistata da gruppi di miliziani jihadisti, guidati da una nuova sigla, Hayat Tahrir al-Sham, che è l’erede di al Nusra, affiliata con al Qaeda fino al 2017. Ma il mosaico di questa operazione militare denominata Deterrence of Aggression è molto articolato e complesso.

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Hayat Tahrir al-Sham può contare su circa 20mila uomini perché al suo interno ci sono anche interi reparti che facevano parte dello Stato islamico che qui aveva creato un califfato, nonché alcune milizie tribali delle aree di confine e delle minoranze. Questo fronte è formato anche da un sostanzioso numero di mercenari iracheni, ceceni, uiguri dello Xinjiang, ma anche albanesi che sono in Siria da molto tempo e che portano avanti il progetto della creazione di un nuovo califfato.

A seguito delle feroci proteste scoppiate nel 2011 nel contesto della Primavera araba e la dura repressione delle forze governative, in Siria il fronte dei ribelli che si opponogono al presidente Bashar al Assad è tornato a farsi sentire. Assad, che in questi anni grazie all'aiuto della Russia, dell'Iran e di Hezbollah (l'organizzazione paramilitare islamista sciita e antisionista libanese) era riuscito faticosamente a riconquistare il territorio, deve far fronte a una nuova offensiva che stavolta coinvolge più gruppi organizzati e minaccia di rovesciare il governo. Il 1° dicembre l'esercito di Assad ha perso il controllo di Aleppo, la seconda città siriana, ora nelle mani del gruppo jihadista Hayat Tahrir al-Sham.

 

 

Sono la punta di lancia dell’offensiva travolgente di questi giorni e hanno organizzato l’operazione nei minimi particolari. Nelle ultime settimane potrebbero aver ricevuto carichi di armi sequestrate ad Hezbollah e a milizie filo-iraniane e ciò ha permesso al gruppo di Hayat Tahrir al-Sham di riorganizzarsi e colpire con estrema violenza.

Sotto attacco

C’è una seconda operazione militare in atto che si affianca ma allo stesso tempo si distingue da quella degli islamisti ex al Qaeda e Stato Islamico. Dawn of Freedom è il nome dell’attacco portato avanti dall’Esercito siriano libero, braccio armato della Coalizione di opposizione siriana, un movimento politico molto vicino alla Turchia. I turchi, infatti, hanno sotto diretto controllo alcune aree di confine della Siria e armano e addestrano diverse milizie locali.

C’è una seconda operazione militare portata avanti dall’Esercito siriano libero, braccio armato della Coalizione di opposizione siriana, un movimento politico molto vicino alla Turchia

L’Esercito siriano libero si è fatto portavoce delle istanze più democratiche del popolo, ma nonostante le smentite dei suoi leader appare chiaro che prende ordini e finanziamenti dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che sta giocando un ruolo fondamentale anche in questa nuova crisi. Il gruppo ha preso il controllo di alcune aree nella Siria settentrionale e  più di una volta si è scontrato con i jihadisti, soprattutto per la conquista dell’aeroporto di Aleppo.

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In questa nuova fase, però, i due combattenti stanno percorrendo strade parallele per evitare lo scontro frontale. Sul campo ci sono anche milizie curde sotto l’ombrello delle Sdf (Forze democratiche siriane), sostenute dagli Stati Uniti, che stanno rafforzando il controllo militare nelle remote aree delle montagne siriane, mentre i curdi dell’Ypg, braccio armato del Partito comunista del Kurdistan (Pkk) è avanzato a est conquistando villaggi e cittadine. Questi ultimi sono acerrimi nemici dell’Esercito siriano libero e la Turchia ordina di combatterli con forza per sradicarli dall’area.

Assad si aggrappa alla Russia

Se il fronte cosiddetto “ribelle” è articolato, lo è anche quello a fianco di Assad. L’uomo forte di Damasco ha puntellato il suo traballante trono grazie all’aiuto della Russia di Vladimir Putin, a cui ha concesso basi navali a Tartus e a Latakia, i due porti siriani sul Mediterraneo. Per Mosca questi due sbocchi marittimi sono determinanti per raggiungere la Libia, dalla quale esportano enormi quantità di gas liquefatto, e sostengono militarmente il governo di Tobruk e le dittature militari nel Sahel africano.

La Russia ha sostenuto la difesa delle città siriane con massicci bombardamenti aerei, ma non ha mezzi sul campo per sostenere le forze di terra dei governativi. A sostegno di Assad ci sono anche gli iraniani che in Siria hanno inviato diversi ufficiali dei Pasdaran e molti istruttori militari, oltre a un importante quantitativo di materiale come i famigerati droni Hesa Shaed, utilizzati anche in Ucraina.

Assad ha puntellato il suo trono grazie all’aiuto di Putin, a cui ha concesso basi navali a Tartus e a Latakia, sbocchi marittimi determinanti per raggiungere la Libia, dalla quale la Russia esporta gas liquefatto

Teheran è probabilmente il più forte alleato di Assad e ha schierato con l’esercito governativo anche il movimento sciita di Hezbollah, che dal Libano ha fatto convergere in Siria migliaia di combattenti. La guerra in Libano ha però decimato le forze di Hezbollah, che hanno ritirato dal fronte siriano gran parte dei miliziani decimando la forza della fanteria al servizio di Assad.

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Proprio questa riduzione di forze terrestri e aeree di Mosca, impegnate sul fronte ucraino, ha dato il via all’attacco in grande stile che ha travolto le difese del regime di Damasco. L’Iran ha cercato di venire in soccorso ai siriani facendo convergere uomini e mezzi dai movimenti filo-iraniani dell’Iraq, ma una colonna di mezzi è stata pesantemente bombardata dall’aviazione statunitense impedendo agli alleati di Teheran di raggiungere il fronte.

A Bagdad si sono riuniti i ministri degli Esteri di Iran, Turchia e Siria per provare a capire in che modo sta evolvendo la situazione, anche se un cessate il fuoco immediato appare difficile. Nel frattempo, l’aviazione di Mosca sta bombardando il ponte di al-Rastan per evitare che i ribelli arrivino alla capitale siriana, facendo crollare il regno di Assad.

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