2 gennaio 2025
Sono spazi confinati in una zona grigia del diritto, dove le libertà personali possono essere sospese in nome dell’efficienza, fisicamente sul territorio italiano ma artificialmente fuori, o viceversa. E sono gli epicentri da cui ha avuto origine lo scontro tra politica e magistratura che ancora produce scosse. Modica e Porto Empedocle in Sicilia, Gjadër in Albania: qui sono sorti gli unici tre centri italiani per la detenzione amministrativa dei richiedenti asilo sottoposti alla procedura accelerata di frontiera. Aperti per volontà del governo di Giorgia Meloni, oggi sono vuoti: secondo dati che lavialibera ha ottenuto dai tribunali competenti (rispettivamente Catania, Palermo e Roma), i giudici hanno ordinato il rilascio dei richiedenti asilo nel 90 per cento dei 194 casi di trattenimento su cui si sono pronunciati ad oggi.
Quella delle procedure accelerate di frontiera con trattenimento è una novità del decreto Cutro del marzo 2023: i migranti provenienti da paesi considerati sicuri che presentano la domanda d’asilo nelle cosiddette "zone di frontiera e transito" (le province di Trieste, Gorizia, Crotone, Cosenza, Matera, Taranto, Lecce, Brindisi, Caltanissetta, Ragusa, Siracusa, Catania, Messina, Trapani, Agrigento, Cagliari, Sud Sardegna e le porzioni di territorio albanese concesse all’Italia nell’ambito dell’accordo) sono sottoposti a un iter più rapido, durante il quale possono essere reclusi in apposite strutture per un massimo di 28 giorni, salvo decisione contraria del tribunale competente o versamento di una garanzia finanziaria.
Se la domanda d’asilo viene accolta, il richiedente viene rilasciato e ottiene il permesso di soggiorno, altrimenti si dispone immediatamente il rimpatrio. Il decreto ha introdotto anche quella che i giuristi chiamano la "finzione di non ingresso ": nonostante si trovino fisicamente in Italia, i migranti sottoposti a trattenimento non sono considerati presenti sul territorio italiano finché non vengono rilasciati. Una disposizione che, spiega l’avvocato Salvatore Fachile, membro dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), "apre strade molto inquietanti, come la possibilità di ridurre diritti e garanzie in luoghi che si finge non essere territorio nazionale".
Secondo i dati che il tribunale di Catania ha comunicato a lavialibera, tutte le 65 istanze di convalida pervenute dall’entrata in funzione del centro fino a oggi (22 nel 2023, 43 nel 2024) sono state respinte
Primo terreno di prova di questa nuova disciplina è Modica, in provincia di Ragusa. Qui, nel settembre del 2023, ha aperto il primo centro di trattenimento per le procedure accelerate di frontiera: 84 posti, distribuiti in 40 container circondati da inferriate e filo spinato, per un costo di allestimento di 1,65 milioni di euro. Nessun richiedente asilo, però, vi è rimasto per più di 96 ore (termine entro il quale il giudice deve convalidare o meno il trattenimento): secondo i dati che il tribunale di Catania ha comunicato a lavialibera, tutte le 65 istanze di convalida pervenute dall’entrata in funzione del centro fino a oggi (22 nel 2023, 43 nel 2024) sono state respinte.
Tra le motivazioni delle decisioni di settembre e ottobre 2023, i giudici hanno citato la mancanza di "ogni valutazione su base individuale delle esigenze di protezione manifestate, nonché della necessità e proporzionalità della misura in relazione alla possibilità di applicare misure meno coercitive", condizioni senza le quali, secondo il diritto europeo, non si può procedere al trattenimento. La firma è della magistrata Iolanda Apostolico, da allora oggetto di una violenta campagna di delegittimazione, alimentata dallo stesso ministro Matteo Salvini. Contro i rigetti, il governo aveva presentato ricorso in Cassazione, che lo scorso gennaio ha rinviato la questione alla Corte di giustizia dell’Unione europea (Cgue). Quest’estate, però, l’esecutivo ha fatto retromarcia, ritirando i ricorsi e intervenendo per decreto sulla norma, nella direzione indicata dai magistrati. Intanto, lo scorso 4 dicembre, il Csm ha accolto la sua richiesta di dimissioni.
Il tribunale di Palermo ha comunicato a lavialibera di aver respinto finora 89 delle 110 richieste di convalida del trattenimento di altrettanti richiedenti asilo
Il secondo fronte è quello di Porto Empedocle (Agrigento), dove lo scorso agosto ha aperto un altro centro di trattenimento: 70 posti, quasi 800mila euro di appalto per la gestione. L’esito non è stato molto diverso: il tribunale di Palermo ha comunicato a lavialibera di aver respinto finora 89 delle 110 richieste di convalida del trattenimento di altrettanti richiedenti asilo. Diciannove quelle accolte, due sospese nell’attesa di una pronuncia da parte della Corte di giustizia dell’Unione europea.
