Velivolo dell'ong Pilotes Volontaires sorvola il Mediterraneo (foto Facebook)
Velivolo dell'ong Pilotes Volontaires sorvola il Mediterraneo (foto Facebook)

Il decreto flussi è legge: dall'emendamento Musk alla stretta sulle ong, cosa contiene

Il Senato approva le misure proposte dal governo in materia di migrazioni: stretta sugli aerei delle ong, paesi sicuri, trattenimento dei migranti, segreto sui mezzi agli Stati terzi. E l'allarme del Csm sull'"emendamento Musk", pensato per rilanciare il "modello Albania"

Paolo Valenti

Paolo ValentiRedattore lavialibera

Aggiornato il giorno 4 dicembre 2024

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Il decreto flussi è legge: con 99 voti a favore, 65 contrari e 1 astensione il Senato ha convertito il testo contenente "disposizioni urgenti in materia di ingresso in Italia di lavoratori stranieri, di tutela e assistenza alle vittime di caporalato, digestione dei flussi migratori e di protezione internazionale, nonché deirelativi procedimenti giurisdizionali", adottato dal governo lo scorso 2 ottobre. Per l'entrata in vigore si attende solo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, che dovrebbe arrivare nei prossimi giorni. Alle disposizioni previste inizialmente, tra cui la stretta sugli aerei delle ong impegnate nel soccorso dei migranti nel Mediterraneo, si sono aggiunte durante l'iter parlamentare misure per rilanciare il "modello Albania" e il trattenimento dei migranti dopo lo stop dei tribunali di Roma, Catania e Palermo. 

Perché il "piano Albania" è fallito

Csm contro l'"emendamento Musk" del decreto flussi

"“Va tenuto presente e valutato il rischio concreto di pregiudicare il raggiungimento degli obiettivi fissati per il settore giustizia dal Pnrr”Consiglio Superiore della Magistratura

Il decreto flussi introduce delle modifiche ai procedimenti in materia di immigrazione, in particolare quello che è stato ribattezzato "emendamento Musk", in onore del magnate che aveva attaccato la decisione del tribunale di Roma di bloccare il trattenimento dei migranti in Albania scrivendo su X "Questi giudici devono andarsene". Detto fatto: l'articolo prevede che a decidere sulla convalida e l'eventuale proroga del trattenimento dei richiedenti asilo sottoposti a procedure accelerate non siano più le sezioni immigrazione dei tribunali ordinari, ma le corti d'appello. A queste viene anche attribuito il compito di sindacare sulle decisioni cautelari delle sezioni immigrazione, quando cioè i giudici decidono di sospendere per “gravi e circostanziate ragioni” il decreto di espulsione dei migranti a cui è stato negato il diritto d'asilo. Su queste novità si è espresso il Consiglio superiore della magistratura (Csm), secondo cui l'aggiunta di queste competenze aggraverà e rallenterà il lavoro delle corti d'appello con il "rischio concreto di pregiudicare il raggiungimento degli obiettivi fissati per il settore giustizia dal Pnrr” e imponendo la necessità di "ripensare l’intera distribuzione delle risorse umane al fine di gestire efficacemente e smaltire la mole di procedimenti collegiali che giungeranno in materia di protezione internazionale”.

La lista dei "paesi sicuri" all'interno del decreto flussi

Con l'approvazione del Senato viene convertita in legge anche la nuova lista dei "paesi sicuri", anche questa adottata dal governo tramite decreto lo scorso ottobre dopo lo stop al trattenimento dei primi 12 migranti portati in Albania. Sono 19: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia. I migranti che provengono da questi paesi verranno sottoposti a procedura accelerata, cioè a un esame più rapido della richiesta d'asilo, con la possibilità di essere trattenuti per un massimo di 28 giorni in appositi centri nelle cosiddette "zone di frontiera e transito". È quanto il governo ha già cercato di fare con i centri di Modica (Ragusa), Porto Empedocle (Agrigento) e Gjadër (Albania), ma senza successo, dato che i tribunali competenti (rispettivamente quelli di Catania, Palermo e Roma) non hanno convalidato la stragrande maggioranza delle richieste di trattenimento. Secondo il ministro della giustizia Carlo Nordio, “nel momento in cui l'elenco dei paesi sicuri è inserito in una legge (prima era inserito in un decreto interministeriale, che non ha forza di legge, ndr), il giudice non può disapplicare la legge”. In realtà, in Italia come in tutti i paesi dell’Unione europea i giudici sono tenuti a valutare se le norme nazionali rispettano il diritto comunitario, anche “disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante”, come ha messo nero su bianco la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione sul caso Simmenthal del 1978. Il decreto, poi, non risolve le questioni sollevate dai tribunali, secondo cui alcuni dei paesi inseriti nella lista non sono sicuri in tutto il territorio e per tutte le fasce della popolazione. Ne abbiamo scritto anche noi qui.

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Stretta sugli aerei delle ong

Passa anche la stretta sugli aerei delle organizzazioni non governative impegnati nel pattugliare il Mediterraneo per reperire e segnalare eventuali imbarcazioni in difficoltà. Il decreto flussi impone loro "l'obbligo di informare di ogni situazione di emergenza in mare, immediatamente e con priorità, l’Ente dei servizi del traffico aereo competente e il Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo responsabile per l’area in cui si svolge l’evento, nonché i Centri di coordinamento del soccorso marittimo degli Stati costieri responsabili delle aree contigue" e "attenersi alle indicazioni operative" delle autorità. In caso di violazioni, come già accaduto per le navi delle ong, è prevista una sanzione amministrativa dai 2mila ai 10mila euro e il fermo del velivolo.

