Alexander Langer, attivista per l'ambiente e per la pace, era nato a Vipiteno nel 1946 ed è morto suicida vicino a Firenze il 3 luglio 1995 (Foto dal sito della Fondazione Alexander Langer)
Alexander Langer, attivista per l'ambiente e per la pace, era nato a Vipiteno nel 1946 ed è morto suicida vicino a Firenze il 3 luglio 1995 (Foto dal sito della Fondazione Alexander Langer)

Alex Langer, la speranza ecologista e la pace disattesa

"La sua scomparsa ha reso più difficile continuare in ciò che era giusto", ricorda Ermete Realacci, presidente onorario di Legambiente

Ermete Realacci

Ermete RealacciPresidente Fondazione Symbola e presidente onorario di Legambiente

1 luglio 2025

Il 3 luglio 1995 Alex Langer si toglieva la vita impiccandosi a un albero di albicocche a Pian dei Giullari, vicino Firenze. Un atto tragico e inaspettato, che pose fine a una vita ricca e generosa. E che privò la politica italiana di una delle sue menti più originali e brillanti. Senza risposta restano le ragioni del suo gesto, quali furono quei "pesi diventati insostenibili" alla base della sua decisione di andarsene "più disperato che mai".

Alex Langer, il suo pensiero ambientalista è più attuale che mai

Alex attraversò quegli anni da protagonista. Fu direttore di Lotta Continua, contestatore del censimento etnico in Alto Adige, “costruttore di ponti”. La formazione cattolica influenzò il suo pensiero, arricchendo la sua maniera di interpretare l’impegno civile.

Ricordo ancora le polemiche con il movimento femminista che accompagnarono le sue posizioni su fecondazione artificiale, manipolazione genetica, aborto. Ci siamo incontrati nel processo che portò alla nascita delle liste Verdi, di cui fummo i garanti alla prima presentazione.

Avevamo punti di vista simili. Tra i pacifisti criticavamo chi, ed erano la maggioranza, considerava interlocutori privilegiati i movimenti pacifisti ufficiali dei paesi dell’Est, emanazione dei regimi al potere. Legambiente sviluppò invece un lavoro di relazione con parti di Solidarnosc, gli ecopacifisti in Germania Est, Charta 77 in Cecoslovacchia. Per il credito che aveva, Alex fu fondamentale in questa operazione e a partire dalla metà degli anni Ottanta entrò negli organismi dell’associazione.

Sotto pressione, gli ambientalisti europei cercano nuove vie per le loro battaglie

Appello nel vuoto

Fu sul fronte della pace che si produsse per Alex la sconfitta più dolorosa. Con altri verdi europei aveva maturato la convinzione che solo un intervento militare avrebbe potuto fermare l’aggressione serba in ex Jugoslavia. Il suo ultimo atto politico fu un appello siglato da vari europarlamentari: "L’Europa muore o rinasce a Sarajevo". Pochi giorni dopo la morte di Alex oltre 8mila bosniaci vennero massacrati a Srebrenica, mentre i caschi blu olandesi si voltarono dall’altra parte.

A latere di un incontro del direttivo di Legambiente, Alex e Massimo Scalia produssero il documento più importante nel processo che portò alla presentazione elettorale dei verdi. Punto fermo era la certezza che il pensiero ambientalista dovesse svilupparsi come autonomo: il verde non poteva passare nella "cruna dell’ago del rosso", diceva Alex.

Per lui (e anche per me) la narrazione della “catastrofe incombente” non bastava a spingere al cambiamento perché "la transizione ecologica potrà affermarsi soltanto se apparirà socialmente desiderabile". È l’ispirazione su cui ha lavorato Legambiente e che anima l’azione di Symbola. Anche per questo non fu possibile raccogliere il suo invito a "non essere tristi" per la sua scomparsa, che ha reso più difficile "continuare in ciò che era giusto". Ciao Alex.

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