
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1 marzo 2025
Nel 1992, dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio, nacque l’esigenza di un’associazione nazionale antimafia e fu così che il presidente della commissione parlamentare antimafia, Luciano Violante, decise di mobilitare la sua segreteria per riunire chi aveva già dimostrato sensibilità sulla questione. Furono contattate le associazioni che avevano organizzato iniziative sul tema e da Milano venne chiamato il circolo Società civile, nato nel 1985 su ispirazione di Nando dalla Chiesa, che all’epoca presiedevo.
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Il 15 luglio 1994, nella biblioteca del parlamento a palazzo San Macuto, si riunirono i rappresentanti delle associazioni convocate. La sala era gremita, al tavolo della presidenza era seduto don Luigi Ciotti, che conoscevo di fama come fondatore del Gruppo Abele di Torino. I parlamentari di molti partiti stavano nel corridoio antistante la sala e ogni tanto qualcuno entrava a vedere come procedevano i lavori. Ricordo Pietro Folena e il futuro presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Nel suo discorso introduttivo don Ciotti disse che l’associazione non doveva essere “contro” ma “per”: intendeva per la difesa dei diritti di ogni cittadino dalle ingerenze mafiose e dalla corruzione.
Cominciammo a incontrarci nel mese di settembre a Roma, ogni due settimane, per pensare alle regole necessarie. Aderirono subito associazioni nazionali importanti come Acli e Arci, insieme ad altre locali come il circolo Società civile.
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Ci riunivamo in un circolo Arci vicino alla Stazione Termini alle nove del mattino, così cominciai a viaggiare in cuccetta su treni che partivano in tarda serata da Milano e arrivavano a Roma prima delle otto. La sede della riunione aveva ancora i segni della sera precedente, ricordo che quando arrivavo aprivo le finestre per eliminare l’odore di fumo e svuotavo i posacenere. Ognuno portava statuti e regolamenti e passavamo il tempo a esaminarli per trovare qualche punto cui ispirarci. Ma non c’era nessun modello che prevedesse associazioni nazionali, locali e soci singoli. Quanti voti dovevano avere le varie associazioni secondo la loro tipologia? Se si calcolava il numero degli aderenti vincevano sempre le associazioni nazionali e questo non era gradito a quelle locali né tantomeno ai soci singoli, che temevano di non poter far sentire la loro voce.
A un certo punto decisi di non prendere più il treno per viaggiare di notte e di rimanere a dormire a Roma. Fu un periodo affascinante, che continuò quando Saveria Antiochia – madre di Roberto, l’agente di polizia ucciso a Palermo insieme a Ninni Cassarà – mi invitò a dormire a casa sua.
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Un altro argomento di cui discutevamo nelle riunioni era il nome della futura associazione. Chi arrivava dal nord Italia spingeva per Contromafie, ma rimaneva fuori quel “per” di cui aveva parlato Ciotti durante la prima riunione. E così alla fine venne comunicato che le associazioni meridionali avevano votato per Libera, a cui si aggiunse il sottotitolo "associazioni, nomi e numeri contro le mafie". Ricordo anche che Saveria Antiochia disse che quello era il nome giusto.
Con grande volontà e con l’aiuto di esperti riuscimmo a creare una bozza di statuto. Il 25 marzo 1995, in una grandiosa assemblea tenutasi alla Cgil e presieduta da Luciano Violante, venne ufficialmente fondata Libera ed eletto presidente don Luigi Ciotti.
Nel corso degli anni lo statuto è stato modificato per adeguarlo alla realtà degli iscritti, mentre agli inizi del Duemila è stato deciso che i soci singoli possano votare nelle assemblee, eleggendo un loro rappresentante ogni 50 soci.
L’attività fu subito intensa. Si decise di dedicare il primo giorno di primavera, il 21 marzo, alla memoria delle vittime, creando la Giornata della memoria e dell’impegno, celebrata ogni anno in una diversa città italiana, con la partecipazione dei familiari e la lettura dei nomi delle vittime innocenti delle mafie. Saveria Antiochia, in quegli anni molto attiva, si mobilitò per evitare che nell’elenco fossero inseriti anche i nomi di chi era stato ucciso per un regolamento di conti mafioso.
Sempre in quel periodo si cominciò a parlare con insistenza della confisca dei beni dei mafiosi e dell’importanza di restituire quei beni ai cittadini onesti. Si raccolsero moltissime firme, circa un milione, a dimostrazione di quanto l’iniziativa fosse sentita dalla società civile. Nel 1996 venne finalmente approvata la legge 109/96 sulla confisca dei beni ai mafiosi, una conquista. Erano anni di grande fermento anche nelle scuole, con il sostegno e la collaborazione di molti insegnanti. Le adesioni a Libera crebbero, con ogni regione che poteva contare su due referenti regionali (oggi c’è un solo referente). Cominciarono, inoltre, a nascere i presidi locali, avamposti antimafia presenti in tutte le regioni d’Italia.
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NUMERO SPECIALE: Libera compie trent'anni e guarda avanti: l'impegno per l'affermazione della libertà contro ogni forma di potere mafioso è più che mai attuale