10 settembre 2020
La natura ci offre un’impareggiabile lezione su come costruire una convivenza dinamica e pacifica nel segno del bene comune. La vita è capace di rinnovarsi e rigenerarsi, trasformando anche i conflitti in tensioni verso un’armonia superiore. Lo spiega con grande profondità il filosofo e sociologo francese Edgar Morin nel libro La fraternità perché?, da poco tradotto per edizioni Ave. Morin usa il concetto di ecosistema per spiegare come, nella grande rete della vita, l’armonia deriva dal concorso di forze diverse, la biodiversità, appunto. L’armonia è però retta da un equilibrio precario, instabile, in continua e necessaria evoluzione. È questa dinamica di cooperazione la forza autentica della vita, ragion per cui è riduttivo affermare – come fa il darwinismo – che la natura è retta da un principio di “selezione”: sopravvive il più forte, il più adatto, il più capace di fronteggiare i mutamenti. La vita stessa dimostra il contrario: la relazione e l’associazione sono dinamiche fondamentali, le forze più potenti.
Ma qui veniamo al punto cruciale e dolente, poiché se è vero che la natura ci insegna la vita è anche vero che l’essere umano non sembra più in grado di ascoltarla e farne tesoro. L’uomo si è messo in cattedra e tratta la natura come una proprietà, materia inerte da manipolare e da sfruttare, come se lui non ne facesse parte. Azione distruttiva e infine suicida dettata da un delirio di onnipotenza di cui oggi si vedono le conseguenze: devastazione ambientale e violazione di quei principi di giustizia sociale attraverso cui il consorzio umano ha cercato, come la natura, di tutelare e promuovere la vita. Leggendo queste pagine ho avvertito forti consonanze con quanto ha scritto Papa Francesco nella Laudato si’.
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