Pillole di Captagon sequestrate. Foto Guardia di Finanza
Pillole di Captagon sequestrate. Foto Guardia di Finanza

Cos'è il Captagon, la droga di Assad che passa per l'Europa

Secondo i media israeliani, anche i terroristi di Hamas ne avrebbero fatto uso. Derivato dell'anfetamina, il Captagon è diventato il primo prodotto d'esportazione della Siria di Bashar Al Assad, che ne ricava benefici economici e politici. Arabia Saudita e Emirati sono i principali consumatori, ma i carichi transitano anche per l'Europa

Paolo Valenti

Paolo ValentiRedattore lavialibera

23 ottobre 2023

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La chiamano “cocaina dei poveri”, “coraggio chimico”, “droga della jihad”. Nome ufficiale: Captagon, una pillola sintetica a base di amfetamina con effetti stimolanti. Se n’è parlato molto nei giorni scorsi, dopo che i media israeliani hanno diffuso la notizia secondo cui sacchetti pieni di pillole sono stati trovati addosso ai terroristi di Hamas coinvolti nell’attacco di sabato 7 ottobre. Ma quella del Captagon è una storia che inizia prima e altrove e che oggi vede come protagonisti figure di rilievo del regime di Bashar Al Assad in Siria, senza risparmiare l’Europa.

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Cos’è il Captagon e da dove viene

Il Captagon viene brevettato in Germania agli inizi degli anni Sessanta come farmaco per curare la narcolessia, la depressione, l’Adhd (disturbo da deficit di attenzione/iperattività) e altri disturbi. Viene prodotto a partire dalla fenetillina, derivato dell'anfetamina, e distribuito in compresse riconoscibili dalla doppia C impressa. Prescritto e utilizzato su ampia scala fino agli anni Settanta, viene poi progressivamente sottoposto a limitazioni per l’emergere di effetti collaterali negativi e del rischio di dipendenza, fino al riconoscimento come sostanza psicotropa da parte delle Nazioni Unite nel 1986. Da allora, con la messa al bando a livello internazionale, si registrano i primi tentativi di contrabbando degli stock destinati alla distruzione ed anche di produzione illegale, soprattutto nell’est Europa (Bulgaria, Serbia, Slovenia e Montenegro). Ma il mercato europeo è già saturo di cocaina, mentre aumenta la domanda in Medio Oriente, in particolare nei paesi del Golfo in piena espansione. 

È in questi anni che, secondo la Global Initiative Against Transnational Organized Crime, emergono le prime forme di collaborazione tra Europa e Siria: le case farmaceutiche siriane inviano chimici nei laboratori europei, in particolare in Bulgaria, perché forniscono supporto tecnico e scientifico in cambio di carichi di prodotto. I chimici mediorientali importano poi le competenze in patria, e nascono così i primi laboratori in Siria, Libano e Turchia, che si distingue anche come base logistica per il commercio. Principali destinatari: Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Qui, i prezzi al dettaglio possono raggiungere i 25 dollari a pillola, a fronte di un costo di produzione di poche decine di centesimi.

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Captagon, il ruolo del regime siriano

"La guerra in Siria ha fornito le condizioni ideali per la produzione del Captagon: da un lato, poca trasparenza e scarsi controlli. Dall'altro, povertà e mancanza di alternative lavorative"Karem Shaar, economista siriano

Ma è con lo scoppio della guerra in Siria, nata nel 2011 come rivolta popolare e mutata in conflitto internazionale, che il traffico del Captagon compie un salto di qualità. “La Siria in guerra ha fornito le condizioni ideali per la produzione – spiega a lavialibera l’economista siriano Karem Shaar –. Da un lato, la poca trasparenza e gli scarsi controlli garantiscono relativa impunità agli attori coinvolti. Dall’altro, la povertà e l’assenza di alternative spinge tanti siriani a lavorare nel settore anche se contrari dal punto di vista etico”. Così, come scrive il think tank statunitense New Lines Institute nell’ultimo rapporto dedicato al Captagon, “da piccole attività frammentate nelle aree controllate dai ribelli si è passati a una produzione industriale e containerizzata nei territori controllati dal regime di Assad”, con tecniche di contrabbando sempre più sofisticate e rotte in continua evoluzione per eludere i controlli.

