
Beni confiscati, servono trasparenza e cooperazione

7 marzo 2025
Dovevano arrivare a metà gennaio, invece bisognerà aspettare almeno fino a luglio. La rappresentanza italiana dell’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (Unhcr) ha confermato a lavialibera la decisione di rimandare la pubblicazione delle raccomandazioni sull’implementazione dell’accordo Italia-Albania e rinnovare per altri sei mesi, iniziati a metà gennaio, l’attività di “monitoraggio e counselling” sul trattamento dei richiedenti asilo a bordo della nave hub della Marina militare e nei centri di identificazione e trattenimento di Shëngjin e Gjadër.
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“I primi tre mesi sono terminati con solo due operazioni, con un numero molto piccolo di persone coinvolte, di conseguenza non avevamo gli elementi per pubblicare un rapporto con una valutazione strutturale e completa”, spiega Filippo Ungaro, portavoce dell'Unhcr per l’Italia. Così, a metà gennaio l’agenzia ha deciso di rinnovare la missione di monitoraggio estendendo la durata a sei mesi, al termine dei quali – promettono – verrà pubblicato il rapporto con le valutazioni. Una scelta che lascia perplesse le associazioni impegnate nella tutela dei diritti dei migranti: “Sono già emersi molti profili di illegittimità che avrebbero consentito di dare una valutazione”, dice a lavialibera Filippo Miraglia, coordinatore del Tavolo Asilo e Immigrazione (Tai). La coalizione, anch’essa impegnata nel monitoraggio del protocollo Italia-Albania, ha pubblicato a fine febbraio un proprio rapporto nel quale, oltre a evidenziare le “numerose e sistematiche violazioni dei diritti fondamentali”, afferma che “la presenza dell’Unhcr rischia di contribuire alla legittimazione dell’accordo”.
Firmato dalla premier italiana Giorgia Meloni e dall’omologo albanese Edi Rama il 6 novembre 2023, il “Protocollo per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria” tra i due Stati prevede che alcuni dei richiedenti asilo provenienti da paesi considerati sicuri e intercettati dalle autorità italiane in mare, esclusi minori, donne e soggetti vulnerabili, vengano trattenuti nei due centri che l’Italia ha costruito e gestisce in Albania, a Shëngjin e Gjadër, nell’attesa che la loro richiesta di protezione internazionale venga valutata e da qui espulsi nel caso di diniego o portati in Italia nel caso di esito positivo.
Sul protocollo e la legge di ratifica ed esecuzione l’Unhcr si era già espresso il 9 gennaio 2024, senza bocciarlo in toto ma evidenziando alcune lacune. In particolare, il testo sottolineava la poca chiarezza riguardo alle procedure di identificazione, screening e individuazione delle vulnerabilità, alle modalità di registrazione delle domande di asilo e di realizzazione dei colloqui a distanza e ai meccanismi di monitoraggio.
"Non abbiamo contribuito a sviluppare il protocollo, non facciamo parte dell’implementazione e il nostro monitoraggio rimane indipendente, senza fondi dalle parti interessate"Filippo Ungaro - portavoce Unhcr
Nell’agosto dello stesso anno, l’Agenzia ha poi annunciato che, d'accordo con il ministero dell'Interno, avrebbe avviato attività di “monitoraggio e counselling alle persone a cui il Protocollo si applica, per garantire che il diritto di chiedere asilo sia tutelato e che i processi messi in atto nell’ambito del Protocollo siano coerenti con gli standard internazionali e regionali in materia di diritti umani, siano equi, e promuovano la protezione e le soluzioni per coloro che necessitano di protezione internazionale”. “Al termine del periodo di tre mesi – specifica il comunicato – l’Unhcr renderà disponibili le sue raccomandazioni al governo e agli altri attori interessati”. “Non abbiamo contribuito a sviluppare il protocollo, non facciamo parte dell’implementazione e il nostro monitoraggio rimane indipendente, senza fondi dalle parti interessate dal protocollo – sottolinea il portavoce Ungaro –. Veniamo chiamati ogni volta che c’è un’operazione sia sulla nave che nei centri in Albania”.
