Berlino, giugno 2019. Una protesta dei Fridays for Future alla porta di Brandeburgo. Foto di <a href="https://unsplash.com/it/@muskelberg?utm_content=creditCopyText&utm_medium=referral&utm_source=unsplash">Nico Roicke</a> su <a href="https://unsplash.com/it/foto/gruppo-di-persona-in-piedi-allaperto-28MrP9rMGTI?utm_content=creditCopyText&utm_medium=referral&utm_source=unsplash">Unsplash</a>
Berlino, giugno 2019. Una protesta dei Fridays for Future alla porta di Brandeburgo. Foto di Nico Roicke su Unsplash

Sotto pressione, gli ambientalisti europei cercano nuove vie per le loro battaglie

Economia e sicurezza hanno tolto attenzione a clima e ambiente. Leggi repressive e criminalizzazione vogliono mettere a tacere chi ne ricorda l'importanza. Per gli attivisti tira una brutta aria, ma sta diventando un vento che li spinge a collaborare di più, oltre i confini geografici e ideologici

Marta Abbà

Marta AbbàGiornalista e fisica dell'ambiente

13 giugno 2025

  • Condividi

Cause giudiziarie, leggi più repressive e altro. In Europa, in pochi anni, l’atteggiamento verso gli ambientalisti è cambiato. Anche se non rischiano la vita come in altre zone del mondo (nel 2023 ne sono stati uccisi 197, soprattutto in America Latina, secondo i conti dell’ong Global Witness), le istituzioni attuano politiche più repressive. Ne è un segnale il recente ddl Sicurezza approvato in Italia. A questo “brutto clima”, però, molti attivisti rispondono con uno spirito diverso, con la volontà di collaborare superando confini e steccati ideologici.

L’esperto delle Nazioni Unite sui difensori ambientali nell’ambito della Convenzione di Aarhus, Michel Forst, parla di “risposta sproporzionata alla disobbedienza civile pacifica” e nel suo position paper sullo stato della repressione dell’attivismo ambientale pubblicato nel 2024 chiede di “rendersi conto di quanto sia oggi più che mai essenziale per tutti noi ascoltare ciò che i difensori dell'ambiente hanno da dire”. Le azioni legali abusive (in inglese strategic lawsuit against public participation, sintetizzate in Slapp) inerenti a questioni ambientali negli ultimi anni rappresentano il 15 per cento delle 166 riportate dalla Coalition against slapps in Europe (Case) e proprio gli eco attivisti sono la terza categoria che si vuol provare a mettere a tacere con questa strategia dopo media e giornalisti.

The Defenders, i difensori dell'ambiente. Guarda l'infografica

Dal diritto di protesta al diritto di repressione

“L’entusiasmo dei Fridays for Future è un ricordo lontano. La situazione è cambiata moltissimo, l'ambiente è diventato una questione politico-economica e difenderlo viene visto come un gesto da radical chic, da privilegiati”Gabriele Ruffato - Collettivo "Ci sarà un bel clima"

Prima la pandemia di Covid-19, poi la guerra tra Russia e Ucraina, questi due “eventi” hanno completamente monopolizzato l’attenzione su problemi economici e sicurezza. Clima e ambiente sono fuori dai riflettori da tempo e non sono più così considerati una priorietà.

Nell’Unione europea, a proposito di transizione verde, gli ambientalisti direbbero che pochi sono i Paesi emettitori che hanno decarbonizzato abbastanza per raggiungere gli obiettivi dell’accordo sul clima di Parigi del 2015. Perché lasciarli parlare, sapendo che sottolineerebbero la loro mancanza di azione, nonostante gli avvertimenti di organismi internazionali come l’Ipcc? Chi li governa rischierebbe di perdere la faccia e gli elettori.

