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30 luglio 2025
Da una parte, la relazione nazionale sulle tossicodipendenze presentata il 23 giungo scorso al parlamento, con una grafica nuova, ma con problemi su dati e contenuti. Dall'altra, uno spiraglio a livello internazionale, con l'approvazione di una risoluzione che prevede una valutazione indipendente delle politiche globali antidroga e delle relative Convenzioni. È questo lo scenario in cui si muove l'Italia, nei mesi che precedono la nuova Conferenza sulle droghe che si terrà il 7 e 8 novembre a Roma, momento in cui si dovrebbe fare il punto sui "problemi connessi con la diffusione delle sostanze stupefacenti e psicotrope". Visto l'approccio prevalentemente repressivo con cui questo governo sta affrontando l'argomento – dal decreto anti-rave al decreto Caivano, fino ad arrivare all'ultima relazione firmata dal sottosegretario Alfredo Mantovano – alcune associazioni della società civile hanno indetto una contro-conferenza che si svolgerà negli stessi giorni di quella istituzionale, e che ha come slogan "sulle droghe abbiamo un piano. Fermiamo la guerra alla droga, contro il governo della paura, garantiamo diritti civili e sociali".
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Ad aprile, durante la 68esima Commission on Narcotic Drugs delle Nazioni Unite è stata approvata a maggioranza una risoluzione che potrebbe segnare un passo avanti sul monitoraggio delle politiche sulle droghe. Grazie alla forte presa di posizione della Colombia, verrà istituita una commissione di 19 esperti per una valutazione indipendente delle politiche globali e delle Convenzioni sul tema.
Come riportato sul sedicesimo Libro bianco sulle droghe pubblicato da una rete di associazioni tra cui La società della ragione, Forum Droghe, Antigone, Cnca, Cgil, associazione Luca Coscioni, Arci e Lega italiana per la lotta contro l’Aids, “Non c’è da cantar vittoria, né da distrarsi: il testo della risoluzione contiene mediazioni rispetto alla proposta originaria colombiana, per esempio nella definizione del panel di esperti a cui spetta il compito scientifico della valutazione, l’Unodc (l'ufficio delle Nazioni unite contro la Droga e il crimine, ndr) ha un ruolo predominante. [...] Al contempo, però, è rimasta la formulazione che prevede esperti indipendenti che operano a titolo personale e la possibilità di consultazioni allargate di stati e società civile. È una opportunità che non va persa e va presidiata”.
Susanna Ronconi, di Forum Droghe, bisogna vigilare sulle mosse dell’Italia: “Quest’anno scade la strategia dell’Ue in materia di droghe, che aveva puntato molto sulla riduzione del danno, tematizzando il drug checking e gli interventi come le stanze del consumo. Vedremo nei prossimi mesi, però, come si evolverà lo scenario e gli equilibri internazionali, per capire in che direzione andrà l’Europa e il nostro Paese”. I segnali di un cambio di rotta sono già evidenti: “Il nostro Paese – sottolinea Ronconi – è uscito dal Gruppo Pompidou (gruppo di cooperazione per la lotta all’abuso e al traffico illecito di droga, ndr), la rete intergovernativa del Consiglio d’Europa che nel 1971 abbiamo contribuito a creare”. Il sottosegretario Mantovano ha chiesto l’uscita dal gruppo dopo l’ultima conferenza che trattava il tema delle stanze del consumo, che in quella riunione vaniva validato strumento utile. Un tempismo che si lega alle scelte prese a livello nazionale.
La strada intrapresa dal governo segue un’altra direzione rispetto al difficoltoso superamento della guerra alla droga sul piano internazionale. Un esempio è l’ultima relazione al parlamento, pubblicata a fine giugno. Per le associazioni che da decenni si occupano di utilizzo di sostanze, gli errori e le dimenticanze contenute nelle 121 pagine del documento sono molte e diverse.
La nuova relazione fa molta scena, grazie a un restyling che valorizza le tabelle, con numeri in evidenza: una versione che secondo il sottosegretario è più fruibile. Ma i dati senza un’analisi complessiva sulle politiche in atto restano muti e non restituiscono la complessità dei fenomeni
La nuova relazione fa molta scena, grazie a un restyling che valorizza le tabelle, con numeri in evidenza: una versione che secondo il sottosegretario è più fruibile. Ma i dati senza un’analisi complessiva sulle politiche in atto restano muti e non restituiscono la complessità dei fenomeni. “Questa relazione è scritta per i parlamentari – commenta a lavialibera Caterina Pozzi, presidente del Coordinamento nazionale comunità accoglienti (Cnca) – e dovrebbe aiutarli a prendere decisioni, anche grazie ai pareri degli esperti. Invece l’analisi è esigua, confinata a trafiletti”.