Riccardo Campochiaro, avvocato e membro di Asgi che ha assistito uno dei migranti trattenuti e poi rilasciati, racconta gli ostacoli che queste procedure pongono all’esercizio dei diritti fondamentali, come quello a un’assistenza legale adeguata: "Appena entrati nel centro, ai richiedenti asilo viene chiesto di scegliere un difensore dall’elenco degli avvocati d’ufficio. Quello dell’ordine di Agrigento ne conta più di 800. Non avendo alcun criterio, il più delle volte i richiedenti contattano il primo della lista che, come la maggior parte, non ha competenze specifiche in materia di immigrazione. Ora ci stiamo organizzando per formarne il maggior numero possibile".
Ma i tempi imposti dalla procedura accelerata rappresentano una sfida anche per i difensori specializzati: 96 ore per la convalida del trattenimento, 14 giorni per il ricorso in caso di diniego della protezione internazionale, termine che il decreto flussi ha ora dimezzato: "Sette giorni diventa proibitivo – dice Campochiaro –, all’avvocato non resta cha fare un mero passaggio di carte al tribunale e sperare che il giudice trovi da sé gli elementi rilevanti".
L’ultimo atto, e il più noto, ci porta tra il Mediterraneo centrale, la sponda est dell’Adriatico e le stanze del tribunale di Roma. Inizia il 6 novembre 2023, con la firma del protocollo Italia-Albania per la realizzazione delle prime due strutture offshore per le procedure accelerate di frontiera: prevede che alcuni dei migranti provenienti da paesi considerati sicuri intercettati dalle autorità italiane in acque internazionali vengano portati prima nell’hotspot di Shëngjin, sulla costa settentrionale dell’Albania, per l’identificazione e la formalizzazione della richiesta d’asilo, poi nel centro di trattenimento di Gjadër, nell’entroterra.
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Qui si può parlare di "finzione di ingresso": l’accordo stabilisce che nelle due aree vige il diritto italiano ed europeo, e infatti il centro di Gjadër funziona allo stesso modo dei prototipi siciliani. E, come loro, oggi è vuoto: il tribunale di Roma, a cui è stata attribuita la competenza, ha deciso di non convalidare il trattenimento dei primi 12 migranti fermati a metà ottobre e di sospendere il giudizio su altri otto trasferiti a novembre, rinviando la questione alla Corte europea.
L’avvocato Fachile, che ha assistito uno di loro, parla di un sistema "immaginato per rendere ineffettivo il diritto. Al mio assistito non è stato spiegato nulla, all’ingresso nel centro è stato nominato un avvocato d’ufficio, che per un colpo di fortuna conoscevo, quindi abbiamo costruito insieme la difesa. Ma la commissione per il riconoscimento della protezione nazionale ha dovuto affrontarla da solo, online, senza nessun consiglio". La sua domanda è stata rigettata nonostante sia emerso che l’uomo era stato in Libia, dove era stato rapito e ridotto in schiavitù. Il tribunale ha accolto il ricorso sospendendo il decreto di espulsione e garantendogli il permesso di soggiorno nell’attesa che la domanda d’asilo venga riesaminata in modo più approfondito.
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Il tribunale ha motivato le mancate convalide del 18 ottobre con "l’impossibilità di riconoscere come paesi sicuri gli Stati di provenienza delle persone trattenute, con la conseguenza dell’inapplicabilità della procedura di frontiera". Sui ricorsi presentati dal governo si attende ora la pronuncia della Cassazione. Intanto, il 21 ottobre, il governo ha approvato una lista aggiornata di paesi sicuri dandole forza di legge (prima era stabilita da un decreto interministeriale), mantenendo Egitto e Bangladesh. "Nel momento in cui l’elenco è inserito in una legge il giudice non può disapplicarla", ha dichiarato il guardasigilli Carlo Nordio. "Un errore che un ministro non dovrebbe commettere", commenta Campochiaro: in Italia, come in tutti i paesi dell’Unione, vige infatti il primato del diritto europeo, che impone ai giudici di disapplicare norme nazionali considerate in contrasto con quelle comunitarie.
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Intanto, i magistrati che hanno firmato le ordinanze sono finiti nel mirino della destra: per Silvia Albano, giudice della sezione immigrazione del tribunale di Roma e presidente della corrente Magistratura democratica, è stata disposta la vigilanza dopo le minacce ricevute, mentre il Consiglio superiore della magistratura ha approvato una risoluzione in difesa del collega di Bologna Marco Gattuso, anche lui vittima di attacchi dopo aver richiesto la pronuncia della Corte europea sulla corretta applicazione del concetto di paese sicuro in relazione a una procedura accelerata non di frontiera.
Per la pronuncia ci vorranno mesi, ma il governo guarda oltre, a giugno del 2026: allora entrerà in vigore il nuovo patto migrazione e asilo approvato dal parlamento europeo lo scorso aprile, che generalizzerà le procedure di frontiera e consentirà agli Stati membri di designare un paese come sicuro anche se presenta "eccezioni per determinate parti del suo territorio o categorie di persone ". Così scomparirà la base giuridica su cui si sta lavorando oggi, a quel punto resterà poco degli argini offerti attualmente dal diritto, "potremo solo appellarci all’impossibilità pratica di trattenere ed espellere così tante persone", chiude Campochiaro.
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