"La volontà di fondo sembra quella di delegare ad altri Stati, in particolare alla Libia, il coordinamento delle attività non in un’ottica di salvataggio, ma di intercettazione e respingimento"Dario Belluccio - Asgi

“Che i velivoli inviino segnalazioni ai soggetti in grado di intervenire in operazioni di salvataggio è già prassi – spiega l’avvocato Dario Belluccio, membro del consiglio direttivo dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) –. La volontà di fondo sembra invece quella di delegare ad altri Stati, in particolare alla Libia, il coordinamento delle attività non in un’ottica di salvataggio, ma di intercettazione e respingimento. Qui è dove diventa problematico: collaborare con uno Stato in operazioni che comportano come effetto ultimo la carcerazione, la riduzione in schiavitù e la compravendita degli esseri umani significa contribuire a quelle violazioni”.

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I provvedimenti Enac contro gli aerei ong

Questo non è il primo tentativo di intervenire sull’operato degli aerei di ricognizione delle ong. Lo scorso maggio, l’Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac) ha emesso una serie di ordinanze che prevedevano “l’interdizione all’operatività dei velivoli e delle imbarcazioni delle ONG sullo scenario del Mare Mediterraneo centrale” a causa del “fenomeno migratorio irregolare via mare proveniente dalle coste dell’Africa del nord”. Un solo articolo: “Chiunque effettua attività in ambito Search and Rescue (ricerca e soccorso, ndr) al di fuori delle previsioni del quadro normativo vigente è punito con le sanzioni di cui al Codice della navigazione, nonché con l’adozione di ulteriori misure sanzionatorie quali il fermo amministrativo dell’aeromobile”. Due settimane dopo, le prime sanzioni: il 21 maggio Sea Watch Italiaha annunciato di aver ricevuto una multa di 2.064€ per presunte violazioni commesse da Seabird, uno dei due velivoli di ricognizione di cui l’ong dispone.

Prima ancora nel mirino era finito Colibrì 2, dell’associazione francese Pilotes Volontaires, raggiunto il 17 novembre 2023 da un provvedimento dell’Enac che contestava al velivolo di avere “indebitamente operato al di fuori delle regole nazionali e sovranazionali, mettendo in pericolo l’incolumità delle persone migranti, peraltro non assistite secondo i protocolli vigenti ed approvati dall’Autorità marittima” e intimava di “astenersi dal compimento di ogni ulteriore attività rientranti nell’ambito S.A.R. (search and rescue, ricerca e salvataggio, ndr) non escludendosi, in caso di reiterate elusioni di tali indicazioni, l’adozione di misure sanzionatorie quali il fermo amministrativo dell’aeromobile”. 

Lo scorso giugno, però, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha accolto il ricorso di Pilotes Volontaires e annullato il provvedimento, sostenendo che Enac non avesse alcuna competenza rispetto alle attività condotte dal velivolo nello spazio aereo sovrastante acque internazionali: “Ogni aeromobile che sorvola il mare libero è assoggettato alla giurisdizione esclusiva dello Stato di cui ha la nazionalità”, si legge nella sentenza, dunque l’autorità competente nel caso in questione ““era unicamente quella di bandiera del velivolo, cioè quella austriaca”. Il provvedimento del nuovo decreto appare problematico per gli stessi motivi, come spiega l’avvocato Belluccio: “Da quello che sembra, in attesa della pubblicazione ufficiale del testo, si vogliono stabilire sanzioni anche per i velivoli che non hanno bandiera italiana per attività che svolgono fuori dallo spazio territoriale italiano, come è stato fatto per le navi”.

"Fermare i nostri aerei significa chiudere l’occhio della società civile sul Mediterraneo"Sea Watch Italia

Sea Watch Italia ha denunciato un “evidente tentativo di chiudere l’occhio della società civile sul Mediterraneo centrale e di censurare il racconto delle politiche europee sulla migrazione”. “Fermare i nostri aerei significherebbe chiudere gli occhi del pubblico sulla violenza e la morte perpetrata quotidianamente in mare dai guardacoste Libici e Tunisini, con il supporto dell’Europa –  ha dichiarato la portavoce Giorgia Linardi –. Noi non ci lasciamo intimidire, continueremo a volare per raccontare la verità e a rispettare il diritto internazionale”.

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Tra le novità introdotte dal decreto anche una nuova ipotesi di respingimento dei migranti con accompagnamento alla frontiera, la riduzione da 14 a 7 giorni del termine per fare ricorso contro il trattenimento, la possibilità per le autorità di "ispezionare i dispositivi o supporti elettronici o digitali in possesso ai migranti per finalità identificative" e la secretazione degli "appalti pubblici di forniture e servizi relativi a mezzi e materiali ceduti, destinati alla cessione o in uso a Paesi terzi per il rafforzamento delle capacità di gestione e controllo delle frontiere e dei flussi migratori nel territorio nazionale e per le attività di ricerca e soccorso in mare".

Infine, il decreto interviene sulle procedure di ingresso in Italia per motivi di lavoro e istituisce un permesso di soggiorno speciale della durata di sei mesi per le vittime di caporalato. Interventi correttivi necessari ma insufficienti secondo le organizzazioni promotrici della campagna Ero straniero: “Più che di una riforma si tratta di palliativi, che lasciano in piedi un sistema che continuerà a creare irregolarità se non si affrontano i nodi principali, a partire dalla difficoltà di far incontrare domanda e offerta”, si legge nel comunicato. Più dura la Cgil, la cui segretaria Maria Grazia Gabrielli ha sottolineato “il carattere restrittivo e punitivo” delle norme.

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