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"Il quadro d’insieme è noto e presenta evidenti criticità, dall’inesatta o mancata rilevazione delle vulnerabilità alla lesione gravissima del diritto alla difesa"Nazzarena Zorzella - Avvocata Asgi
Il protocollo e quindi il monitoraggio di Unhcr sono entrati nel vivo il 16 ottobre scorso, quando la nave Libra della marina militare ha portato in Albania i primi 16 richiedenti asilo, egiziani e bengalesi, riportati in Italia due giorni dopo per la decisione del tribunale di Roma di non convalidare il trattenimento. Stessa sorte per altre sette persone intercettate in mare a novembre. Sono queste le due operazioni che Unhcr ritiene insufficienti per redigere un rapporto. “Viene da chiedersi quanti trasferimenti siano sufficienti per trarre conclusioni – commenta l’avvocata Nazzarena Zorzella, che ha partecipato alla missione di monitoraggio del Tavolo asilo immigrazione per conto dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) –. Il quadro d’insieme è sempre quello e presenta evidenti criticità, dall’inesatta o mancata rilevazione delle vulnerabilità alla lesione gravissima del diritto alla difesa: oltre ai tempi strettissimi, abbiamo riscontrato che i richiedenti asilo non hanno alcuna consapevolezza delle fasi della procedura”.
L’ultima operazione risale a fine gennaio, quando i primi tre mesi di monitoraggio dell’Unhcr erano già scaduti ed era appena iniziato il secondo periodo, questa volta di sei mesi, del cui avvio l’agenzia non ha dato notizia pubblicamente come per il primo. In quell’occasione, la Corte d’appello di Roma – a cui il decreto flussi aveva nel frattempo trasferito la competenza sulla convalida dei trattenimenti – ha deciso di sospendere il giudizio rispetto ad altri 43 richiedenti asilo portati in Albania rimettendo gli atti alla Corte di giustizia dell’Unione europea, con il conseguente rilascio dei migranti.
In tutte e tre le operazioni, sottolinea Ungaro, la presenza dell’Unhcr ha permesso di identificare tra i richiedenti asilo persone minorenni e vulnerabili che sono state riportate immediatamente in Italia: “Adottiamo un approccio orientato alle soluzioni: se vediamo delle cose che non funzionano cerchiamo di intervenire immediatamente, condividendo con le parti delle valutazioni in itinere”, dice il portavoce.
Nell’attesa della sentenza della Corte europea, attesa entro inizio giugno, il governo sta ora studiando come riattivare i centri in Albania. Tra le ipotesi, quella di destinarli alla funzione esclusiva di Cpr (centri di permanenza per il rimpatrio), in cui trattenere non più i richiedenti asilo in attesa dell’esame della richiesta di protezione internazionale ma i cittadini stranieri a cui questa è già stata negata e nei confronti dei quali è stato emesso un decreto di espulsione. Mercoledì, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha dichiarato in un’intervista a La Repubblica che “i centri in Albania sono pronti ad accogliere altri immigrati e sono già organizzati per esprimere più funzioni, una parte è già destinata a Cpr. Avere rimesso la questione di diritto alla Corte di giustizia europea può solo ritardare la loro entrata in pieno funzionamento, che avverrà al più presto nell’una e nelle altre funzioni”.
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Intanto, pur esprimendo perplessità per la scelta dell’Unhcr di rimandare la pubblicazione del rapporto, le associazioni confidano che il lavoro dell’Agenzia arrivi in fondo: “Sarebbe molto importante e utile, per noi e per il diritto internazionale, avere una relazione approfondita che parta da osservazioni dirette”, dice Miraglia. Dal canto suo, Ungaro sottolinea il diverso ruolo che l’Unhcr ricopre rispetto alle organizzazioni della società civile: “Siamo un’agenzia delle Nazioni unite che, qui in Italia come in tutti gli altri paesi, collabora con i governi e le istituzioni per garantire la corretta implementazione delle procedure d’asilo e il rispetto dei diritti delle persone”.
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