Non bastano però le condizioni favorevoli a spiegare l’ascesa della Siria come principale centro di produzione del Captagon. “Ci sono prove evidenti del fatto che il regime non solo permetta il traffico, ma lo sponsorizzi in gran parte” – continua Shaar –. Tutti i carichi via mare partono dal porto di Latakia, roccaforte del regime”. L’anno scorso, un siriano arrestato in Germania nell’ambito di un’inchiesta sul commercio di traffico ha dichiarato alle autorità tedesche che le organizzazioni dedite al commercio di Captagon devono pagare una tassa per ogni container di captagon inviato oppure una quota mensile. A riscuoterli sarebbe la quarta divisione dell'esercito siriano, comandata da Maher al-Assad, fratello di Bashar. A luglio del 2022, inoltre, sono state scoperte pillole e strumenti per la produzione nel covo di Raji Falhout, capo di una milizia pro-Assad nella città di Suweida, nel sud del paese, insieme a un lasciapassare dell’esercito.

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La “droga della jihad”?

È possibile che alcuni centri di produzione siano caduti in mano all'Isis, ma non ci sono prove di un consumo diffuso tra i terroristi

Con l’avanzata dell’Isis in Siria, poi, hanno iniziato a diffondersi informazioni sul presunto consumo massiccio di Captagon da parte dei miliziani, che ne avrebbero fatto uso prima dei combattimenti e degli attacchi terroristici per le sue proprietà stimolanti e inibitrici della paura. Ne è nato il mito della “droga della jihad”, alimentato anche dalle notizie – poi smentite – secondo cui tracce della sostanza sarebbero state trovate nel sangue degli autori degli attentati di Parigi del 2015 e di Bruxelles del 2016. “Le affermazioni secondo cui il Captagon sarebbe la droga dei terroristi non sono state provate, almeno non in relazione allo Stato Islamico”, afferma l’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze nella relazione dello scorso settembre dedicata proprio al Captagon. Per il dottor Shaar “è verosimile che alcuni centri di produzione siano caduti sotto il controllo dello Stato islamico durante la guerra, ma non ci sono prove di produzione su larga scala, che invece è sempre stata concentrata nelle aree controllate dal regime”. 

Anche le notizie recenti di utilizzo da parte dei terroristi di Hamas, non verificate da fonti indipendenti, sollevano qualche dubbio: finora non si avevano prove del consumo di Captagon nella Striscia di Gaza, dove invece è diffusissimo il tramadolo, oppioide di sintesi con effetti antidolorifici. L’ultimo studio a disposizione, realizzato dall’ufficio delle Nazioni unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (Unodc) nel 2017 sulla base dell’analisi delle urine di 400 palestinesi residenti nella Striscia, mostrava un’incidenza quasi irrilevante di amfetamine (1,1%), di cui il Captagon è composto. Vista la crescita dei traffici negli ultimi anni, non si può escludere che anche Gaza sia stata raggiunta, ma, in assenza di ulteriori prove, è impossibile confermarlo.

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Dalla Siria all'Arabia, passando per l'Europa

Quel che è certo è che il traffico ormai oltrepassa la sfera regionale. Quantificarne l’entità è estremamente difficile, come conferma Angela Me, responsabile del ramo ricerca e analisi dell’Unodc: “Trattandosi di un prodotto di laboratorio, è impossibile stimare l’offerta come facciamo con l’oppio o la coca basandosi sulle immagini satellitari delle piantagioni. L’unico dato disponibile è quello dei sequestri, ed è in continuo aumento. Ma si tratta solo della punta dell’iceberg”.

