Su giornali e tv meno notizie sul clima, più pubblicità greenwashing

Articoli e servizi sulla crisi climatica diminuiscono sui quotidiani e in tv, mentre aumentano le posizioni in contrasto con la transizione ecologica. Le industrie di gas e petrolio e delle automobili comprano spazi pubblicitari per fare greenwashing. La ricerca dell'Osservatorio di Pavia per Greenpeace

Natalie Sclippa

Natalie SclippaRedattrice lavialibera

15 aprile 2025

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Meno notizie sul clima e più pubblicità delle aziende inquinanti sui principali quotidiani e in televisione. Sempre più spazio anche alle posizioni contro la transizione energetica, senza fornire a lettori e telespettatori il contesto complesso in cui si inseriscono quelle affermazioni. Sono questi alcuni dei risultati sconfortanti dell’ultimo rapporto sull’informazione e la crisi climatica in Italia commissionato all’Osservatorio di Pavia da Greenpeace. “Quel che emerge – sottolinea Valentina Barresi di Greenpeace Italia – è un discorso pubblico più attento alle implicazioni economiche che alla necessità di contrastare il riscaldamento globale”. 

Crisi climatica: come ne parliamo noi

L’Osservatorio di Pavia ha preso in considerazione le notizie pubblicate nel 2024 su cinque testate – Avvenire, Corriere della Sera, Il Sole 24 Ore, La Repubblica e La Stampa – e sette telegiornali serali – TG1, TG2, TG3, TG4, TG5, Studio aperto e TG La7. Secondo quanto emerso, le voci più ascoltate sono quelle della politica, mentre scienziati e interlocutori qualificati sul tema vengono marginalizzati o screditati per le loro “follie” irrealizzabili e quello che viene definito “ecologismo estremista”. Nessun quotidiano arriva alla sufficienza, prendendo in considerazione quanto e come parlano della crisi climatica e la trasparenza dei finanziamenti ricevuti da aziende inquinanti. Il Tg5 è la testata che trasmette più notizie pertinenti la crisi climatica, mentre all’ultimo posto troviamo Tg La7.

Cosa riportano quotidiani e telegiornali della crisi climatica

Qualche giorno fa, Copernicus, il servizio europeo di monitoraggio dei cambiamenti climatici, ha pubblicato un bollettino catastrofico: il mese di marzo 2025 è stato il più caldo di sempre in Europa ed è il ventesimo mese su 21 consecutivi che la temperatura media globale supera di almeno 1,5 gradi centigradi i livelli preindustriali, ossia il limite fissato dall’Accordo di Parigi sul clima del 2015. 

Questi dati porterebbero a pensare che la via da percorrere sia quella di una sensibilizzazione maggiore alle cause e alle conseguenze della crisi climatica. In Italia, invece, le notizie con un focus particolare su questo tema diminuiscono, con un drastico -47 per cento sui quotidiani e -45 per cento nei telegiornali. Così, i cittadini e le cittadine vengono informate una volta ogni due giorni sui quotidiani e una volta ogni dieci sui telegiornali. Sulle testate il cambiamento climatico è affrontato dal punto di vista economico nel 18 per cento dei casi e politico nel 13 per cento, mentre in televisione i tagli che prevalgono quello ambientale (23 per cento) e la cronaca degli eventi estremi. 

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Interessante è un altro aspetto della ricerca: la causa del riscaldamento globale più citata è l’emissione di anidride carbonica in atmosfera, ma la responsabilità di queste emissioni rimane nascosta. Solo l’1 per cento dei circa 3mila soggetti rilevati nelle 2.314 notizie pertinenti è stato indicato come autore dell’inquinamento. Molto spazio è dedicato alle resistenze alla transizione ecologica, con il 17 per cento degli articoli e il 19 per cento dei servizi che contengono questo tipo di notizie. Gli argomenti più citati sono i costi eccessivi (256 volte), l’ideologia (184 volte), i danni economici per le aziende (182 volte), con la richiesta esplicita di gradualità e di moratorie (129 volte). 

