Trent'anni di Libera, più trasparenza con il monitoraggio civico

Campagne per la trasparenza degli enti pubblici e sostegno al controllo attuato dai cittadini su spese, nomine e progetti. Da oltre dieci anni Libera si impegna così a prevenire la corruzione

Leonardo Ferrante

Leonardo FerranteReferente Anticorruzione civica Gruppo Abele e Libera

1 marzo 2025

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Acquista il numero sui 30 anni di LiberaPer prevenire corruzione e malaffare, da una decina di anni Libera ha deciso di utilizzare e promuovere l’uso di uno strumento, il monitoraggio civico. Il meccanismo della prevenzione alla corruzione, in Italia introdotto nel 2012 con la legge 190, funziona così: lo Stato e le sue articolazioni si impegnano a “conoscersi”, ossia a mappare e gestire i propri rischi di opacità (conflitti d’interesse, corruzione, zone d’ombra, familismi, clientelismi), adottando soluzioni organizzative per ridurre i pericoli e gestirli.

La vera svolta risiede però nel “farsi conoscere”, ossia nell’apertura alla trasparenza: le istituzioni diventano rendicontabili, consentendo a cittadine e cittadini sia di esercitare il loro diritto/dovere di sapere, sia di attuare forme di controllo sull’operato pubblico. Questa normativa ha di fatto ridisegnato il ruolo della società civile, non più solo spettatrice, maprotagonista nella prevenzione della corruzione.

Fin dall’inizio, Libera ha abbracciato questo cambiamento, adottando un duplice approccio. Da un lato svolgendo un ruolo di stimolo verso il decisore pubblico, ricordando alle istituzioni la necessità di una svolta radicale: il dato sulla gestione pubblica non deve più essere protetto e nascosto, ma va condiviso con la cittadinanza. Dall’altro, l’associazione ha lavorato per favorire quel cambiamento culturale all’interno della società civile (a partire dalla propria rete, ma non solo) che la norma sottende: la consapevolezza di avere e di praticare il “diritto/dovere di sapere”.

L’impegno per la trasparenza

Aziende sanitarie, università, candidature elettorali e beni confiscati dei comuni sono alcuni ambiti su cui abbiamo agito per avere informazioni pubbliche chiare e accessibili

Le esperienze intraprese sul binario dell’advocacy istituzionale (cioè il sostegno a un’azione) sono molte e spesso evidenti. Per cominciare, Libera ha verificato che gli enti si fossero adeguati ad alcune norme per la prevenzione alla corruzione: nel 2014, con la campagna Illuminiamo la salute, e nel 2020 con l’iniziativa Pensa alla salute di Libera Piemonte si è concentrata sulle aziende sanitarie; nel 2021 si è dedicata alle Università con la campagna Esame da superare: trasparenza.

Inoltre, ha lavorato per proporre trasparenza prima delle elezioni. È stato fatto a livello nazionale con la campagna Riparte il futuro, nel triennio 2013-15, a livello europeo con Restarting the future nel 2014, e anche a livello locale, in più occasioni, dal 2016 al 2019, chiedendo ai candidati di pubblicare documenti quali il curriculum, le dichiarazione reddituali, patrimoniali e di potenziali conflitti d’interesse.

Cortina, ottobre 2024. Passeggiata monitorante sui cantieri delle olimpiadi invernali in programma nel 2026
Cortina, ottobre 2024. Passeggiata monitorante sui cantieri delle olimpiadi invernali in programma nel 2026

Il successo di tali iniziative è stato tale che, prima nel 2017 e poi nel 2019, la legge elettorale ha obbligato i partiti politici a pubblicare sui loro siti internet la sezione Elezioni trasparenti con curriculum e casellario giudiziario delle persone che candidavano. Sempre sul lato dell’advocacy, specie a partire dal periodo covid, Libera ha ricordato allo Stato, in occasione di momenti cruciali della vita del Paese, di non trascurare la trasparenza, prima nellagestione economica dell’emergenza pandemica, poi con il Pnrr e, non ultimo, nei lavori in vista delle Olimpiadi e Paralimpiadi Milano-Cortina 2026.

Proprio attorno a quest’ultimo tema ruota l’ultimo importante risultato della cittadinanza monitorante, nell’ottobre 2024, grazie alla campagna Open Olympics, promossa insieme ad altre importanti realtà civiche nazionali: abbiamo ottenuto un portale online su cui, ogni 45 giorni, vengono aggiornate le informazioni su spese e appalti.