Anche i media, perlomeno i più diffusi, non sembrano voler aiutare gli attivisti a diffondere tale messaggio, anzi, ciò che emerge è una chiara tendenza alla criminalizzazione dei difensori ambientali. Basta una veloce rassegna stampa per notarlo, ma anche la stessa analisi di Global Witness descrive un dilagare di “narrazioni tossiche ed etichette dannose”, in Europa non meno che altrove.

Michael Forst, relatore Onu per il clima: "Giudici e avvocati, serve un'obiezione di coscienza"

Chi può rispondere all’appello di Forst sono le persone e anche gli stessi ambientalisti europei contano quasi unicamente sulla sensibilità dei singoli, nonostante siano spesso governate e informate da chi cerca di mettere a tacere gli attivisti come loro, criminalizzandoli. Almeno dal basso un po’ di sostegno sembra arrivare: da diversi Paesi tra cui anche Francia, Romania e Italia, si assiste a casi di successo nella raccolta firme per petizioni e appelli che fanno ben sperare, soprattutto se riguardano temi specifici e di forte impatto sulla pubblica opinione. “Ma l’entusiasmo dei Fridays for Future è un ricordo lontano – racconta Gabriele Ruffato, attivista del collettivo Ci sarà un bel clima – la situazione è cambiata moltissimo, l'ambiente è diventato una questione politico-economica e difenderlo viene visto come un gesto da radical chic, da privilegiati”.

“Le persone hanno dimenticato la connessione tra la necessità di avere politiche verdi migliori e la salute planetaria”, spiega Gabriel Paun della ong romena AgentGreen e denuncia una “crescente tendenza alla politicizzazione dei temi ambientali” che risuona anche nelle parole del suo collega francese. Dalla Francia, Martin di Soulèvement de Terre (leggi qui la loro storia) descrive un contesto “sempre più polarizzato, dove molti ci sostengono, ma non si schierano apertamente con noi per paura di essere giudicati estremisti. Prendere posizione sull’ambiente può far paura sia alle persone, sia ai politici di sinistra che condividono le nostre idee, soprattutto perché il governo sta usando anche mezzi antiterroristici per colpire i nostri attivisti, criminalizzandoci”.

Mentre in Francia si arriva a minacce, inseguimenti e telefoni spiati (così racconta Martin), in Romania “si perdono cause che un tempo avremmo vinto facilmente: è sempre più evidente che lo Stato interferisce nella giustizia, negando non solo i valori ambientali ma anche quelli democratici – racconta Paun – oggi serve far avvicinare la scienza ai cittadini, per non lasciare voce solo ai politici populisti”. Oltre che con il mondo della ricerca scientifica e di prova anche a divulgarla, Ruffato vede la possibilità di collaborazione anche con “qualche amministratore locale, ma non con il governo nazionale centrale che ha messo un commercialista a fare il ministro dell’Ambiente: una chiara ed evidente strategia per togliere importanza alle questioni ambientali”. Martin cita infatti anche il “caso Italia” per spiegare perché adesso “la priorità di tutti gli ambientalisti deve essere quella di evitare l’ascesa dell'estrema destra in Europa: sarebbe una minaccia per gli attivisti e anche per il clima”. A suo avviso, servono più alleanze, superando i confini geografici, come già in parte avviene, ma anche quelli ideologici, solidarizzando in modo più concreto con gruppi antifascisti e antirazzisti attivi in Europa: “Insieme dobbiamo costruire dei territori più resilienti”.

Così la polizia criminalizza gli attivisti di Extinction rebellion e Ultima generazione

Le sfide ambientali uniscono più dell’Ue

“Vogliamo semplicemente poter lavorare senza essere disturbati, arrestati o minacciati. Non sono le questioni legali e le multe a spaventarci, ma il crollo dei principi democratici e dei diritti umani"Nini Khuroshvili - Attivista georgiana

Unire le forze è una “call to action” che emerge nelle voci di molti ambientalisti europei. Tutti lo ritengono necessario e urgente per reagire al continuo peggiorare dell’atteggiamento verso i temi ambientali e di chi li difende. Se nell’Ue, dopo la pandemia e dopo l’inizio dei vari conflitti, non è il momento, figuriamoci se lo è in Ucraina. E invece sì, e a dirlo è la presidente del consiglio di Ukraine Climate Network, Diana Popfalushi.