"Impossibile quantificare il traffico, ma i sequestri continuano ad aumentare, anche in Europa e Africa Occidentale. I traffici passano qui per eludere i controlli"Angela Me, Unodc

Secondo le stime del New Lines Institute sulla base dei sequestri effettuati nel 2022, il mercato al dettaglio vale almeno 10 miliardi di dollari, in netto aumento rispetto ai 5,7 del 2021. Si tratterebbe quindi del primo prodotto d’esportazione per la Siria, con un indotto superiore a quello dell’intero mercato legale. I sequestri si concentrano in Arabia Saudita (73 tonnellate nel 2021 secondo l’Unodc), Emirati Arabi Uniti, Giordania e Libano. Ma flussi importanti interessano anche l’Europa: a luglio del 2020, la Guardia di finanza ha scoperto 84 milioni di pasticche nascoste in enormi rotoli di carta su una nave commerciale attraccata al porto di Salerno, in quello che rimane ad oggi il sequestro singolo più importante all’interno dell’Unione europea. Ma operazioni simili si sono registrate anche in Grecia, Romania e Germania.

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L’Europa, però, non è la destinazione finale: “La segmentazione e decentralizzazione geografica delle varie fasi di produzione servono a ridurre i rischi di intercettazione”, si legge nella relazione dell’Osservatorio europeo. In altre parole, i trafficanti passano per l’Europa perché sanno che le autorità nei paesi di destinazione finale sono meno scrupolosi nel controllare le merci che provengono da lì. “Ultimamente abbiamo registrato sequestri anche in Africa occidentale, in Nigeria e Sierra Leone – continua la dottoressa Me –. Può sembrare controintuitivo, dato che sia i centri di produzione che i mercati di destinazione si trovano in Medio Oriente, ma i traffici di droga non sono mai diretti. I passaggi intermedi servono a eludere i controlli”.

Le rotte del Captagon (Unodc World Drug Report 2023)
Le rotte del Captagon (Unodc World Drug Report 2023)

L’ombra del Captagon sulla normalizzazione con Assad

Per tentare di arginare il fenomeno, l’Unione Europea, il Regno Unito e gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni contro decine di individui e organizzazioni siriane considerate attive nel traffico di Captagon. Tra loro, Wasim Badia e Samer Kamal Al Assad, cugini del dittatore Bashar, e la quarta divisione del fratello Maher, già iscritto alla lista. “Il commercio della droga è una delle linfe vitali del regime e vale tre volte gli affari complessivi dei cartelli messicani”, si legge nelle motivazioni apportate dalle autorità britanniche, che però citano una stima su cui gli analisti non sono concordi. “La produzione e il traffico del Captgon arricchisce la cerchia di Assad, le milizie e i signori della guerra, a spese del popolo siriano che continua ad affrontare una povertà devastante e la repressione da parte del regime”. Lo scorso dicembre, poi, il presidente americano Biden ha approvato il “Captagon Act”, che dichiara il fenomeno “minaccia transnazionale per la sicurezza” e incarica le agenzie federali di elaborare strategie ad hoc per contrastare il fenomeno in collaborazione con le autorità dei paesi toccati dal traffico.

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Che la questione sia innanzitutto politica ce l’hanno chiaro anche i paesi del Golfo: “La lotta al traffico di Captagon è al primo posto nella lista di priorità dell’Arabia Saudita e degli Emirati – spiega il dottor Shaar –. Assad lo sa e ne ha fatto un’arma di ricatto per ottenere un ritorno politico”. La strategia ha avuto successo: in cambio dell’impegno a combattere il narcotraffico, il dittatore siriano ha ottenuto lo scorso maggio la riammissione alla Lega Araba, un passo enorme verso la normalizzazione dei rapporti con il vicinato interrotti dall’inizio della guerra nel 2011. Finora, però, l’impegno non si è trasformato in azioni concrete: “Ormai è chiaro – conclude Shaar –, Assad non è sinceramente interessato a fermare il business del Captagon”.

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