
Guerra in Congo, l'interesse del Ruanda per il coltan e gli accordi con l'Ue

12 febbraio 2025
"Non lottiamo solo per i nostri fratelli, ma per tutte le persone che si trovano nei cpr". A parlare è Mariama, sorella di Ousmane Sylla, il 21enne guineano che un anno fa si è tolto la vita nel centro di permanenza per il rimpatrio (cpr) di Ponte Galeria, a Roma. Con lei la madre e il fratello di Moussa Balde, 23enne sempre della Guinea, morto suicida nel maggio del 2021 in un altro cpr, quello di Corso Brunelleschi a Torino, che dopo due anni di chiusura si appresta a riaprire. Mercoledì sono arrivati nel capoluogo piemontese per l'inizio del processo per la morte di Moussa, che vede imputati per omicidio colposo Annalisa Spataro e Fulvio Pitanti, rispettivamente direttrice dell'ente gestore e responsabile medico della struttura all'epoca dei fatti.
"Moussa era un giovane diplomato in elettronica – racconta la madre Djenabou, visibilmente emozionata, durante la conferenza stampa ospitata dal Gruppo Abele –. Stava sempre incollato a me, si svegliava alle 5 per accompagnarmi al mercato, poi andava a scuola. Spesso diceva 'mamma, voglio toglierti un po' di questa fatica'". Così, un giorno ha preparato la valigia ed è partito senza dire niente a nessuno. Ha chiamato solo il giorno dopo, dicendo che si trovava alla frontiera con il Mali e che avrebbe raggiunto il fratello maggiore in Algeria. Lì ha lavorato per sei mesi per raccogliere il denaro necessario alla traversata: "Nonostante i miei genitori cercassero di dissuaderlo, Moussa era determinato a raggiungere l'Europa – dice Thierno, altro fratello di Moussa –. Dopo aver perso tutti i soldi a causa di una truffa ha chiamato a casa. Mio padre gli ha mandato 1200 euro con la promessa che li avrebbe usati per tornare in Guinea. Invece una settimana dopo ha chiamato dicendo che era arrivato in Italia. Da lì mia madre ha iniziato a stare male".
Riapre il Cpr di Torino, Sanitalia si aggiudica l'appalto
Moussa Balde è finito in isolamento nel cpr dopo aver subito un pestaggio a Ventimiglia. Si è tolto la vita nove giorni dopo
Moussa Balde è stato per tre mesi in un centro d'accoglienza a Imperia. "Si trovava bene – continua Thierno –. I suoi amici volevano andare chi in Francia, chi in Germania, ma Moussa diceva che voleva restare perché era stato accolto dall'Italia. Voleva imparare l'italiano e proseguire la sua formazione da elettricista". A un certo punto, però, la situazione è cambiata. Ai familiari Moussa ha iniziato a dire di non sentirsi più al sicuro. Ha provato così a spostarsi in Francia, dove però non ha potuto ricevere accoglienza a causa del regolamento di Dublino. Rientrato in Italia, ha vissuto tra Imperia e Ventimiglia, finché non se ne sono perse le tracce. La famiglia è stata avvisata della sparizione una settimana dopo da un amico. Moussa Balde ricompare in un video, girato da una cittadina di Ventimiglia il 9 maggio 2021 e condiviso sui social, che mostra tre uomini picchiarlo con calci, pugni e tubi metallici. Gli aggressori, tutti italiani, sono stati condannati nel gennaio del 2023 a due anni ciascuno.