Ancora sul fronte del pungolo alle istituzioni, Libera ha avviato il monitoraggio attorno a un ambito che sta molto a cuore all’associazione:i beni confiscati. Dall’inizio di questo lavoro, nel 2020, i comuni che rispettano l’obbligo di pubblicare l’elenco degli immobili confiscati presenti sul loro territorio è passato dal 35 per cento al 65: di fatto, l’azione civica ha permesso di invertire il dato.

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Cittadini monitoranti

Passando al secondo binario, quello del rafforzamento (empowerment) della società civile, dal 2016 lavoriamo per promuovere le “comunità monitoranti”. Si tratta di gruppi organizzati di cittadini che vigilano su alcuni aspetti quali spese pubbliche, nomine, appalti e possono farlo meglio della singola persona coraggiosa, che rischia di vivere un profondo senso di confinamento e solitudine.

Al contrario, il modello comunitario è più duraturo e flessibile, capace anche di assorbire sconfitte e perdite di motivazione. Tramite il progetto Common (appunto acronimo di comunità monitoranti), Libera e Gruppo Abele accompagnano queste realtà, dando loro sostegno nei momenti critici, favorendo lo scambio di esperienze e offrendo strumenti e visione di lungo periodo.

Con il progetto Common Libera e Gruppo Abele accompagnano le comunità monitoranti, offrendo loro sostegno e strumenti e visione di lungo periodo

Due sono le sfide che le comunità monitoranti hanno davanti a sé. La prima è essere riconosciute come prassi efficaci, tanto da società civile quanto dalle istituzioni. L’espressione “controllo civico” suona spesso come minacciosa alle orecchie delle amministrazioni pubbliche, che possono guardare a queste azioni di monitoraggio con sospetto e in alcuni casi ostilità. Ma è vissuta così persino dalla stessa società civile: alcuni temono infatti che queste azioni possano compromettere rapporti collaborativi con le istituzioni; altri la considerano poco incisiva, non sufficiente oppure accessibile solo a esperti.

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L’obiettivo di fondo, parafrasando il padre nobile di quest’approccio, il professore australiano John Keane, è fare in modo che chi pratica monitoraggio civico non sia visto solo come watch-dog (cane da guardia), ma come guide-dog (cane guida) della democrazia, che aiuta le istituzioni a non deragliare dal perseguimento dell’interesse collettivo, oppure a non finire nei burroni assolutistici del potere.

Evitare i passi indietro

La seconda sfida del monitoraggio è persino più urgente. Bisogna evitare che si torni indietro sui diritti acquisiti di trasparenza e rendicontabilità della cosa pubblica. Alcune forze politiche, amministrative ed economiche considerano la prevenzione della corruzione e il rispetto della trasparenza amministrativa come pesi inutili, atti burocratici da semplificare, per i quali tali norme vanno abrogate o riformate.

Bisogna evitare che si torni indietro sui diritti acquisiti di trasparenza e rendicontabilità della cosa pubblica

Ci sono poi le visioni autoritarie per le quali l’azione politica va fatta tramite decreti, esautorando tanto gli organi parlamentari quanto il coinvolgimento dei soggetti civici con la loro capacità di esprimere vigilanza diffusa, ragione per la quale i dati e il loro rilascio diventano irrilevanti. Non è solo un timore: sta già succedendo negli Stati Uniti dall’inizio della nuova presidenza di Donald Trump: dal 21 gennaio al 1 febbraio, il sito governativo data.govha già perso più di 1.500 raccolte di dati dei 307.854 dapprima presenti.

Altra visione antagonista è quella della “società della sorveglianza”: se la democrazia monitorante intende gli occhi dei tanti puntati verso la cosa comune affinché su di essa si prendano scelte integre, nulla ha a che vedere con gli strumenti di vigilanza coatta dei pochi (che diventano sempre più efficaci e pervasivi) rispetto alla vita privata di ciascuno di noi.

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A riguardo, è da tenere sempre in conto l’enorme abisso che si pone tra l’uso civico di dati pubblici e l’uso orientato al profitto e forse persino politico (si veda il caso Equalize), da parte di piattaforme, imprese private o potenzialmente persino dall’intelligenza artificiale, tanto di quei dati quanto dei nostri dati personali più sensibili. A guardar bene, le sfide della democrazia monitorante coincidono con quelle della nostra democrazia tutta, su questioni sempre più determinanti per il prossimo futuro.

Rafforzare gli strumenti di accountability (cioè di responsabilità, per chiedere conto e avere risposte) significa tutelare lo spazio civico e difendere, come ricorda Keane, il nostro stesso "diritto di avere diritti".

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