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I numeri saranno anche più fruibili, ma presentano più di un problema di raccolta e comunicazione. A mettere a fuoco la questione è Carla Rossi, presidente del Centro di studi statistici e sociali e professoressa emerita all’Università di Roma Tor Vergata. “Non si collegano i dati che provengono da diverse piattaforme e manca completamente un ragionamento scientifico”.
Due esempi tra i tanti: per come è scritta la relazione, si evidenziano gli 8mila accessi al pronto soccorso di persone che fanno uso di sostanze. Un numero che sembra molto grande, visto che si tratta di un valore assoluto. Ma che se comparato ai 16 milioni di accessi totali diventa molto più piccolo. Manca poi una selezione realmente rappresentativa del campione dei ragazzi a cui si fa riferimento nella relazione. “Il campione sceglie ragazzi e ragazze che frequentano la scuola, escludendo completamente i soggetti che non la frequentano più e che sono più esposti a situazioni di fragilità”.
“Non si collegano i dati che provengono da diverse piattaforme e manca completamente un ragionamento scientifico”Carla Rossi
Non è finita qui. Manca del tutto il riferimento esplicito alla riduzione del danno, nonostante siano poi spiegate alcune pratiche che fanno parte di questo metodo, come i drop-in e le unità mobili. Una mancanza che sembra legarsi alla posizione dell’Italia in ambito europeo. Per Riccardo De Facci del Cnca, è proprio “sta cambiando il modo di leggere i dati e, per come è stata scritta la relazione, fa intendere che sia molto orientata politicamente”.
Le imprecisioni riguardano anche i riferimenti a uso, abuso, consumo problematico e dipendenza, che vengono utilizzati in modo intercambiabile, generando un problema di comprensione dei fenomeni e di divisione anche nelle modalità di intervento. “Servirebbe differenziare – continua De Facci – tra chi consuma in maniera consapevole e chi no, cercando di non fare confusione tra modelli di consumo: mettere tutto sotto l’ombrello della dipendenza rischia di ripercuotersi sui modelli e le soluzioni da mettere in campo”.
" Sembra che in questa osservazione di fenomeni estremamente complessi si guardi esclusivamente dal buco della serratura delle tossicodipendenze da eroina”
Un esempio emblematico riguarda le comunità terapeutiche, tra modelli molto enfatizzati dalla destra, di grandi spazi lontani dalla città, e altri, che prevendono uno scambio continuo con l’esterno, fortemente connesso al reinserimento. L’esperienza degli ultimi anni insegna che i primi modelli sono ormai in gran parte inadatti a trattare le nuove forme di dipendenza. “Più del 50 per cento delle persone in comunità terapeutica – chiosa De Facci – non sono più in comunità terapeutica per l'eroina o gli oppioidi, ma per la cocaina, un consumo profondamente diverso. Sembra che in questa osservazione di fenomeni estremamente complessi si guardi esclusivamente dal buco della serratura delle tossicodipendenze da eroina”. Il rischio è quello di appiattire i percorsi e non cogliere la complessità dei nuovi consumi e la diversificazione enorme dell’uso di sostanze.
In questo contesto, si avvicinano sia la conferenza delle droghe, che si terrà a Roma il 7 e l’8 novembre, sia la controconferenza organizzata dalle associazioni. Il Cnca, essendo la più grande rete sul tema, è stata chiamata anche al tavolo voluto dal governo, ma mancano associazioni come Antigone per quanto riguarda il carcere e i pud (persone che usano droghe), ossia le associazioni dei consumatori. Una scelta che va controcorrente rispetto al 2021, quando il confronto aveva portato all’approvazione del Piano nazionale sulle droghe (Pand), che rimane però lettera morta.
“Noi parteciperemo ad entrambe le conferenze – conclude Pozzi – per capire cosa si decide nei tavoli governativi e riuscire a portare le istanze della controconferenza. Non so quanto ascolteranno, ma noi ci siamo, con le nostre storie e le nostre competenze”.
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