Dopo il pestaggio, Moussa viene portato in ospedale, poi in commissariato a Ventimiglia e infine in Questura ad Imperia, dove gli viene notificato il decreto di espulsione perché irregolare. Da lì il trasferimento nel cpr di Torino, in particolare nel cosiddetto "ospedaletto", l'area destinata all'isolamento. È qui che Moussa si è tolto la vita il 23 maggio, nove giorni dopo l'ingresso. "L'abbiamo saputo dall'avvocato, non sapevamo neanche fosse stato rinchiuso in un centro", ricorda Thierno. "All'interno del cpr, le persone non possono contattare autonomamente i familiari – spiega l'avvocato Gianluca Vitale, legale della famiglia –. L'utilizzo dei telefoni cellulari è vietato, c'è solo un telefono a scheda che però non permette di comunicare con l'estero per un tempo sufficiente. In più, Moussa era stato rinchiuso immediatamente nell'ospedaletto in cui è negata anche questa possibilità, quindi anche se avesse voluto non avrebbe potuto informare la famiglia". Per il trattenimento in isolamento era stata formulata anche l'accusa di sequestro di persona nei confronti del responsabile dell'ufficio immigrazione e di due agenti, archiviata però lo scorso novembre su richiesta della Procura.
Sicilia e Albania, frontiere dello scontro sul trattenimento dei migranti
"Per Ousmane l'Europa era un sogno, il paradiso. Abbiamo saputo della sua morte su Facebook"Mariama Sylla - sorella di Ousmane
La storia di Moussa ha diversi punti in comune con quella del connazionale Ousmane Sylla, anche lui morto suicida nel cpr di Ponte Galeria (Roma) il 4 febbraio 2024, a soli 22 anni. "Anche Ousmane è partito senza dire niente a nessuno – racconta Mariama Sylla, la sorella –. Due giorni dopo ha chiamato a casa dicendo che era alla frontiera e voleva arrivare in Europa". Poi, due mesi in Algeria, sei in Tunisia, fino all'approdo in Italia. "Era spinto dalle proprie ambizioni, non costretto dalla povertà. Per lui l'Europa era un sogno, il paradiso. I nostri fratelli non vengono per fare del male o causare problemi agli italiani, cercano solo un futuro migliore". Ousmane ha quindi provato a raggiungere la Francia, ma è stato respinto a Ventimiglia. "Un giorno, mi ha chiamato e mi detto che avrei dovuto prendermi io cura della mamma e che non sarebbe riuscito a ricontattarci – continua Mariama –. Abbiamo passato tre mesi senza sapere più nulla, mia madre piangeva ogni giorno. Finché non abbiamo scoperto su Facebook che si era suicidato in un centro per il rimpatrio". Ousmane è stato raggiunto dal decreto di espulsione e quindi spedito nel cpr una volta compiuta la maggiore età, dopo che aveva denunciato maltrattamenti nella struttura di accoglienza in cui si trovava. "Cercava comprensione e protezione, invece è stato punito – continua Mariama –. È stato questo a renderlo nervoso e aggressivo. Si sarà chiesto: 'Non ho fatto niente, perché mi trovo qui? Perché questa ingiustizia?'. E nonostante tutto questo, i cpr continuano a esistere e funzionare".
"Al processo manca un pezzo: stiamo processando i gestori privati, non le istituzioni che hanno voluto la detenzione"
Sulla vicenda la Procura di Roma ha aperto un'inchiesta, ma ancora non si parla di rinvio a giudizio: "Speriamo che la prossima volta che ci vedremo potremo parlare anche di un processo per la morte di Ousmane", dice l'avvocato Vitale. Per Moussa Balde, invece, la prossima udienza a Torino è fissata al prossimo 8 settembre. C'è il processo, ma "manca un pezzo", puntualizza Vitale: "Stiamo processando solo i privati che hanno gestito la detenzione, non le istituzioni che l'hanno voluta e dovrebbero controllarla". E alle istituzioni si rivolge Thierno Balde: "Chiediamo allo Stato italiano di essere sincero e trasparente e riconoscere che sbaglia a rinchiudere le persone nei cpr in quelle condizioni. Chi migra non è un criminale".
Crediamo in un giornalismo di servizio di cittadine e cittadini, in notizie che non scadono il giorno dopo. Aiutaci a offrire un'informazione di qualità, sostieni lavialibera
La tua donazione ci servirà a mantenere il sito accessibile a tutti
Politica all'attacco della magistratura. Il governo italiano, come quello di altri paesi occidentali, mostra insofferenza verso alcuni limiti imposti dallo stato di diritto delegittimando giudici e poteri di controllo
La tua donazione ci servirà a mantenere il sito accessibile a tutti