3 ottobre 2024
Il tempismo è tristemente simbolico: mentre a Lampedusa si celebra la Giornata della memoria e dell'accoglienza ricordando il naufragio del 3 ottobre 2013 in cui persero la vita almeno 368 persone, il governo aggiunge un ulteriore tassello alle politiche di contrasto alle attività di soccorso in mare e di limitazione dei diritti dei migranti.
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Mercoledì 2 ottobre, il Consiglio dei ministri ha approvato il nuovo “decreto flussi”, contenente “disposizioni urgenti in materia di ingresso in Italia di lavoratori stranieri, di tutela e assistenza alle vittime di caporalato, di gestione dei flussi migratori e di protezione internazionale, nonché dei relativi procedimenti giurisdizionali”.
Il capo III del decreto, di cui si attende a giorni la pubblicazione in Gazzetta ufficiale e quindi l’entrata in vigore, impone nuovi obblighi ai velivoli delle ong impegnati nel pattugliamento del Mediterraneo finalizzato al soccorso dei migranti. Nel comunicato di Palazzo Chigi si legge che “i piloti degli aeromobili o droni che partono o atterrano in Italia ed effettuano ricerca finalizzata al soccorso in mare hanno l'obbligo di informare immediatamente di ogni emergenza l’ente dei servizi del traffico aereo competente, il Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo responsabile per l'area e i centri di coordinamento degli Stati costieri responsabili delle aree contigue”.
"La volontà di fondo sembra quella di delegare ad altri Stati, in particolare alla Libia, il coordinamento delle attività non in un’ottica di salvataggio, ma di intercettazione e respingimento"Dario Belluccio - Asgi
Secondo indiscrezioni di stampa, le violazioni verranno punite con multe fino a 10mila euro e il fermo temporaneo del mezzo. “Che i velivoli inviino segnalazioni ai soggetti in grado di intervenire in operazioni di salvataggio è già prassi – spiega l’avvocato Dario Belluccio, membro del consiglio direttivo dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) –. La volontà di fondo sembra invece quella di delegare ad altri Stati, in particolare alla Libia, il coordinamento delle attività non in un’ottica di salvataggio, ma di intercettazione e respingimento. Qui è dove diventa problematico: collaborare con uno Stato in operazioni che comportano come effetto ultimo la carcerazione, la riduzione in schiavitù e la compravendita degli esseri umani significa contribuire a quelle violazioni”.
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Questo non è il primo tentativo di intervenire sull’operato degli aerei di ricognizione delle ong. Lo scorso maggio, l’Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac) ha emesso una serie di ordinanze che prevedevano “l’interdizione all’operatività dei velivoli e delle imbarcazioni delle ONG sullo scenario del Mare Mediterraneo centrale” a causa del “fenomeno migratorio irregolare via mare proveniente dalle coste dell’Africa del nord”. Un solo articolo: “Chiunque effettua attività in ambito Search and Rescue (ricerca e soccorso, ndr) al di fuori delle previsioni del quadro normativo vigente è punito con le sanzioni di cui al Codice della navigazione, nonché con l’adozione di ulteriori misure sanzionatorie quali il fermo amministrativo dell’aeromobile”. Due settimane dopo, le prime sanzioni: il 21 maggio Sea Watch Italiaha annunciato di aver ricevuto una multa di 2.064€ per presunte violazioni commesse da Seabird, uno dei due velivoli di ricognizione di cui l’ong dispone.
Prima ancora nel mirino era finito Colibrì 2, dell’associazione francese Pilotes Volontaires, raggiunto il 17 novembre 2023 da un provvedimento dell’Enac che contestava al velivolo di avere “indebitamente operato al di fuori delle regole nazionali e sovranazionali, mettendo in pericolo l’incolumità delle persone migranti, peraltro non assistite secondo i protocolli vigenti ed approvati dall’Autorità marittima” e intimava di “astenersi dal compimento di ogni ulteriore attività rientranti nell’ambito S.A.R. (search and rescue, ricerca e salvataggio, ndr) non escludendosi, in caso di reiterate elusioni di tali indicazioni, l’adozione di misure sanzionatorie quali il fermo amministrativo dell’aeromobile”.
Lo scorso giugno, però, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha accolto il ricorso di Pilotes Volontaires e annullato il provvedimento, sostenendo che Enac non avesse alcuna competenza rispetto alle attività condotte dal velivolo nello spazio aereo sovrastante acque internazionali: “Ogni aeromobile che sorvola il mare libero è assoggettato alla giurisdizione esclusiva dello Stato di cui ha la nazionalità”, si legge nella sentenza, dunque l’autorità competente nel caso in questione ““era unicamente quella di bandiera del velivolo, cioè quella austriaca”. Il provvedimento del nuovo decreto appare problematico per gli stessi motivi, come spiega l’avvocato Belluccio: “Da quello che sembra, in attesa della pubblicazione ufficiale del testo, si vogliono stabilire sanzioni anche per i velivoli che non hanno bandiera italiana per attività che svolgono fuori dallo spazio territoriale italiano, come è stato fatto per le navi”.
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"Fermare i nostri aerei significa chiudere l’occhio della società civile sul Mediterraneo"Sea Watch Italia
Sea Watch Italia ha denunciato un “evidente tentativo di chiudere l’occhio della società civile sul Mediterraneo centrale e di censurare il racconto delle politiche europee sulla migrazione”. “Fermare i nostri aerei significherebbe chiudere gli occhi del pubblico sulla violenza e la morte perpetrata quotidianamente in mare dai guardacoste Libici e Tunisini, con il supporto dell’Europa – ha dichiarato la portavoce Giorgia Linardi –. Noi non ci lasciamo intimidire, continueremo a volare per raccontare la verità e a rispettare il diritto internazionale”.
In vista dell’apertura del primo centro di trattenimento dei migranti in Albania, che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano ha promesso “entro la prima decade di ottobre”, il decreto introduce inoltre “un'ulteriore ipotesi di respingimento con accompagnamento alla frontiera” nei confronti delle persone soccorse in mare e riduce da 14 a 7 giorni il termine per fare ricorso contro i provvedimenti di trattenimento alla frontiera. Le autorità potranno anche accedere ai dispositivi elettronici dei richiedenti asilo, compresi quelli soccorsi in mare, e degli “stranieri in situazione di irregolarità” per ottenere materiali utili ad accertare l’età, l’identità, la cittadinanza e il percorso migratorio in caso di “mancata cooperazione”, imponendo anche il “ divieto di accesso a corrispondenza e comunicazioni”.
Infine, il decreto interviene sulle procedure di ingresso in Italia per motivi di lavoro e istituisce un permesso di soggiorno speciale della durata di sei mesi per le vittime di caporalato. Interventi correttivi necessari ma insufficienti secondo le organizzazioni promotrici della campagna Ero straniero: “Più che di una riforma si tratta di palliativi, che lasciano in piedi un sistema che continuerà a creare irregolarità se non si affrontano i nodi principali, a partire dalla difficoltà di far incontrare domanda e offerta”, si legge nel comunicato. Più dura la Cgil, la cui segretaria Maria Grazia Gabrielli ha sottolineato “il carattere restrittivo e punitivo” delle norme.
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