Attivisti di Extinction rebellion, manifestazione 25 ottobre 2022. E. Calautti/ Xr
Attivisti di Extinction rebellion, manifestazione 25 ottobre 2022. E. Calautti/ Xr

Giovani ambientalisti perseguitati. Chi li ascolta?

L'Italia è intransigente con gli attivisti che imbrattano opere d'arte ed edifici simbolici, poi riverisce i mercanti di armi che frequentano i salotti buoni e i luoghi della politica

Livio Pepino

Livio PepinoEx magistrato e presidente di Volere la luna

28 febbraio 2023

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La cosa è chiara anche ai ciechi: di fronte alla catastrofe ambientale incombente, le conferenze internazionali proclamano nobili princìpi puntualmente disattesi da governi e parlamenti, mentre le grandi multinazionali promuovono accattivanti campagne green tese a mascherare il permanere inalterato dell’attuale modello di sviluppo. Di più: il sistema è ormai riuscito ad assorbire e devitalizzare anche le richieste di cambiamento avanzate da ampie aree giovanili. 
Che fare, dunque? C’è, nei movimenti, chi ha scelto di reagire intralciando il funzionamento della vita sociale e attirando l’attenzione con gesti eclatanti, anche in contrasto con la legalità formale. Come sempre, nella storia della non violenza. Lo hanno fatto i giovani di Ultima generazione, imbrattando con vernici lavabili opere d’arte ed edifici simbolici (dalla Scala di Milano al Senato). 

Così la polizia criminalizza gli attivisti di Extinction rebellion e Ultima generazione

La cosa è chiara anche ai ciechi: di fronte alla catastrofe ambientale incombente, le conferenze internazionali proclamano nobili princìpi puntualmente disattesi da governi e parlamenti

Mentre la discussione nei movimenti sull’utilità di tali pratiche è aperta, l’establishment, la politica e l’informazione mainstream non hanno dubbi sulla necessità di risposte istituzionali esemplari: arresti con modalità brutali, costituzione del governo come parte civile nei conseguenti processi, applicazione di misure di prevenzione (fogli di via a gogò e la sorveglianza speciale un tempo appannaggio dei mafiosi), introduzione di nuovi reati ad hoc e via elencando. Ma, soprattutto, nessuna apertura al dialogo sui problemi posti da quei gesti. Il metodo (amplificato e criminalizzato oltre ogni limite) sostituisce il merito. 

Del resto, i mercanti di armi che frequentano i salotti buoni e i luoghi della politica e fanno il baciamano alle signore sono riveriti e portati ad esempio. Niente di nuovo: basti pensare alle politiche riservate al movimento No Tav, con la militarizzazione di un’intera valle e la repressione capillare e sproporzionata anche di reati di minima entità (come il taglio simbolico di pochi centimetri di rete di un cantiere). Eppure, le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.

"I poveri hanno il sentimento che le leggi siano per loro una beffa dei ricchi"Pietro Calamandrei

Tornano alla mente le parole pronunciate da Piero Calamandrei il 30 marzo 1956 in difesa di Danilo Dolci, arrestato mentre guidava un gruppo di braccianti a lavorare in una strada abbandonata di Partinico: «I poveri hanno il sentimento che le leggi siano per loro una beffa dei ricchi: hanno della legalità e della giustizia un’idea terrificante, come di un mostruoso meccanismo ostile fatto per schiacciarli, come di un labirinto di tranelli burocratici predisposti per gabbare il povero e per soffocare sotto le carte incomprensibili tutti i suoi giusti reclami». 
Oggi ciò riguarda, oltre che i poveri, i giovani più sensibili, sempre più distanti dalle istituzioni. Questo, e non un po’ di vernice lavabile, è il vero problema. Ma sembra non interessare nessuno.

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