Molto spazio è dedicato alle resistenze alla transizione. Gli argomenti più citati sono i costi eccessivi (256 volte), l’ideologia (184 volte), i danni economici per le aziende (182 volte), con la richiesta esplicita di gradualità e di moratorie (129 volte)

C’è poi un altro aspetto da sottolineare: nel 56 per cento dei casi per i quotidiani e nel 35 per cento per quanto riguarda i telegiornali, le politiche di mitigazione e i processi di transizione sono scollegati dal tema del riscaldamento globale. “L’assenza di un collegamento tra normative, policy, processi di transizione ecologica e crisi climatica – scrivono gli autori del report – rischia di veicolare narrativa che guardano a quegli obiettivi non come a un investimento per la sopravvivenza, ma come a un costo, una minaccia per i posti di lavoro o per la competitività dell’Italia e dell’Europa, e anche una follia”.

Le posizioni dei politici, tra ideologie green e giustizia climatica

I politici di maggioranza tendono a descrivere le misure di transizione ecologica come il green deal come “follie” e “diktat ideologici”: i cambiamenti introdotti sarebbero un costo economico eccessivo e l’unica via per creare energia pulita sarebbe il sostegno al “nucleare sicuro”. Il discorso è polarizzato tra chi ha una “visione realistica” e chi invece si abbandona, secondo gli esponenti del Governo, a un “ecologismo estremista”. 

“Il pragmatismo richiesto da molti rischia di tramutarsi in resistenza sistematica all’azione climatica” sottolineano nel report. In altre parole, se nelle dichiarazioni (che poi si trasformano in politiche) gli esponenti dell’esecutivo sono inclini alle critiche verso le politiche europee sugli standard climatici e tacciono il nesso tra transizione ecologica e sopravvivenza del pianeta, il rischio è quello di nascondere la connessione tra cause ed effetti e di cavalcare le preoccupazioni economiche, fomentando l'opposizione di lettori e telespettatori contro le misure green. 

Gli esponenti di opposizione hanno posizioni diverse. Carlo Calenda e Matteo Renzi si mostrano più vicini alla maggioranza, mentre Angelo Bonelli, Elly Schlein e Giuseppe Conte pongono la transizione ecologica in un quadro più ampio di giustizia climatica e sociale. 

Greenwashing: leggi i nostri articoli

Le aziende inquinanti comprano pubblicità su quotidiani e tv

Le aziende del fossile e dell’automobile hanno comprato 1.284 spazi pubblicitari su giornali, attraverso spot “che mirano a valorizzare un'immagine aziendale responsabile, spesso omettendo le contraddizioni legate al modello produttivo complessivo”. Aumentano quelle delle auto, mentre diminuiscono leggermente quelle che vendono gas e petrolio.

La Repubblica è il quotidiano che ha ospitato più pubblicità di aziende inquinanti (388), seguono Il Sole 24 Ore (315 pubblicità), Corriere della Sera (269) e La Stampa (264). Avvenire diminuisce le inserzioni di questo tipo, attestandosi a 48.

La Repubblica è il quotidiano che ne ha ospitati di più (388), seguono Il Sole 24 Ore (315 pubblicità), Corriere della Sera (269) e La Stampa (264). Avvenire diminuisce le inserzioni di questo tipo, attestandosi a 48. 

“Nel 2024 – sottolineano Osservatorio di Pavia e Greenpeace – si conferma una tendenza comunicativa consolidata: molte delle aziende con un impatto ambientale significativo costruiscono la propria presenza pubblicitaria attorno a messaggi improntati alla sostenibilità e alla transizione ecologica”. Un caso citato è quello di Eni “che attraverso i marchi Plenitude ed Enilive comunica un impegno verso le rinnovabili, pur mantenendo il proprio core business nel settore dei combustibili fossili. Lo stesso accade nel comparto automobilistico, dove le pubblicità puntano su modelli elettrici o ibridi”. Di fatto, si omettono le responsabilità che queste aziende hanno nell’aumento del riscaldamento globale. Un’operazione di greenwashing che riposiziona le grandi industrie ma rischia di non essere compresa da lettori e lettrici. 

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