“Dopo l’invasione, passati i primi mesi di ‘inesistenza’, ci siamo presto resi conto che collegare il nostro lavoro a questioni legate alla guerra rendeva possibile continuare battaglie importanti, attraverso piccoli progetti rivolti alla popolazione”, ricorda. E poi racconta di pannelli solari forniti agli agricoltori per la loro sicurezza energetica e di un orto comunitario per sfollati interni, attività entrambe realizzate in collaborazione con altre organizzazioni attive sul territorio, ma in altri ambiti. Un esempio di co-progettazione utile anche per gli attivisti che vogliono fare qualcosa di simile in chiave europea. “All’inizio abbiamo dovuto ricostruire tutto da zero, trovando nuove narrative, ma ora sentiamo di nuovo supporto e vivo interesse – spiega Popfalushi –. I cittadini e la società civile ci cercano, a livello locale esiste anche una buona collaborazione con le istituzioni, con il governo locale non ancora, ma servirebbe. Servirebbero anche fondi stabili, perché oggi andiamo avanti solo con finanziamenti a progetto che non ci permettono di assicurare la continuità dei nostri interventi. Ma come attivista non vedo problemi, solo sfide da risolvere”.

In Georgia, Nini Khuroshvili sta vincendo la sua, in un contesto dove il recente risultato elettorale ha rivitalizzato l’autoritarismo rendendo più che mai necessario il suo Ecovillage. Nato dal suo attivismo non solo ambientale, questo progetto mira a dare una risposta ai bisogni sia economici, sia sociali delle persone, proponendo un modello di comunità aperta e gestita in armonia con la natura, in un periodo in cui ambiente e clima sono spariti dall’agenda del Paese.

“In Georgia a parlarne restano solo alcune organizzazioni della società civile – spiega –, ma la gente è concentrata sulla propria sopravvivenza e il governo sembra tendere a posizioni negazioniste, ignorando il cambiamento climatico”. Zero spazio e ascolto sul piano nazionale, quindi, e su quello locale “solo se si tratta di piantare alberi, ma non se si vuole discutere di politiche ambientali, sono considerate troppo sensibili”. Secondo Khuroshvili scarseggia anche l’attenzione internazionale per l’ecoattivismo georgiano quando invece ne servirebbe, prima ancora che per le opportunità di finanziamento, la quella stabilità politica che a lei e a chi come lei manca. La chiama “stabilità politica”, ma poi spiega meglio di cosa gli ambientalisti come lei: “Vogliamo semplicemente poter lavorare senza essere disturbati, arrestati o minacciati. Non sono le questioni legali e le multe a spaventarci, ma il crollo dei principi democratici e dei diritti umani. La vera lotta è quella per mantenere viva nelle persone la convinzione che il nostro lavoro sia importante”.


Questo articolo è stato prodotto in collaborazione con Alex O., giornalista bielorusso in esilio, nell’ambito delle Thematic Networks di Pulse, iniziativa europea che sostiene le collaborazioni giornalistiche transnazionali. 

Crediamo in un giornalismo di servizio di cittadine e cittadini, in notizie che non scadono il giorno dopo. Aiutaci a offrire un'informazione di qualità, sostieni lavialibera
  • Condividi

La rivista

2025 - numero 32

Terra bruciata

Crisi idrica, incendi, mafie e povertà: chi guadagna e chi si ribella nella Sicilia delle emergenze

Terra bruciata
Vedi tutti i numeri

La newsletter de lavialibera

Ogni sabato la raccolta degli articoli della settimana, per non perdere neanche una notizia. 

Ogni prima domenica del mese un approfondimento speciale, per saperne di più e stupire gli amici al bar

Ogni terza domenica del mese, CapoMondi, la rassegna stampa estera a cura di Libera Internazionale